L'Europa apre i corridoi per il turismo lontano da noi
Viaggi

L'Europa apre i corridoi per il turismo lontano da noi

Germani, Croazia, Austria, Greci, ma anche Francia e altri paesi del nord aprono ai turisti da e verso i loro paesi. Indovinate chi è stato penalizzato in tutto questo?

Dopo due mesi di chiusura delle frontiere si attendevano notizie rassicuranti per noi dall'Europa, invece, sono arrivati i corridoi preferenziali tra le nazioni covid-free (ovvero con analogo indice di contagio R0) che colpiranno duramente il settore turistico di Italia e Spagna. D'altra parte la pandemia non ha fatto altro che riaprire nell'eurozona quella tensione latente tra nord e sud, nata dieci anni fa da Germania, Olanda e alcuni alleati europei reclutati grazie a sostanziosi aiuti.

Mentre il futuro dell'economia turistica si affida alla capacità dei governi di instaurare trattative, i flussi turistici creati dagli accordi bilaterali rischieranno di radicarsi nel tempo creando nuove rotte al turismo internazionale. Francia e Inghilterra stanno per aprire un corridoio senza quarantena. Germania, Croazia, Austria e Grecia hanno già concluso accordi in tal senso. La Grecia ha anche ottenuto un protocollo sanitario con Israele che permetterà di attivare un flusso fino a un milione di turisti. Analogamente, Austria, Norvegia e Danimarca si stanno muovendo con Australia e Singapore per utilizzare regole condivise sui passaporti sanitari.

«Ci si aspettava che la Commissione mettesse un freno riaffermando il principio di non-discriminazione tra stati membri a fronte di misure sanitarie condivise, magari invitando all'accordo sul passaporto sanitario, invece – spiega Carlo Fidanza, europarlamentare e membro della Commissione Trasporti e Turismo del Parlamento Europeo - ha legittimato l'iniziativa della Germania di proiettare i propri flussi turistici verso Croazia e Grecia, tagliando fuori l'Italia, meta preferita dal turismo tedesco. Mi giunge notizia che il nostro Governo stia cercando di realizzare un accordo bilaterale con la Germania per entrare all'interno del corridoio, ma siamo in ritardo per la stagione turistica».

Quello che lascia perplessi sui patti bilaterali covid è la loro simmetria con linee d'investimento pregresse.

«I tedeschi sono i maggiori investitori nel turismo greco e croato, per cui è legittimo ravvisare dietro queste scelte un interesse a far cambiare i flussi. All'inizio della pandemia, la Germania ha realizzato un importante investimento pubblico di 2 miliardi di euro in aiuti di stato per salvare l'azienda tedesca TUI (uno dei più grandi tour-operator al mondo) in odore di fallimento a causa dell'ondata di cancellazioni turistiche. Il sistema tedesco non è parcellizzato come il nostro: vai in vacanza con aereo della TUI, nel villaggio della TUI, secondo un modello in cui anche i player minori, dai trasporti alla ristorazione, fanno capo alla TUI e usano standard graditi alla domanda turistica tedesca. È ovvio che per loro sia più semplice lavorare in Grecia e Croazia dove per ragioni diverse sono stati accolti dal sistema nazionale».

La Commissione europea si è espressa anche sul tema dei rimborsi sia per chi ha prenotato una vacanza sia per gli operatori che vedono andare in fumo la stagione turistica.

«È un tema enorme: le cancellazioni sono piovute in Italia a centinaia di migliaia. Siccome le norme nazionali non possono essere in contrasto con quelle europee che prevedono il rimborso cash, la Commissione ha assicurato l'invio di lettere minacciose ai paesi che utilizzano il metodo del voucher per i rimborsi dei viaggi annullati per covid (ad esempio la Grecia e l'Italia) chiedendo che abbiano un valore di almeno 12 mesi e siano cedibili, ma imponendo che il turista sia pagato se lo pretende. L'Italia ha richiesto di poter intervenire a garanzia della perdita subìta, ottenendo solo l'autorizzazione ad introdurre fondi di garanzia sui rimborsi come aiuti di stato. È stato il massimo offerto dalla Commissione. Insomma, il miliardo dobbiamo mettercelo da soli; di suddividere la perdita causata dalle restrizioni covid non se ne parla nemmeno».

Se l'Europa non ha competenza legislativa in materia turistica, non dovrebbe solo attenersi a fare raccomandazioni?

«Vero, ma l'unico tema su cui può agire, a tutela del consumatore, sono proprio i pacchetti turistici che prevedono il rimborso. Sulle misure turistiche e sanitarie, dove non c'è competenza europea, può solo cercare di mettere d'accordo gli stati, che, comunque, possono fare come vogliono. Infatti, stride che, in merito a misure sanitarie, la Commissione abbia accettato, su pressioni fatte da Raynair e da altre compagnie aeree, che sui voli sia sufficiente indossare la mascherina senza lasciare il posto libero centrale com'era stato concordato. È paradossale. Mentre in Italia obblighiamo a 4 metri di distanza tra gli ombrelloni, nell'aereo che, magari, ti sta portando in quella stessa spiaggia, sei costretto a sederti per ore uno accanto all'altro indossando solo la mascherina».

Cosa succederà a breve?

«Le stime di regressione nel sistema turistico europeo fatte da UNWTO-World Tourism Organisation sono tra il 60 e l'80%. In Italia e Spagna la situazione è drammatica con i governi in cerca di qualche soldo da dare al turismo e misure sanitarie instabili. Se Ryanair ha annunciato che per metà luglio rimetterà sulle piste il 40% della sua flotta (seguita da Easyjet e Wizzair), vuol dire che con ragionevolezza a inizio luglio si ricomincerà a viaggiare, anche se in maniera blanda. I prezzi sicuramente saliranno del 40/50% per recuperare i posti venuti meno.

La vera incognita, invece, è in quanti riapriranno i battenti nel settore turistico italiano.

«Il Decreto Italia prevede che se spendo 500 euro per andare in vacanza 400 euro li deve anticipare l'albergatore potendoli scaricare come credito di imposta. Se, come prevedibile, il reddito stagionale sarà basso e non genererà utili sufficienti che si fa? Se si vuole offrire un bonus-vacanza bisogna mettere il denaro direttamente nelle mani delle persone perché lo possano spendere e lo facciano circolare.

A tutto questo si sommano le assurde linee sanitarie e l'incertezza giuridica degli stabilimenti balneari».

Ovvero?

«Nel 2018, con Centinaio ministro, gli stabilimenti balneari avevano ottenuto l'estensione delle concessioni fino al 2033, messa poi in discussione da alcune sentenze. Così, molti comuni costieri non hanno rinnovato le concessioni che scadono a dicembre.

Nel comparto balneare molti si stanno chiedendo che senso abbia riaprire con pochi numeri e gli obblighi dalle restrizioni sanitarie, per dover chiudere definitivamente l'attività tra sei mesi. A quel punto meglio non aprire. Tanto più avendoci messo un altro capestro: se si ammala di Covid un dipendente o un cliente, la norma prevede la responsabilità penale del gestore (e non parliamo solo dei grandi aziende, ma anche di chi affitta una seconda casa o gestisce un agriturismo familiare). Vedremo nei fatti se la norma sarà modificata come si dice ma, soprattutto, come. Tempi e costi processuali non sono cosa da poco e, anche se tutto finisce bene, si rimane con le ossa rotte.

Di fronte a questi scenari l'imprenditore che ha le spalle larghe dovrà decidere se resistere eroicamente, ricorrere alle banche o chiudere, ma chi è in seria difficoltà sarà tentato di cedere l'attività ai grandi fondi stranieri o, peggio, alle organizzazioni criminali. Dobbiamo assolutamente evitarlo e tutelare il nostro turismo che fa gola a molti».

Informazioni sui protocolli europei da utilizzare sui mezzi di trasporto: www.oshwiki.eu

Aggiornamenti sulle aperture delle frontiere: www.ec.europa.eu

I più letti

avatar-icon

Elena Fontanella