​Costa Smeralda, Sardegna
iStock
Viaggi

La lunga stagione Smeralda

L’aria che resta mite, il mare dove fare ancora il bagno, una natura dai mille profumi che senza più afa né folla favorisce l’emozione intensa di una passeggiata. È il momento giusto per conoscere (davvero) la «Costa» più famosa del Mediterraneo, che festeggia i suoi 60 anni.

Visto dall’alto del punto più panoramico della zona (Monte Moro), il mare è tornato un blocco azzurro. Al posto delle miriadi di imbarcazioni che disegnavano scie, transitano sporadici yacht, allegoria della calma ritrovata. Ebbene sì, la «festa continua» della Costa Smeralda si è spenta con agosto, smorzata da tante chiusure di locali e hotel che seguono i grandi flussi turistici. Rien ne va plus, tornate nel 2023. Eppure è proprio in questo periodo dell’anno, quando il vento tiepido sposta nitidi odori di lentisco e di scogli, che si fa largo una meraviglia nuova. Senza più vacanzieri ebbri di socialità e cose belle da fare-vedere-comprare, al viaggiatore consapevole rimane un territorio al 96,3 per cento integralmente naturale (è una delle zone verdi più grandi d’Europa), dove l’eccellenza dei servizi e delle strutture è garantita e dove gli eventi comunque non mancano. L’esclusività, forse, è proprio adesso.

Sono passati 60 anni precisi da quando il principe Karim Aga Khan IV scelse questo lembo di terra dall’assoluto incanto (allora si chiamava Monti di Mola e ospitava poche strutture rurali e qualche pastore con le sue greggi), per realizzare un progetto unico al mondo ancora oggi. Insieme a una manciata di soci, nel marzo 1962 costituì il Consorzio della Costa Smeralda (che in tanti erroneamente associano al nord-est sardo ma che ha confini ben precisi, lungo 55 chilometri di costa e su una superficie di quasi 3.500 ettari, l’area gestita da privati più vasta d’Europa). L’idea imprenditoriale aveva la sua nobiltà. Si costruì per business, certo, ma anche con l’intento di preservare tanta bellezza da futuri guai paesaggistici. Quelli che hanno vituperato altre meravigliose zone d’Italia, vittime di «edilizia spontanea» (per non dire speculazioni) e mancanza di visione. Qui invece le regole per una conformità costruttiva erano, e sono, garantite da un Comitato di architettura attivo ancora oggi dopo svariati passaggi di mano del Consorzio (attuale proprietario è l’emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa Al Thani). Le regole: rispetto della serenità del paesaggio, linee morbide e mai squadrate, uso di colori tenui, ricorso alla pietra locale, il granito. Che è una roccia durissima dai colori dolci, le forme tormentate che sembrano salire dall’acqua e diventare più su montagne e «altipiani sollevati in massa sul mare», come scriveva Mario Soldati della maestosità geologica sarda.

Qui anche le spiagge fanno parte della magia. Le «smeraldine» sono 22, finalmente deserte dopo il tutto esaurito, ed è difficile scegliere dove stendere il telo tra nomi tanto iconici e acque tanto turchesi, ancora calde perché il tepore accumulato in estate non è andato disperso (quest’anno si registrano due gradi in più rispetto al 2021). Da Nord (il Consorzio comincia a Pitrizza) a Sud (finisce poco prima di Portisco), si passa per Cala di Volpe, Liscia di Vacca, Granu, Ginepro, Gigli, Romantica, Pevero, Romazzino, giusto per citarne alcune. Se c’è da abusare dell’aggettivo «paradisiaco», questo è il momento e il luogo. Qualcuna è di facile accesso in auto, in altre si arriva con passeggiate su sentieri che si aprono tra il corbezzolo e il mirto, il ginepro, il cisto o il lentisco. O l’elicriso, «madeleine» di Sardegna. Una delle più belle (brevi) camminate portano a Cala Petra Ruja, sulla cui spiaggia ha appena chiuso la stagione il Nikki Beach (brand di locali estivi che qui coniuga stile mondano a una location alla Robinson Crusoe) e quel che rimane è un mare primordiale. Oppure alla spiaggia del Principe, un arco di sabbia bianca su cui in estate si fatica a trovare posto e che adesso è lusso per pochi bon vivant.

Girovagando per pura natura, merita un tour il Pevero Health Trail, percorso ad alto tasso di biodiversità che si snoda tra il Pevero e il Romazzino nei 300 ettari di una delle aree di maggior pregio ambientale della Costa Smeralda: Monti Zoppu, culminante con il panorama da 113 metri di altezza. Il selvatico richiama le parole dello scrittore David Herbert Lawrence (quello di Lady Chatterley): «La Sardegna è fuori dal tempo e dalla storia». È in piano invece la passeggiata al Faro Rosso di Capo Ferro, vicino a Porto Cervo. In questa costruzione di metà Ottocento si va per vedere le regate organizzate dallo storico Yacht Club Costa Smeralda, oppure per godere ancora una volta di un punto instagrammabile. Tout se tient. Di strada vale un tuffo Cala Granu, magari prima che l’aria del pomeriggio diventi troppo frizzante. Siamo pur sempre nei dintorni di ottobre.

Nell’interno, si fanno due passi a San Pantaleo, borgo antico e sempre più glam arroccato sul massiccio granitico di Cugnana. È noto per il mercato del giovedì, quando si riempie di oggetti di manifattura locale e qualche prodotto alimentare (per un pranzo, prendere nota del ristorante Giagoni). Non che le occasioni di mondanità manchino in Costa Smeralda, ancora «viva» in questo finale di stagione con il Classical Music Festival e vari eventi legati al golf e alla vela. A Porto Cervo si passeggia rimirando mare e barche, facendo window watching, scoprendo certi angolini nascosti. Soprattutto nella Promenade du Port, sorta strategicamente con 60 negozi e spazi dedicati all’arte e allo shopping disposti su tre livelli con altrettante piazzette. Nella vivacità estiva si gode di ristoranti e pizzerie (da ricordarsi Myrto, che ha creato un tipo di cucina che unisce i due mondi: ottime la pizza cacio e pepe per esempio, o quella con la tartare di carne), a un passo dal porto (d’estate c’è un turnover di 250 barche al giorno) e dall’impatto scenico della Lamborghini Lounge.

Adesso si è richiamati dagli ultimi echi musicali della terrazza di Zuma, il ristorante «oh, so chic!» fondato dello chef Rainer Becker, ispirato alla cucina giapponese informale stile izakaya e appena sbarcato qui dopo l’apertura di Roma. Oppure quelli del Meraviglioso, ristorante su tre piani con cucina firmata dallo stellato Andrea Berton e un’estensione di champagne-à-porter (qui in estate si entra in modalità «festa con musica e palloncini»: appuntamento al 2023). Nella boutique del luxury brand Larusmiani capita di incontrare Guglielmo Miani, che ne è presidente e a.d. (oltre che presidente di Montenapoleone district, ma questa è un’altra storia), il quale ha scelto di vivere a due passi da qui. O, almeno, di passarci più tempo possibile anche in questo periodo perché «ci sono moltissime cose da scoprire e passeggiate da fare, nell’entroterra o lungo la costa: un posto fantastico con cui entrare in contatto» dice a Panorama.

E qualcosa inizia a muoversi nella direzione del prolungamento della stagione. Per esempio nel mondo dell’ospitalità, dove alcune delle strutture più iconiche ampliano seppur timidamente le loro aperture: il Pitrizza, il Romazzino, l’Hotel Cala di Volpe (disegnato da uno degli architetti demiurghi di questa zona, Jacques Couëlle). Lo storico Luci di La Muntagna si trova aperto in autunno. Nel cuore di Porto Cervo, l’Hotel Cervo arriva a inverno inoltrato, fino all’inizio dei lavori di ristrutturazione. Perché tra restyling e passaggi di mano, presto si annunceranno novità che faranno parlare: grandi catene dell’hôtellerie come Belmond, Four Seasons e Mandarin Oriental potrebbero subentrare alla guida di alcune delle suddette perle dell’ospitalità extralusso. Così si dice, si vedrà. Comunque niente distoglierà questa terra dalla sua magia.

I più letti

avatar-icon

Massimo Castelli