Parler
(Jakub Porzycki, Getty Images)
Social network

I colossi del web contro Parler (che però ha sempre più successo)

Storia del social che divide il mondo. I colossi del web lo censurano o cancellano, mentre molta gente lo sta scoprendo e lo usa

Sabato notte Apple e Google hanno rimosso dai loro cataloghi di applicazioni il social network Parler. Il motivo è che le organizzazioni governative per la sicurezza interna Usa hanno dichiarato che gli eventi di Capitol Hill sarebbero stati organizzati proprio mediante comunicazioni transitate su quel sistema. In realtà è da circa un anno, ma in modo esponenziale dal giorno dei disordini di Washington, che è in corso una massiccia migrazione di utenti da Facebook a Parler e da Whatsapp verso Signal, poiché le seconde sarebbero ritenute applicazioni per la comunicazione più liberali, sicure e indipendenti dal pensiero unico e dalla censura che Facebook, l'applicazione di Mark Zuckerberg, ma anche Twitter, hanno riservato all'ormai quasi ex presidente Donald Trump.

Risultato, Parler (si pronuncia alla francese), nata nel 2018, seppure non sia la voce dell'odio come la sinistra vuol far credere, è stata censurata e con lei circa dodici milioni di utenti. Si tratta in realtà di un'applicazione popolare tra i conservatori che non offre ancora ai grandi editori né ai giganti del web la possibilità di acquisire spazi e impostare campagne d'informazione organizzate. Proprio perché non applica le forme di controllo e censura di chi ha miliardi di utenti. Tuttavia dalla mezzanotte di ieri risulta bloccata dopo che anche Amazon l'ha fermata, paralizzandola, poiché appoggiata sui suoi server. L'amministratore delegato della Piattaforma John Matze, ingegnere di 27 anni, ha denunciato quello che a tutti gli effetti è un oscuramento messo evidentemente in atto con la scusa di evitare che i gruppi pro Trump possano organizzare azioni in vista del giuramento di Joe Biden, ma che di fatto risulta essere in primis un'azione da parte dei grandi attori del mondo connesso per annientare un concorrente che stava guadagnando terreno rapidamente. Matze ha dichiarato che dai fornitori agli studi legali che li assistono c'è stata una fuga contemporanea che di fatto ha reso il servizio inutilizzabile ma anche reso molto complicato intraprendere le azioni necessarie per il ripristino, magari migrando i dati su altri server.

A proposito delle cattive frequentazioni che si trovavano su Parler, bisogna riconoscere che è una caratteristica di tutte le piattaforme social, e quindi che siano apparsi contenuti a sfondo suprematista e razziale è innegabile, ma allora bisognerebbe aver chiuso da tempo anche Facebook per quanto ha mostrato in termini di campagna d'odio nei confronti di politici e attivisti liberali o di destra da parte degli eco-fanatici e dei radical-chic. Persino la cancelliera Angela Merkel, attraverso il suo portavoce, ha espresso preoccupazioni per la censura preventiva e la limitazione alla libertà d'espressione, ma sta di fatto che il social, nel momento in cui scriviamo, sia è ancora bloccato.

Fin dall'inizio della sua avventura John Matze aveva posizionato Parler come un sito per la libertà di parola nel quale le persone potevano per lo più dire quello che volevano. Era una scommessa che di recente aveva ripagato quando milioni di sostenitori del presidente Trump stufi di quella che considerano la censura a senso unico di Facebook e Twitter, i quali si erano registrati sulla piattaforma che fino al sette gennaio era diventata una tra le più scaricate dell'App Store di Apple. E sulla quale le discussioni politiche erano aumentate e con queste anche le teorie del complotto che sostenevano i brogli elettorali contro Trump, con utenti che infine sollecitavano nuove manifestazioni aggressive. Non a caso Amazon, che ha causato il totale stop spegnendo i computer che ospitano i dati, ha comunicato che sulla piattaforma non c'era sufficientemente controllo sui post che incitavano alla violenza.

"Credo che Amazon, Google e Apple abbiano lavorato insieme per cercare di garantire che non avessero concorrenza", ha detto invece Matze sabato, "ma non vinceranno. Siamo l'ultima speranza del mondo per la libertà di parola e la libera informazione. Entro una settimana torneremo online."

Diversa invece la tendenza all'uso di Signal al posto di Whatsapp, ovvero applicazioni di sola messaggistica, dove la prima offre migliori garanzie di riservatezza, tanto da essere usata persino dal personale dei ministeri di Washington e resa celebre nientemeno che da una frase di Edward Snowden del 2015: "Uso Signal ogni giorno". Di fatto, quando per alcune indagini la giustizia chiese a Signal informazioni su alcuni messaggi transitati sulla piattaforma, l'azienda – una fondazione onlus – dimostrò che la sua tecnologia non permette di risalire ai dati sensibili degli utenti. E questa, evidentemente, è la sua forza.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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