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Tecnologia

Intelligenza artificiale, IBM blocca le assunzioni «umane» e si affida al software

La compagnia statunitense ha annunciato che 7.800 lavoratori potrebbero essere rimpiazzati da servizi automotizzati

Entusiasti del progresso da una parte, angosciati per un cambio di paradigma che rischia di travolgerci dall'altra. L'impatto dell'intelligenza artificiale su molti settori professionali provoca la divisione già vista al tempo dell'avvento di internet. E come allora è inevitabile che le grandi compagnie siano tra le prime a puntare sui benefici promessi dall'ultimo arrivato. Questione di numeri e necessità di risparmio, due delle motivazioni che hanno spinto IBM ad annunciare una stretta sulle prossime assunzioni, poiché le scrivanie precedentemente garantite ai dipendenti saranno liberate per far spazio ai software.

“I compiti più banali come scrivere lettere di valutazione e verifica, oppure spostare i dipendenti tra i reparti saranno probabilmente automatizzati”, ha detto in una intervista Arvind Krishna, amministratore delegato di International Business Machines Corporation. Che ha individuato nel back-office, in particolare quindi nel comparto delle risorse umane, l'area soggetta a subire cambiamenti più profondi, anche se lo stesso numero uno dell'azienda ha specificato che “alcune funzioni come la valutazione della composizione e della produttività della forza lavoro, probabilmente non saranno sostituite nel prossimo decennio”. Al di là delle divisioni destinate a risentire maggiormente l'effetto generato da ChatGPT e affini, il punto su cui riflettere è il vantaggio che questa tecnologia assicura alle imprese in tempi di crisi. Laddove risparmiare è diventata una priorità, non potendo rinunciare alla ricerca e sviluppo che determinano innovazione, il taglio dei lavoratori appare come inevitabile conseguenza.

IBM ha pianificato, dunque, una cura dimagrante per il prossimo lustro, che andrà a impattare su un'area che al momento coinvolge circa 26.000 dipendenti. "Posso immaginare che il 30% di loro saranno sostituiti dall'intelligenza artificiale e dall'automazione nell'arco dei prossimi cinque anni”, ha puntualizzato Krishna, 61enne indiano assunto nel 1990 nell'azienda con sede ad Armonk, nello stato di New York, di cui è diventato amministratore delegato nel 2020 e presidente nel 2021, dopo aver guidato la più grande acquisizione di una azienda software, Red Hat, con un investimento di 34 miliardi di dollari.

Lo scenario delineato da IBM prevede la perdita di 7800 posti di lavoro, una parte dei quali riguarderanno dipendenti vicini alla pensione sollecitati a lasciare il posto prima del dovuto, senza essere rimpiazzati. Nel complesso la compagnia non bloccherà le assunzioni, bensì sposterà il focus della ricerca sullo sviluppo del software. Al momento l'organico completo si aggira sui 260.000 dipendenti, con poco meno di 7.000 nuovi assunti nel corso dei primi tre mesi dell'anno, durante i quali sono stati licenziati 5.000 lavoratori. Con queste manovre, l'azienda punta a risparmiare 2 miliardi di dollari entro la fine del 2024, anche grazie alla cessione di alcuni rami non redditizi.

Se l'esempio di IBM sarà imitato da tante altre compagnie di grandi e medie dimensioni, è al contempo indubbio che la diffusione su ampia scala dell'intelligenza artificiale e degli strumenti ad essa collegata provocherà uno scossone per aziende e lavoratori. Ai tagli indotti dalla tecnologia, vanno aggiunti le nuove figure che emergeranno nel corso degli anni. Secondo uno studio del World Economic Forum di Davos che ha chiesto a 800 imprese come cambierà il mondo del lavoro, nei prossimi quattro anni saranno creati poco meno di 70 milioni di posti di lavoro, con robotica e intelligenza artificiale a trainare la necessità di nuove competenze, anche se il saldo dovrebbe essere negativo, poiché nello stesso periodo temporale si stima una perdita di 83 milioni di lavoratori.

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Alessio Caprodossi