Perché la Cina si arma
(Ansa)
Difesa e Aerospazio

La Cina si arma e nessuno la attacca

Pechino continua ad armarsi e la sua rapida modernizzazione militare suscita notevole timore, soprattutto per la possibilità di uno scontro con gli Stati Uniti

A dispetto di quanto avviene tra Ucraina e Russia, in diverse parti dell’Africa come in Medioriente, non c’è alcuna nazione che stia minacciando seriamente la Cina. Eppure, Pechino continua ad armarsi e la sua rapida modernizzazione militare suscita notevole timore, soprattutto per la possibilità di uno scontro con gli Stati Uniti. Ma stante che in nessuno scenario gli Usa pressano la repubblica Popolare, forse tale timore da parte cinese è dovuto a una visione esagerata dell'importanza di mantenere i militari preparati alla guerra usando l’avversario più grande, in modo che ciò costituisca grande motivazione. Ma alla base della modernizzazione dell'esercito di liberazione ci sono un'ampia varietà di fattori politici e di sicurezza, molti dei quali non hanno nulla a che fare con la guerra. E noi occidentali dovremmo imparare a comprenderli meglio collocandoli in un ambito più legato alla competizione industriale ed economica.

È cosa nota che negli ultimi anni l’Esercito cinese abbia registrato un incremento di investimenti, di forze e dotazioni: il budget dal 2000 al 2016 è aumentato annualmente del 10% anche se negli anni seguenti è rallentato al 5-7% annuo. La Cina nel 2022 ha speso in armi e personale 230 miliardi di dollari, una cifra seconda soltanto agli Stati Uniti, della quale 60 miliardi sarebbero relativi soltanto all’addestramento di nuovi effettivi, che sono quindi divenuti più preparati ed equipaggiati, tanto che il maggiore generale dell’Usaf Cameron Holt dichiarò lo scorso anno che la Cina stava acquisendo armi in una quantità da cinque a sei volte superiore a quella degli Stati Uniti. Nel marzo 2021 l'ammiraglio Philip Davidson, allora capo del comando indo-pacifico degli Usa, avvertì il Pentagono che la Cina avrebbe potuto intraprendere un'azione militare contro Taiwan entro il 2027. Ma al momento non ci sono prove che Pechino abbia intenzione di attaccare Taiwan in tempi brevi. L'ammiraglio Michael Gilday, capo delle operazioni navali, valutando le acquisizioni cinesi di armi, aggiunse che non si poteva escludere un tentativo cinese di invasione già quest’anno, anche finora fortunatamente non è accaduto

Un altro motivo del grande investimento cinese nel settore Difesa potrebbe essere per scopi politici e militari ma senza alcuna intenzione di iniziare effettivamente una guerra. Una ragione importante per cui i capi cinesi vogliono un esercito potente è dovuta dalla sicurezza, motivo che si comprende ripercorrendo la storia: i leader cinesi sono consapevoli della caduta delle dinastie passate quando un esercito debole ha permesso agli avversari di mettere in ginocchio l'impero e invocano abitualmente umiliazioni passate, come le Guerre dell'Oppio (1839-1842 e 1856-1860), per ricordare alla popolazione i pericoli che una debolezza potrebbe comportare.

In secondo luogo, una Cina in perenne crescita demografica e industriale richiede un esercito più capace per gestire una gamma crescente dimissioni all’estero, inclusa la possibilità di un conflitto con Taiwan e con altre nazioni che le sono confinanti e che creano una moltitudine di minacce, come le controversie nei mari della Cina orientale e meridionale con alleati degli Usa, Australia in primis. Ecco perché, per esempio, la Difesa cinese si è organizzata in cinque comandi regionali per distribuire meglio le risorse e gestire decine di missioni eseguite da militari, ma in pratica queste finora sono state di assistenza umanitaria, soccorso in caso di calamità, pattugliamenti marittimi ed evacuazioni, controllo e presidio dei territori, come nella Isole Salomone. E a ben guardare ogni intervento militare cinese dagli anni 2000 a oggi è consistito in missioni non di guerra, salvo qualche scontro al confine con il Nepal. Una terza ragione, in genere sottovalutata dall’occidente, è dovuta al prestigio nazionale. Una Difesa potente è uno status nazionale e un modo per suscitare entusiasmo patriottico, l’esatto opposto di quanto accade in Italia, dove i governi di sinistra e di centro hanno sempre divulgato il minimo a proposito di spese militari (con Gentiloni e Conte2 erano già aumentate). Questo spiega fenomeni come la volontà da parte di Pechino di avere una flotta di portaerei, ben poco utili per contrastare le minacce dei confini terrestri, ed anche perché in Cina si svolgono sontuose parate e numerose esercitazioni militari che ricevono tutte un'ampia copertura da parte di giornali e televisioni nazionali.

Ma mantenere un potente esercito è anche una fonte di potere politico per il leader supremo del paese. Il potere di Xi Jinping dipende in parte dal suo comando dell'apparato militare, non a caso viene spesso fotografato in uniforme o ripreso mentre visita basi armate. E come i suoi predecessori, Xi riconosce che dare generosi budget alla difesa è il prezzo da pagare per assicurarsi la lealtà dei militari, mantenendoli concentrati sulle loro responsabilità e mostrandosi duro nel punire gli episodi di corruzione.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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