Nasco Unico: «La moda torni più umana»
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Nasco Unico: «La moda torni più umana»

La prima cosa che ha fatto Andrea Francardo, fondatrice di Nasco Unico, è stata eliminare i campionari. Le sue giacche seguono un ciclo di produzione che non spreca nulla: le clienti visitano il suo atelier torinese, una villa sabauda dell’Ottocento, e assemblano il capo centimetro dopo centimetro, dai bottoni alle fodere. Un laboratorio artigianale che provvede al confezionamento del capo recuperando lo sfrido (che verrà riutilizzato per nuovi capi). Ci vuole tempo per realizzare un capo Nasco Unico e su questo Andrea è inflessibile: per fare le cose bene ci vuole tempo e l’attesa è sinonimo di qualità.

È su queste basi che affonda le radici la rivoluzione di Nasco: un prodotto on demand, rigidamente made in Italy, che non trascende in nessuna sua fase di produzione all’agile recupero di scarti per ridurre al minimo l’impatto ambientale.

Ogni blazer Nasco è dunque unico. La personalizzazione dei capi rappresenta il rifiuto di tendenze e stagionalità e si fonda, anzi, sull’individualità del cliente e sul suo “talento”: ciò che lo rende straordinario e ineguagliabile.

In questa epoca contraddistinta da una distanza siderale tra il cliente e le mani che hanno realizzato il prodotto che indossa, Nasco Unico riscopre la bellezza del contatto con le persone. Andrea ci ha raccontato come è nato questo incredibile progetto e cosa vede nel suo futuro (da realizzare passo dopo passo).

Andrea Francardo

Come nasce il progetto Nasco Unico?

Il progetto nasce nel 2017, in un momento di vita perfetto per far nascere qualcosa. Appena uscita da una grossa azienda, in piena crisi creativa, in un momento in cui il settore moda era tutto sbagliato ai miei occhi. E in piena gravidanza (la seconda). Mi sono messa a scrivere letteralmente un progetto che avevo in testa già da tempo, con l'intento di creare qualcosa che fosse giusto per me. Un progetto in cui si smantellassero le classiche regole e si operasse in modo diverso, più umano, più lento, più responsabile, più etico. Il punto di partenza era il tessuto e l'importanza di recuperare materia prima, poi è nato tutto il resto.

A che tipo di clientela si rivolge il suo atelier?

Nasco parla a tutti, è arrogante perché vorrebbe cambiare le regole, quindi il suo pubblico è ampio. Nasco Unico è aperto a chiunque abbia voglia di ascoltare, di provare, di uscire un po' dagli schemi. I nostri clienti sono donne e uomini che lavorano molto, persone che vivono il mondo presente, preparate, colte, con grande coscienza e indipendenza. Sono donne e uomini che ricercano qualcosa di diverso, fatto bene. La fascia di età va dai 25 agli 84 anni.

Leggendo la presentazione di Nasco Unico mi ha colpito il termine «moda umana». Può elaborare questo concetto?

Ho lavorato tanto tempo nel grande meccanismo della moda, sempre dietro alle quinte, in aziende grandi e conosciute, ma anche in aziende piccole e artigianali o persino in startup. Attraverso la mia esperienza in tutte queste famiglie, mi sono resa conto che il settore è abbastanza disumano. Per disumano intendo che l’uomo non veniva mai messo al centro. Non c'erano il lavoratore, il fornitore, il cliente, lo stilista di turno, l’unico obiettivo erano i numeri e il fatturato.Si era disposti ad asfaltare tutto e tutti per ottenerlo. Al giorno d’oggi non si dà più importanza all'essere umano, alla creatività, ai talenti, ma si corre solo dietro a un numero. Si corre molto, troppo. Con Nasco Unico abbiamo provato a rallentare, a trovare il tempo di pensare, di dare spazio alla creatività, ma sopratutto alla libertà. Il fatturato è senza dubbio diverso, ma il nostro benessere non è mai stato così alto. E il consumatore finale lo vede e lo sente.

Qual è l’iter di produzione di una delle sue giacche?

Le giacche nascono nella mia testa, poi si scelgono e scovano i materiali, i bottoni i nastri e si creano dei pezzi unici, ma che in qualche modo dialoghino insieme. È bello avere coerenza tra un pezzo e l'altro. Il nostro showroom presenta sempre delle giacche già confezionate da far provare e da far vedere, che possano essere di ispirazione e anche vendute subito. Altrimenti si creano insieme al cliente. Da noi in showroom ci si prende del tempo per stare insieme, fare colazione o pranzare. Oppure mettersi subito a lavoro.

Si scelgono i tessuti e si provano perché abbiamo sempre tagli grandi da far vedere (difficilmente lavoriamo con piccole tirelle). La vera collezione è fatta dai tessuti appesi ai ganci di ottone. Vogliamo che il cliente possa vederli, sentirli, indossarli. Poi si scelgono le fodere, i bottoni, e per i bottoni ci vuole sempre tanto tempo!

Poi chiediamo al cliente di poter dare il nostro tocco, aggiungere un elemento sorpresa al capo, che sia un nastro, un ricamo o una pochette.

Seguiamo il cliente passo dopo passo, lo consigliamo e lui ricerca il nostro consiglio. La cosa più incredibile che ho scoperto in questi anni è la fiducia che si crea. Loro si fidano e noi diamo il massimo.

Non è più acquistare qualcosa con ansia e fretta, è la gioia di essersi presi del tempo per se stessi, di essere stati coccolati. E la sensazione di farsi qualcosa di bello per davvero, è tornare a divertirsi mentre si fa shopping. Il tema del divertimento per noi è sempre stato fondamentale. Una volta fatto l’ordine, il cliente viene aggiornato via messaggio degli ultimi passaggi e attende la consegna, che così diventa un modo per rivedersi. Con Nasco abbiamo creato tanti contatti, tante persone sono diventate amiche.

Il suo approccio on demand abbraccia i criteri di sostenibilità di cui tanto si parla in questo periodo. A che punto crede si trovi il mercato moda?

Il mercato moda è stato chiamato a una grande missione e si sta muovendo moltissimo. Sta diventando un bel settore in cui lavorare. Tutti stanno creando nuovamente, ideando sistemi nuovi, dando vita a codici, leggi, nuovi sentieri. Il tutto per essere meno nocivi. Sono molto ottimista, stiamo vivendo un grande risveglio, una grande presa di coscienza.

Il sesto punto del suo manifesto legge «Se c’è da aspettare, aspetto». Un riprendersi il tempo in questa società che corre veloce. Pensa che la moda debba “rallentare”?

Certo che dobbiamo aspettare, aspettare in tutti i sensi, riflettere, tornare a fare cose con più calma, smettere di far scorrere un dito su uno schermo e riempirci di immagini pensando di aver fatto un viaggio, letto un libro. Prendersi il proprio tempo è un impegno che richiede dedizione, costanza. Il tempo di capire cosa stiamo comprando, com’è fatto, chi lo ha fatto e se vale la pena compralo. Ci hanno educati al contrario, non trova? Ecco, abbiamo bisogno di tempo per rieducarci.

Certo tutto corre troppo...

Ha in progetto di ampliare la sua offerta?

La mia offerta per le nostre dimensioni è molto grande. Da creativa certo che ogni giorno vorrei fare altre cose, le camice mi mancano molto per esempio, ma mi tengo e perfeziono quello che abbiamo creato. Poco alla volta.

Come evolverà Nasco Unico nei prossimi anni?

Stiamo lavorando a un nuovo ufficio, ci stiamo occupando di interni e progettazione. Poi, le giacche oltre che da donna esistono anche da uomo...

Stiamo studiamo attentamente il sistema per affittare i capi, e non solo, ma vogliamo muoversi passo dopo passo, con calma. Sono mamma di due bambini piccoli e ancora molto del mio tempo è dedicato a loro quindi l'evoluzione di Nasco dipende molto anche da questo fattore.

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Mariella Baroli