Ma è giustizia o politica?
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Ma è giustizia o politica?

Quasi tutti di sinistra i magistrati che hanno inquisito Berlusconi

Negli ultimi vent’anni è stato fatto uso politico della giustizia? Silvio Berlusconi ne è convinto, tanto che l’ex premier starebbe preparando un discorso per il senato nel quale attaccherà le «toghe rosse»: quella parte di magistratura che lo ha inseguito con 34 procedimenti penali a partire dalla sua discesa in campo, nel 1994, facendo di lui un caso politico-giudiziario unico non solo nella storia d’Italia, ma in quella delle democrazie liberali.

In realtà, dallo stretto punto di vista statistico, l’elenco dei pubblici ministeri che negli ultimi 20 anni hanno messo sotto accusa Berlusconi e i suoi più stretti collaboratori è assai anomalo. da Milano a Palermo, Panorama ha calcolato che almeno 20 di loro (ma il dato è molto approssimato per difetto) fanno parte delle due correnti di sinistra: magistratura democratica e movimento per la giustizia, dal 2011 federate nell’alleanza elettorale area. In alcuni casi (vedere le schede in queste pagine) questi pm sono attivisti, se non veri e propri leader di corrente: movimenti equiparabili a partiti strutturati e potenti, che fanno il bello e il cattivo tempo nell’associazione nazionale magistrati e nel consiglio superiore della magistratura, decidendo sulle carriere dei magistrati e sulle iniziative disciplinari avviate nei loro confronti. E, contrariamente a quanto dichiara Anna Canepa, segretario di Md, i magistrati delle due correnti non si limitano «ad applicare le leggi che il potere politico può liberamente cambiare», perché continuano a intervenire sull’attività legislativa, gridando all’attentato alla Costituzione ogni volta che si cerca di porre un limite al loro strapotere.

Resta comunque un dato di fatto. La maggior parte delle inchieste su Berlusconi sono state condotte da pool che contenevano un magistrato inquirente «politicamente attivo» e guidato da un’ideologia opposta a quella dell’indagato. Diamo loro il beneficio del dubbio: tutti questi magistrati avranno anche agito in piena onestà intellettuale. E in un caso, quello di Nello Rossi, va riconosciuto che è stato lo stesso pm a chiedere l’archiviazione per l’imputato Berlusconi (anche se Rossi è noto per le dissonanze garantiste dalla sua corrente, Md). Ma è inoppugnabile: la statistica è anomala visto che i 1.200 iscritti a Md e Mpg sono solo un settimo del totale dei magistrati italiani. I sospetti, insomma, sono più che leciti. Dell’elenco degli investigatori in qualche modo schierati politicamente, inoltre, fanno parte almeno altri sei magistrati. Sono i procuratori aggiunti milanesi Francesco Greco e Ilda Boccassini e il loro ex collega Antonio Di Pietro, inquirenti in tanti processi berlusconiani; più i sostituti procuratori Antonino Di Matteo a Palermo e Henry John Woodcock a Napoli: costoro non appartengono a correnti, però sono tutti schierati sul fronte politico opposto al Cavaliere. Di Matteo nel dicembre 2012 si è polemicamente dimesso dall’Anm palermitana per il mancato sostegno nella querelle col Quirinale sulle intercettazioni (illegittime) disposte dalla procura sul capo dello Stato. Lasciata la toga, Di Pietro ha dato vita a un partito, l’Italia dei valori, fortemente critico nei confronti di Berlusconi. Il suo emulo Antonio Ingroia è stato più disinvolto: non ha nemmeno aspettato di uscire dalla magistratura per lanciare la sua Rivoluzione civile alle elezioni politiche del febbraio scorso. Per tacere di Baltasar Garzón, che in Spagna indagò sulla berlusconiana Telecinco per poi candidarsi nelle file dei socialisti ed essere infine (nel 2012) sospeso dalla magistratura per 11 anni, perché riconosciuto colpevole di una serie d’intercettazioni illegali. Insomma, Berlusconi in 34 procedimenti si è scontrato con almeno 26 pubblici ministeri che erano intimamente o esplicitamente suoi avversari ideo- logici. Si può parlare, allora, di uso «politico» della giustizia? 

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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