Accordo Italia-Svizzera: Berna vuole firmare
Economia

Accordo Italia-Svizzera: Berna vuole firmare

Ecco in cosa consiste l'accordo per far rientrare i capitali evasi in Svizzera e con cui Berlusconi intende ricavare le risorse per cancellare l'Imu

Rispetto a qualche mese fa, nulla è cambiato, almeno nella sostanza: rimane la volontà di raggiungere un'intesa, ma occorre aspettare l'esito delle prossime elezioni. È questa, in sintesi, la posizione del governo di Berna riguardo l'accordo tra Italia e Svizzera sull'esportazione illecita di capitali.

LA PROPOSTA DI BERLUSCONI SULL'IMU

La posizione ci viene confermata da Mario Tuor, portavoce della Segreteria di Stato della Confederazione Elvetica per le questioni finanziarie internazionali. L'accordo Italia-Svizzera è entrato prepotentemente nella campagna elettorale italiana dopo che il leader del centrodestra, Silvio Berlusconi, ha dichiarato di voler abolire l'Imu (imposta municipale unica) sulla prima casa, proprio utilizzando le risorse generate dall'intesa tra i governi di Roma e Berna: un “tesoretto” compreso tra 15 e 30 miliardi di euro incassati una-tantum (le attività finanziarie in Svizzera riferibili a cittadini italiani sono stimate tra 100 e 120 miliardi di euro), a cui dovrebbe aggiungersi (ma il condizionale è d'obbligo) un maggior gettito tra 1 e 5 miliardi all'anno, per il fisco del nostro paese.

COSA CAMBIEREBBE CON L'INTESA TRA ROMA E BERNA

Nello specifico l'intesa italo-elvetica è  “patto” anti-evasione fiscale già siglato dalla Svizzera con altre nazioni europee come la Gran Bretagna, l'Austria e anche la Germania (che, tuttavia, lo ha poi bocciato in Parlamento). Dopo le elezioni, dunque, anche l'Italia potrebbe aggiungersi alla lista di questi paesi siglando un accordo simile, per il quale sono state avviate da tempo delle trattative molto intense, interrottesi con la caduta del governo Monti.

LA POSTA IN GIOCO NELL'ACCORDO TRA ITALIA E SVIZZERA

Nello specifico, in base alla bozza dell'intesa, gli italiani che hanno espatriato irregolarmente i capitali in Svizzera potranno percorrere due strade alternative: potranno mantenere i soldi dove sono, senza dichiararli, rinunciando però al segreto bancario e consentendo alle autorità svizzere di fornire informazioni al paese di residenza. Chi sceglie questa strada, dunque, corre il rischio concreto di finire prima o poi sotto la lente del fisco italiano. In alternativa, chi ha esportato i soldi in Svizzera potrà mantenere il segreto bancario, ma dovrà assicurare in cambio una sostanziosa contropartita: il pagamento di un una tassa patrimoniale sulla ricchezza posseduta (che viene incassata da Berna e girata ai governi degli altri paesi).

IL SEGRETO BANCARIO IN ITALIA

Si tratta di un'imposta liberatoria sul capitale, che varia a seconda al periodo di tempo in cui i soldi dell'investitore sono rimasti nei forzieri delle banche elvetiche. In linea di massima (vedendo i contenuti degli accordi siglati con la Svizzera dagli altri paesi) è probabile che l'aliquota di questa patrimoniale venga fissata tra il 25 e il 40%.

Ma non è finita qui: dopo aver versato l'imposta liberatoria (che sarà una tantum, cioè verrà applicata una sola volta) chi detiene capitali in Svizzera dovrà pagare ogni anno una tassa sui rendimenti finanziari ottenuti con i capitali all'estero, che sarà allineata a quella in vigore nel paese di origine (in Italia è al 20%).

LA PATRIMONIALE E IL GOVERNO MONTI

In cambio di questa operazione di “trasparenza”, Berna chiede al governo di Roma alcune importanti contropartite:  un accesso più facile delle banche elvetiche al mercato italiano e la cancellazione della Svizzera dalla blacklist dei paradisi fiscali presi di mira dal fisco del nostro paese. Infine, la bozza dell'intesa prevede che le autorità tributarie della Penisola possano eseguire, ogni anno, un numero limitato e predeterminato di controlli sui contribuenti italiani che hanno i soldi depositati nella Confederazione Elvetica.

“Al momento, non vediamo particolari ostacoli che impediscono la firma di un intesa con l'Italia in tempi brevi”, dice ancora Tuor, purché venga seguito lo stesso schema utilizzato dall'Austria e dal Regno Unito. In particolare, per la Svizzera è importante che il nostro paese consenta ai contribuenti la possibilità di mantenere l'anonimato e il segreto bancario, due principi inviolabili che il governo di Berna custodisce gelosamente. Se c'è questa disponibilità, secondo il portavoce elvetico, resta soltanto da definire qualche dettaglio tecnico (per esempio le aliquote da adottare per la tassazione) e qualche altro aspetto secondario.

Prima di riprendere e concludere le trattative, fa sapere Tuor, la Confederazione Elvetica preferisce però rimanere alla finestra e capire chi guiderà l'Italia dopo le prossime elezioni. Se ci sarà un governo stabile e chiaramente favorevole all'intesa, l'accordo tra Roma e Berna avrà la strada spianata, almeno secondo gli svizzeri.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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