Perché gli investitori si allontaneranno dall'Europa
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Economia

Perché gli investitori si allontaneranno dall'Europa

Più la Bce agisce, più abbassa i rendimenti dei bond governativi nell’eurozona. E in molti vanno a cercare profitto altrove

C’è un fenomeno singolare che sta accadendo nell’eurozona. Per certi versi, l’area euro è diventata troppo sicura. Di certo, così è nel mercato obbligazionario, dove il rischio-Paese è mitigato dalle azioni della Banca centrale europea (Bce) e sta mettendo in difficoltà gli investitori che chiedono ritorni significativi. Il risultato potrebbe essere un’altra fuga verso rendimenti maggiori, fuori dalla zona euro.

Ci attendiamo che la Bce lanci il Qe a dicembre, giusto per Natale

La storia recente dell’obbligazionario

Il 24 novembre 2011, nel pieno della fase italiana della crisi dell’euro, il rendimento dei Btp con scadenza a dieci anni era, secondo i dati di Bloomberg, sopra quota 7 punti percentuali. Il differenziale di rendimento con i corrispettivi tedeschi di pari entità era oltre 500 punti base. La paura aveva preso il sopravvento e il rischio che l’Italia potesse essere estromessa dal mercato obbligazionario incrementava ogni giorno di più. Oggi quei tempi rappresentano il passato, grazie soprattutto alle mosse della Bce.

I rendimenti oggi

Eppure, tutto quello che Draghi ha lanciato ha avuto e sta avendo un effetto boomerang. I rendimenti di bond italiani a dieci anni sono ai minimi dall’introduzione dell’euro. Mai la percezione del rischio intorno all’Italia è stata così elevata. Come se l’economia scleritizzata, la politica schizofrenica, il fischio asfissiante, il debito pubblico sempre maggiore e l’assenza di riforme strutturali in grado di fornire al Paese una visione di lungo periodo sostenibile non fossero importanti al fine della pianificazione degli investimenti. Alle ore 11, sulla piattaforma MTS, i Btp italiani a dieci anni hanno un rendimento del 2,18%, con un differenziale rispetto ai Bund tedeschi di 140 punti base, dato che il titolo tedesco ha un premio per il rischio di 78 punti base. Ai minimi anche i bond francesi, che su MTS fanno segnare un rendimento dell’1,12%, così come gli spagnoli, per la prima volta nella storia sotto il tasso d’interesse del 2 per cento.

E che dire dei bond irlandesi? La crisi e il programma di salvataggio sembrano dimenticati, dato che il rendimento è dell’1,48 per cento. Assai più remunerativi sono i titoli portoghesi, che rendono il 2,97 per cento. Nel complesso, il cuore dell’eurozona (Germania, Austria, Olanda e Finlandia) vede i propri titoli di Stato a un rendimento inferiore al punto percentuale. Uno scenario paradossale, se si considerano le debolezze dell’area euro e le incognite sulla ripresa globale.

(Nel grafico in basso il rendimento del BTP a 10 anni)

I rendimenti del Btp a dieci anniI rendimenti del Btp a dieci anniBloomberg

L’effetto boomerang

Più la Bce mette in campo le sue armi, più abbatte il rischio legato al singolo Paese. È un meccanismo che distorce la percezione degli investitori che, nel breve periodo, possono anche trarre giovamento ma che nel lungo trovano difficile rendere sostenibili le loro posizioni. Anche perché il Quantitative easing (Qe) della Bce, ovvero l’acquisto sul mercato secondario di titoli di Stato dei Paesi della zona euro, sta per arrivare. Secondo Credit Suisse, sarà annunciato nella riunione dell’Eurotower del prossimo 4 dicembre. “Giusto per Natale”, ironizzano gli analisti della banca elvetica. Stessi concetti di base, e tempistica divergente solo per qualche mese, anche per BNP Paribas, Deutsche Bank, Nomura e Goldman Sachs. Dopo mesi di cautela, ora la maggior parte delle banche globali ritiene che la Bce lancerà il proprio Qe, proprio dopo il ritiro del programma da parte della sua controparte americana, la Federal Reserve. 

Anche noi riteniamo che il Qe della Bce sta arrivando

I possibili effetti

Cosa potrebbe accadere a seguito del Qe, tenuto conto dell’attuale quadro sul mercato obbligazionario? Da un lato i rendimenti del Paesi dell’area euro sarebbero sempre minori, e quindi per gli Stati emittenti ci sarebbe un ulteriore vantaggio sugli interessi passivi sul debito, meno onerosi. Dall’altro, tuttavia, gli investitori internazionali potrebbero essere attratti da classi di asset in grado di promettere ritorni più sostanziosi. Che si tratti di commodity, o dell’equity statunitense, poco importa. Come spiega Goldman Sachs, nel 2015 gli investitori non guarderanno all’eurozona con gli stessi occhi utilizzati nei primi mesi del 2014, quando i flussi di capitale in entrata erano ai massimi dal 2009. “Gli operatori cercano e continueranno a cercare rendimenti massicci, duraturi e il più possibile indipendenti dai risvolti politici delle aree in cui operano, in modo da sfruttare la riduzione della liquidità della Fed”, spiega la banca statunitense. In altre parole, fuori dall’area. euro. 

Draghi, il prestigiatore dell’euro

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Angela Merkel e Mario Draghi ritratti su un murales a Francoforte

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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