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Festival del Cinema di Venezia al via (con più sobrietà) con «La Grazia» di Sorrentino

Festival del Cinema di Venezia al via (con più sobrietà) con «La Grazia» di Sorrentino

Il regista napoletano porta al Lido un film più intimo rispetto agli ultimi lavori, meno grondante di eccessi. «Così non scocciate», scherza a metà. Con Toni Servillo presidente della Repubblica a fine mandato con scelte difficili

Un po’ sulle tracce de Il divo, appena sul bilico della Roma de La grande bellezza, La Grazia apre la Mostra del cinema di Venezia 2025 con un Sorrentino in “tono minore”. Per fortuna. Più intimo e meno esagerato. Contiene la sua galleria degli eccessi, come pure il frasario delle sentenze, e si fa più sobrio (aggettivo mai del tutto adatto al suo cinema recente), a tutto vantaggio della narrazione efficace più che ad effetto. Ottiene gli applausi della prima proiezione per la stampa in Sala Darsena. Forse il film più riuscito dopo La grande bellezza.

«Come mai questa scelta di sobrietà? Così non scocciate», spiega il regista e sceneggiatore napoletano premio Oscar davanti ai giornalisti, con un mezzo sorriso in viso. «Scherzo, anche se solo fino a un certo punto. La messinscena è una scelta istintiva e ogni storia ha un suo modo per essere raccontata».  

Film in corsa per il Leone d’oro a Venezia, edizione 82, trova in Toni Servillo il solito attore gigante che sotto le trame di Paolo Sorrentino si muove sempre a suo agio. Bella la conferma di Anna Ferzetti, al suo fianco, che avevamo apprezzato recentemente ne Il nibbio.

Festival del Cinema di Venezia al via (con più sobrietà) con «La Grazia» di Sorrentino
Toni Servillo nel film “La Grazia” (Credits: Andrea Pirrello)

Se già Servillo era stato Giulio Andreotti (ne Il divo) e Silvio Berlusconi (in Loro) per Sorrentino, ora diventa presidente della Repubblica italiana ne La Grazia. È Mariano De Santis, giurista penale e presidente nel suo semestre bianco, a sei mesi dalla fine del suo mandato. Vedovo, cattolico, alquanto rigido e immobile nel suo impegno politico, tanto da essere soprannominato “Cemento armato”, ha una figlia, Dorotea (Ferzetti), giurista come lui, suo efficiente braccio destro. Tra le ultime giornate noiose al Quirinale, ora rievocando il fantasma della moglie morta, ora fumando una sigaretta di nascosto, si concede le ultime stoccate: decidere se concedere due grazie e apporre o meno la sua firma alla legge sull’eutanasia, a cui tanto tiene proprio sua figlia.

«Torno a recitare per Paolo con un personaggio così complesso», osserva Servillo. «Lui me ne ha regalati già altri belli. È sempre un rilanciare, non accontentandosi. Ci siamo fatti del bene, senza darci un programma, la vita lo ha deciso per noi».
Nei modi riflessivi da uomo di legge, il suo De Santis può vagamente ricordare Sergio Mattarella… «Per il personaggio non abbiamo fatto riferimento a un solo presidente della Repubblica», precisa l’attore. «Ci sono stati innumerevoli presidenti democristiani, vedovi, uomini di legge, napoletani, con una figlia. Avevamo uno spettro di presidenti a cui fare riferimento».

A Coco Valori, la migliore amica del presidente De Santis, interpretata da Milvia Marigliano, sono affidate le battute più irresistibili e… ad effetto. “Voi politici intrattenete con la verità un rapporto isterico”, dice Coco, “parodia di una critica d’arte”.

Il film nasce da uno spunto di cronaca, da un fatto vero letto anni fa da Sorrentino, quando Mattarella concesse la grazia a un uomo che aveva ucciso la moglie malata di Alzheimer. «Mi è sembrato subito un dilemma morale interessante da raccontare», ha detto il regista al Lido.

Festival del Cinema di Venezia al via (con più sobrietà) con «La Grazia» di Sorrentino
Toni Servillo e Paolo Sorrentino sul set del film “La Grazia”

L’altro dilemma morale che il film affronta è l’eutanasia. “Di chi sono i nostri giorni?”, è una delle frasi ripetute ne La Grazia. «Non posso che augurarmi che il mio film possa attirare l’attenzione su un tema fondamentale come quello dell’eutanasia, anche se il cinema non ha più un impatto di popolarità devastante come aveva un tempo», riflette il regista.

Non mancano tocchi di leggerezza, ovviamente con velature grottesche e surreali alla Sorrentino style. Ecco allora che il papa nero con dreads ai capelli, che subito suscita sorrisini in sala, se ne va via in moto. E poi il cameo di Gué Pequeno e le due esibizioni canore di Servillo/De Santis, in un rap e in un coro di alpini. «Mi sono trovato più a mio agio a cantare il coro degli alpini», scherza l’attore. «Questo con tutto il rispetto e la simpatia per Gué. Il rap è stata una lunga fonte di preoccupazione, soprattutto tentare di mandare il testo a memoria».

La Grazia è un film d’amore tra padre e figlia, un film sul dubbio e sulla responsabilità. Non ritrova il tocco più essenziale e riflessivo della filmografia di Sorrentino prima de La grande bellezza, lo spartiacque dopo il quale la sua estetica è diventata protagonista esasperata e artificiosa, ma si lascia apprezzare con grazia. Gli applausi in sala sono stati meritati.

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