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Garlasco, Alberto Stasi e i pochi secondi con Chiara Poggi che riscrivono l’omicidio

Garlasco, Alberto Stasi e i pochi secondi con Chiara Poggi che riscrivono l’omicidio

Intercettazioni inedite del 2007 rivelano la versione di Alberto Stasi sui momenti decisivi nella villetta di Garlasco. «Venti o trenta secondi» di permanenza nella casa contro i sei minuti che intercorsero tra l’ultimo squillo a Chiara Poggi e la chiamata ai soccorsi. Tornano i dubbi sulla ricostruzione temporale del delitto.

«Pochi secondi, venti o trenta» è il brevissimo lasso di tempo in cui Alberto Stasi è rimasto nella villetta del delitto che gli ha cambiato totalmente la vita, condannandolo in via definitiva a 16 anni per l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco. È quello che emerge dalle intercettazioni inedite risalenti al 15 novembre 2007, diffuse dal programma Quarta Repubblica, che riportano una conversazione riservata tra Stasi e il suo avvocato Angelo Giarda riguardante la propria versione dei fatti sulla mattina del 13 agosto 2007.

Garlasco, Alberto Stasi e i pochi secondi con Chiara Poggi che riscrivono l’omicidio
Le scale che conducono alla cantina della villetta di Garlasco (ANSA)

I sei minuti di pausa

Gli audio risalgono a un periodo critico delle indagini, quando la ricostruzione precisa dei movimenti di Stasi rappresentava uno degli aspetti più discussi del processo. Nella conversazione con Giarda, scomparso nel 2021, il ragazzo commenta i sei minuti trascorsi tra il suo tentativo di chiamata al telefono di Chiara e la telefonata ai soccorsi: «Ho fatto tutto velocemente: appena ho visto, sono scappato via e ho chiamato quando ero in macchina», sostiene, descrivendo la propria versione del ritrovamento del corpo di Chiara nella villetta di via Pascoli.

Il lasso di tempo tra l’ultimo squillo al cellulare della ragazza e l’allarme lanciato da Stasi è sempre stato un elemento di contrasto con le ricostruzioni: la Procura ha sempre sostenuto che quei sei minuti fornissero al ragazzo tempo sufficiente per lavarsi le mani dal sangue in bagno, ripulire l’arma mai ritrovata e lasciare la villetta senza contaminare eccessivamente la scena. Per la difesa troppe azioni per un intervallo di tempo così breve, soprattutto cercando di non lasciare tracce.

Panico e dettagli dimenticati

Durante l’intercettazione, Stasi affronta anche le critiche ricevute per non aver fornito informazioni precise durante la chiamata successiva al 118. «Credo che abbiano ucciso una persona, non ne sono sicuro, forse è viva» aveva detto all’operatore con gelo, «c’è tanto sangue dappertutto e lei è sdraiata per terra». Non menziona il nome di Chiara ai soccorritori e il tono appare freddo e distaccato: elementi che nel corso del processo sono stati utilizzati come indicatori di un comportamento anomalo. All’avvocato invece ribadisce che non c’era «niente di inventato», attribuendo le lacune nella telefonata al «panico totale» e alla «confusione mentale» provati per aver trovato la propria fidanzata in condizioni drammatiche.

Le intercettazioni emergono in un momento ancora una volta delicato per il caso Garlasco: gli sviluppi investigativi su Andrea Sempio e la rivalutazione di tempi e movimenti all’interno della villetta del delitto stanno portando l’opinione pubblica a interrogarsi nuovamente sulla condanna definitiva pronunciata contro Stasi. Venti o trenta secondi contro sei minuti: una distanza temporale non ancora risolta dopo 18 anni.

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