La ballata del 29 e del 31
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La ballata del 29 e del 31

Sarebbe ora di finirla con questa polemica sugli scudetti della Juventus. Ma se si continua significa che a qualcuno conviene - lo speciale sul trionfo bianconero -

La festa scudetto in un tempo da autunno ha già qualcosa di strano. Poi girano i numeri scritti dovunque, dalle stelle di cartone ai segnali stadali. 31, tre stelle. 29 ancora due. Non si finirà mai con le giornate del pallottoliere, perché così piace e a qualcuno conviene. Perché l’errore arriva da lontano e non può essere cancellato con una striscia di nastro adesivo nero come quello che, sulle maglie della Juventus da tutta la stagione copre le tre stelle. Che poi sarebbero ancora due per ogni albo d’oro. Nulla in confronto alle righe di pennarello nere che hanno trasformato in un cimitero quello del Tour de France.

Sono le croci dei tempi moderni e i nuovi crociati che rivendicano per la fede soltanto. Per tutti gli altri è solo una stucchevole e deprimente storia di malaffare, che dovrebbe essere prescritta, anche come tempi legali, nella mente di ciascuno. Ma che a qualcuno fa comodo rivangare sempre e probabilmente per sempre.

Nei tempi bui delle stagioni da mezza classifica era una specie di “richiamo alle armi”, usato per compattare la gente bianconera intorno a una idea. Ora che la Juventus è di nuovo la padrona del calcio italiano è quasi un gesto di scherno. In entrambi i casi difficilmente sopportabile per chi guarda e basta, anche da altre parti del mondo. Si andrà avanti così, con la testa rivolta all’indietro a costo del torcicollo, perché l’errore capitale non può essere cancellato con quel nastro adesivo.

Ballano due famosi scudetti, uno giustamente mai assegnato e l’altro in modo probabilmente arbitrario assegnato all’Inter. Se quei due titoli avessero seguito la medesima sorte, come era possibile e forse necessario, non saremmo alle prese ogni volta con questo fastidio. La sorte doveva essere la cancellazione per irregolarità di due campionati. Ricordiamo sempre un vecchio principio giuridico. Il codice di procedura civile recita che se un avvocato parla con il giudice fuori dall’aula di fatti inerenti la causa in corso, il processo è nullo. Nemmeno annullabile su richiesta di parte. Ma nullo. Cancellato, non vale più. Come per noi continuano a non valere quei due campionati ormai quasi antichi e contaminati.

Invece questa battaglia da diseredati continuerà sempre. Forse perché a qualcuno conviene

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Carlo Genta