Social Media Week, il ruolo dei social media nel riconoscimento delle unioni omosessuali
(TheFour.com)
Tecnologia

Social Media Week, il ruolo dei social media nel riconoscimento delle unioni omosessuali

Alla Social Media Week di Milano, Ryan J. Davis ha spiegato come il movimento LGBT è riuscito a vincere in quattro stati grazie a un uso innovativo e strategico dei social media

Ryan J. Davis ha 30 anni, è produttore teatrale e direttore esecutivo di Blue State Digital , un’agenzia che si occupa di fornire strumenti utili a raccolte fondi, campagne elettorali e, in particolare, per il coinvolgimento delle persone su tematiche particolari attraverso i social media. Alle 19 di ieri, 18 febbraio 2013, Davis è salito sul palco della Social Media Week di Milano per raccontare una storia che da questa parte dell’atlantico potrebbe apparire incredibile: la storia di come un utilizzo strategico della comunicazione social ha sancito la vittoria di quattro referendum sulle unioni omosessuali.

Lo scorso novembre, in quattro stati americani (Maryland, Maine, Minnesota e Washington) si è votato su emendamenti e proposte di legge relative al riconoscimento delle unioni gay. Per la prima volta, dopo aver collezionato una serie di cocenti sconfitte durante l’era Bush, alcuni attivisti del movimento LGBT americano (tra cui Davis stesso) hanno deciso di compattarsi per lanciare una campagna social volta interamente a mobilitare al voto i giovani elettori (i più inclini al supporto delle unioni omosessuali, nonché i più attivi sui social media) nei quattro stati.

La campagna TheFour2012 è cominciata cento giorni prima del voto, con un piano strategico a prova di bomba. “Abbiamo cominciato creando un apposito tumblr, che è da subito diventato il sito di riferimento per tutta la campagna” ha spiegato Davis “Ci siamo poi posti l’obbiettivo minimo di creare e curare un contenuto di qualità al giorno da condividere attraverso Facebook e Twitter”.

Attraverso un utilizzo ragionato dei social media, ma soprattutto grazie al coinvolgimento di grafici di prim’ordine e star che hanno dato il proprio endorsement, il gruppo TheFour2012 è riuscito a creare contenuti chirurgicamente calibrati per raggiungere gli elettori a seconda dell’età, degli interessi e del luogo di residenza. Parte integrante della strategia è stata coinvolgere anche quelle persone che, per ragioni anagrafiche, non avevano ancora diritto al voto, ma potevano comunque fare la propria parte condividendo contenuti, informando i propri conoscenti e, soprattutto, accompagnando di persona i potenziali elettori a registrarsi presso gli uffici pubblici (passo necessario per poter votare negli USA).

L’obbiettivo non era solo convincere le persone indecise della necessità di pari diritti per tutte le coppie, ma soprattutto fare leva sulla coscienza di quella maggioranza di persone che in famiglia, sul lavoro, nel proprio quartiere di residenza, interagisce quotidianamente con persone omosessuali: “Se vinciamo queste lotte è perché gli americani sanno che le persone LGBT sono i loro vicini, i loro cugini, le loro zie e i loro zii” ha sottolineato in proposito Michael Cole-Schwartz di Human Rights Campaign “sono le persone che siedono al loro fianco in chiesa e quelle con cui fanno acquisti al supermercato.

La strategia di Davis e dei suoi colleghi ha funzionato, i contenuti postati sono stati condivisi a ritmo esponenziale e, a 100 giorni dall’inzio della campagna, nei quattro stati hanno prevalso i diritti delle coppie LGBT. L’esperienza positiva di TheFour2012 aiuta a individuare alcune interessanti dinamiche nell’utilizzo dei social media a scopo politico e umanitario. Innanzitutto, i contenuti che più venivano condivisi (e che quindi meglio riuscivano a bucare lo schermo) erano quelli corredati da un’immagine, in particolare immagini di star contenenti una citazione e infografiche. Davis e colleghi sono riusciti a individuare questo trend nelle prime fasi della campagna, ricalibrando così la produzione di contenuti in modo da ottimizzare visibilità ed efficienza. Un discorso differente è valso invece per i contenuti video: “Ci siamo accorti che i video condivisi riuscivano a creare risonanza solamente quando includevano un elemento di notizia o quando si trattava di documentari” ha spiegato Davis “In generale, tuttavia, i video hanno dimostrato più attrito di immagini e infografiche, per il semplice fatto che la fruizione di un contenuto video richiede tempo che non sempre le persone sono disposte a concedere.

Ryan J. Davis e gli attivisti di TheFour hanno dunque dimostrato che la Rete, e in particolare i social media, possono essere uno strumento formidabile per catalizzare consenso e sensibilizzare l’opinione pubblica verso il voto. E in Italia? A differenza di quanto le polemiche che puntualmente costellano le campagne elettorali e i festival nazionalpopolari, gli italiani sono sempre più inclini a supportare coppie di fatto e unioni riconosciute tra persone dello stesso sesso. Come rivelano i dati forniti da Davis, se nel 2009 il 40,4 per cento affermava di essere d’accordo con l’unione matrimoniale tra persone dello stesso sesso, nel 2012 la percentuale aveva toccato quota 43,9. Una crescita non esattamente esplosiva, ma costante.

Anche nel nostro caso, come nei quattro stati americani, esiste una fetta importante della popolazione che è già favorevole a questo tipo di diritto. In occasione di un referendum futuro o di un’istanza proposta in parlamento, una campagna simile a TheFour potrebbe fare la differenza (sebbene lo stesso Davis riconosca che la televisione abbia ancora un peso estremo nel determinare le decisioni di voto e nell’influenzare l’opinione pubblica), soprattutto se coadiuvata da nuovi strumenti di social engagement progettati appositamente per semi-automatizzare le campagne social, come la piattaforma Amicus .

Quello che appare evidente, però, è l’enorme potenzialità che si cela negli strumenti che tutti i giorni utilizziamo per informare il mondo che il nostro labrador ha avuto i cuccioli e che invece possono trasformarsi in megafoni interconnessi capaci di amplificare esponenzialmente le opinioni che negli ultimi anni di predominio televisivo sono sopravvissute per forza di cose in una posizione di minoranza.

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Fabio Deotto