Trump Putin Helsinki
Chris McGrath/Getty Images - 16 luglio 2018
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Russiagate, così Trump e Putin sfidano la realtà

“Nessuna ingerenza nelle elezioni Usa”. Intanto restano i nodi da sciogliere: dalla Siria all’Ucraina al nucleare iraniano. Vittoria per la propaganda russa

“Una farsa”, “una caccia alle streghe”, una “vergogna”. Il presidente americano Trump ha liquidato così il Russiagate, stravolgendo (ancora una volta) la scaletta dell’incontro con il leader russo Putin a Helsinki.

Il summit del 16 luglio 2018 in Finlandia si è concluso con un fuoriprogramma: le indagini sulle presunte interferenze russe nelle elezioni Usa sono diventate il tema principale di un vertice che, nelle intenzioni delle vigilia, avrebbe dovuto invece affrontare i dossier sull’Ucraina, la Siria, il nucleare iraniano e i rapporti commerciali tra le due Superpotenze.

Alla fine, invece, Trump e Putin hanno offerto al mondo un’immagine di sintonia su un tema spinoso (e “pericoloso” per il Capo della Casa Bianca) come quello dei rapporti tra lo stesso Trump e il Cremlino nel pieno della campagna elettorale per le presidenziali del 2016: “La Russia non ha mai interferito né interferirà negli affari interni americani” ha dichiarato Putin in conferenza stampa. D’accordo Trump, che però ha scatenato la reazione negativa anche di parte dei Repubblicani, ai quali il Presidente statunitense è apparso troppo “remissivo” nei confronti di Mosca.

Una posizione che potrebbe indebolirlo alla vigilia delle elezioni di Midterm di novembre e all’indomani dell’incriminazione di 12 funzionari dell’intelligence russa proprio nell’ambito delle indagini del procuratore speciale Mueller sul Russiagate.

Il dossier sul Russiagate

L’inchiesta sul Russiagate è stata un disastro, ci ha tenuti separati. Una farsa. Dobbiamo ancora trovare le prove. E' stata una campagna elettorale onesta. Ho battuto correttamente Hillary. Il Russiagate ha messo in difficioltà le relazioni delle due più importanti potenze nucleari”. Così il presidente americano Trump ha affrontato il dossier sulle presunte interferenze russe alle presidenziali Usa del 2016.

Un tema che il suo staff avrebbe consigliato di non affrontare o almeno di relegare ai “titoli di coda”, mentre ha finito col diventare l’argomento delle prime pagine di tutto il mondo. Per Trump, dunque, non ci sarebbe stata alcuna interferenza del Cremlino nelle elezioni. D’accordo lo stesso presidente russo: “Sono menzogne” ha sostenuto Putin, aprendo alla possibilità che i 12 funzionari dell’intelligence militare russa incriminati dal procuratore speciale Mueller possano essere ascoltati dagli inquirenti statunitensi.

Le indagini Usa e i possibili sviluppi

“Potremmo far venire gli uomini di Mueller nel nostro Paese” ha spiegato il presidente russo, illustrando quella che poteva apparire come un’apertura agli inquirenti statunitensi del Russiagate. “Ma esistono delle convenzioni – ha subito aggiunto Putin – Dovremmo avere anche noi la possibilità di poter interrogare cittadini americani coinvolti in vicende di spionaggio”.

“Mi sono occupato di intelligence. Siamo uno stato democratico. Anche l’America lo è, non potere certo negarlo. La verità arriverà soltanto da un processo. L’ultima parola spetta soltanto ad un tribunale” ha proseguito il leader russo, prima dell’affondo finale: “Ribadisco: c’è un trattato. Inviateci una richiesta e noi risponderemo. Anche noi però potremmo poi chiedere di interrogare cittadini statunitensi”.

Il caso Browder e il “ricatto” di Putin

Il riferimento di Putin era al “caso Browder”, ovvero il fascicolo aperto nei confronti di William Browder, accusato in Russia di frode ed evasione fiscale. Le parole del capo del Cremlino, che sembrano essere piaciute a Trump, si sono rivelate in realtà un boomerang per lui in patria.

Il  Capo della Casa Bianca è apparso soddisfatto dell’intervento di Putin, soprattutto quando questo ha affermato: “So di queste voci secondo cui abbiamo raccolto informazioni compromettenti su Trump quando si trovava a Mosca. Ma vi dico che io neppure sapevo che si trovasse in Russia”.

Trump-Putin: chi ne esce più “forte”?

Se Trump ha parlato di nuova fase di disgelo, che prelude a un futuro di collaborazione e pace tra le due Superpotenze, definite non come “avversari” ma come “concorrenti”, proprio l’esito dell’incontro ha scatenato la dura reazione di una parte degli stessi Repubblicani americani. “Mai avrei pensato di vedere il giorno in cui il nostro Presidente americano, accanto a quello russo, incolpa gli Stati Uniti per una aggressione russa. “E' vergognoso” ha commentato via Twitter il senatore Jeff Flake.

Più duro Ben Sasse, che ha definito “bizzarre” le parole di Trump, “sbagliate” e che “assicurano a Putin la vittoria propagandistica di cui ha bisogno”. Stessa linea per Paul Ryan, ex sfidante alle primarie Repubblicane e ora Speaker alla Camera, mentre Lindsey Graham ha parlato di “opportunità persa per affrontare la Russia sulle sue responsabilità a proposito delle interferenze nel 2016 e lanciare un duro monito in vista delle future elezioni”, tanto che per il senatore Trump avrebbe mostrato una “debolezza” che “creerà più problemi di quanti ne risolverà”.

Non poteva che essere negativa la reazione anche dell’ex direttore della Cia, John Brennan, mentre Anderson Cooper, anchorman della Cnn dichiaratamente anti-Trump, ha definito la conferenza stampa “sovversiva”.  

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L'umiliazione di Trump a Helsinki, vista da Axios.com

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Trump-Putin: sintonia reale?

Se alla vigilia del summit finlandese 18 membri Democratici della Commissione esteri della Camera avevano chiesto cancellare l’incontro, ora le posizioni sono ancora più dure. Quello che più temevano era infatti ciò che Trump e Putin avrebbero potuto dirsi durante il faccia a faccia privato senza i rispettivi funzionari e consiglieri, ma semplicemente con i soli interpreti al loro fianco. Per questo avevano sottolineato che “a causa delle tue (di Trump, NdR) costanti espressioni di simpatia per Vladimir Putin, i tuoi conflitti di interesse e i tuoi attacchi ai nostri più stretti alleati, non abbiamo la certezza che puoi negoziare fedelmente con il leader russo, e ti invitiamo a cancellare la riunione”.

Ora le parole dei due leader hanno creato ancora più diffidenza. I due presidenti hanno affrontato anche il dossier Ucraina, quello sulla Siria e sulla proliferazione delle armi nucleari, senza di fatto allontanarsi da dichiarazioni di intenti ampiamente previste. Le attenzioni rimangono invece sul Russiagate e i rapporti Washington-Mosca in vista delle elezioni di Midterm americane.

La “palla” a Trump

Putin ha chiuso l‘incontro regalando simbolicamente un pallone dei Mondiali di calcio appena conclusi nel suo Paese a Trump. “Gli dò la palla in modo che sia nel suo campo..." ha spiegato, riferendosi al passaggio di testimone in vista dei Mondiali negli Usa nel 2026, ma forse anche alludendo a ben altra partita che Trump deve ancora giocare in patria.

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Eleonora Lorusso