Giuseppe Conte dpcm Covid
(Ansa)
Politica

Conte ci chiude in casa a Natale per i suoi errori e non chiede scusa

Il Dpcm è così duro perché paghiamo gli errori, del governo che ha mal gestito l'estate scorsa e l'arrivo della seconda ondata

Il Dpcm sugli spostamenti (vietati) di Natale fa discutere, anzi, fa arrabbiare. Al punto che la stessa maggioranza è arrivata divisa per non dire dilaniata davanti ad alcune decisioni per nulla condivise, come sul divieto di spostamenti persino da un comune all'altro nei giorni caldi, 25, 26 dicembre e 1 gennaio.

Nel merito è evidente come le chiusure decise creano disparità assurde. Da una parte si permette ad esempio ai cittadini di Roma (quasi 2 milioni di persone) o di Milano (1.600 mila) di muoversi liberamente, di incontrarsi, di vedersi, mentre impedisce a 1 milione e 200 mila abitanti (tanti sono nell'intera regione) del Friuli Venezia Giulia di poter uscire dal loro comune. Che senso ha tutto questo?

A ben guardare però più che quello che contiene, la cosa che irrita è quello che manca, cioè le scuse che il governo, primo tra tutti il premier, devono a noi italiani.

Questo Dpcm si basa infatti su due considerazioni. La prima, lo hanno ripetuto tanto i medici quanto i politici, è che «non possiamo ripetere gli errori di agosto». Ecco. Di chi sarebbero questi errori? Chi ha sbagliato la scorsa estate? Gli italiani o il governo? Chi ha concesso che le discoteche fossero aperte (in nome del business) fino al 16 agosto? I giovani che sono andati a ballare o l'apposito Dpcm? E, ancora. Chi non ha saputo organizzare il trasporto pubblico (altro focolaio nazionale) o l'orario di ingresso delle scuole superiori? Gli studenti italiani o il governo?

Cosa prevede il Dpcm di Natale

Oggi, mentre Conte con la solita e ormai fastidiosa conferenza stampa in prime time tv, ci dice che il giorno di Natale non potremo fare compagnia a nostro padre, anziano e magari anche solo, ma che ha la colpa di vivere in un altro comune, perché «non possiamo ripetere gli errori di agosto...», dovrebbe dire per prima cosa «italiani, vi chiedo scusa».

La seconda considerazione su cui si basa il Dpcm del Natale più amaro della storia è la seguente: vi chiudiamo in casa perché altrimenti, lo sappiamo come siete fatti, trasformereste il pranzo in un happening da 30 persone. Perché, è il sottinteso, siete un popolo di stupidi, che non rispetta le regole, che non ha capito la situazione.

Di sicuro ci saranno dei furbetti, come ci sono sempre stati. Di sicuro qualcuno radunerà attorno al tavolo tuta la famiglia e farà finta di niente. Ma sappia il nostro Presidente del Consiglio che la stragrande maggioranza dei suoi concittadini sa benissimo cosa e come. Chiede solo di poter incontrare, pochi minuti, dal vivo e non tramite lo schermo di un computer, i parenti più stretti. Non è un caso che sia in corso una vera e propria caccia al tampone del 23 o 24 dicembre, al sierologico, a qualsiasi controllo esistente per poter stare insieme pochi minuti nella massima sicurezza possibile.

Con questo Dpcm il governo, il suo Presidente, entra nelle case degli italiani come mai era successo prima d'ora. Entra nell'intimo delle nostre vite, negli affetti più profondi. E lo fa, lo ribadiamo, per colpa sua, perché la scorsa estate ha sbagliato tutto, portandoci nel pieno di una seconda ondata di cui è il vero responsabile.

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Andrea Soglio