Tutti contro Ignazio Marino
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Tutti contro Ignazio Marino

Numeri e avversari in Campidoglio minano l’approvazione del bilancio entro il 30 novembre

Un commissario straordinario per Roma? Fino a pochi giorni fa qualunque protagonista della vita politica cittadina avrebbe escluso categoricamente questa eventualità. Magari anche con un gesto ampio delle braccia, come a dire: «Addirittura!». Ma è proprio quel che potrebbe rivelarsi inevitabile nel giro di un paio di settimane. Frutto della convergenza fra le straordinarie (ancorché prevedibili) difficoltà del bilancio comunale e la spiccata (e imprevedibile) insipienza politica del sindaco Ignazio Marino.

Il preavviso di sfratto glielo ha recapitato pubblicamente domenica 24 novembre Alfio Marchini, sulla carta il candidato più forte in vista di un’ipotetica competizione elettorale ravvicinata, presentandosi alla seduta per l’approvazione del bilancio con uno scatolone pieno di decine di migliaia di emendamenti e pronunciando un discorso di inusitata durezza: «Con la drammaticità dei numeri contenuti in questo documento» ha detto «sei mesi sono un’eternità sufficiente per sancire la fine di un ciclo politico che con questa convocazione domenicale sta celebrando il suo inesorabile epilogo. Non credo che un commissario possa fare meno o peggio di quanto fatto da questa amministrazione con la sua azione di governo». Un’apertura delle ostilità che mette a nudo in modo drammatico l’isolamento di Marino. Il pugilato verificatosi lo stesso giorno nell’aula Giulio Cesare (con la manata al volto rifilata da Dario Rossin di Fratelli d’Italia a un consigliere del Pd e una gomitata in testa allo stesso sindaco) in fondo aggiunge solo una pennellata di colore al clima di disastro incombente che circonda la giunta del Campidoglio.

I numeri sono tutti contro il sindaco. Quelli del bilancio, ovviamente, con gli 867 milioni di deficit denunciati come eredità dalla gestione di Gianni Alemanno, 600 dei quali il governo ha concesso di «parcheggiare» nella gestione del debito pregresso. Questa soluzione, presentata da Marino come un grande successo personale, è in realtà una toppa piccola e malcerta che scoprirà nuovamente il buco già nel corso del 2014. Anche perché il prossimo anno, questo è certo, sarà durissimo per le finanze della capitale.

Ma a condannare Marino oggi sono anzitutto i numeri del consiglio comunale. I gruppi di Forza Italia, Nuovo centrodestra, Fratelli d’Italia, a cui ora si aggiunge Marchini, sono più che sufficienti, se decideranno di fare ostruzionismo tutti insieme, per impedire l’approvazione del bilancio entro il 30 novembre.

A partire da quella data il prefetto può concedere 20 giorni, durante i quali è prevedibile la solita bagarre di trattative più o meno nascoste che la terminologia politica definisce ipocritamente «manovra d’aula». Diverse volte in passato l’approvazione del bilancio è arrivata proprio ai tempi supplementari. Ma il sindaco possiede l’esperienza e le caratteristiche psicologiche per quel gioco da politici consumati? A giudicare dalle prove sostenute finora pare proprio di no. Quindi la sua unica speranza è un intervento sui gruppi consiliari di Enrico Letta e Angelino Alfano, che potrebbero ritenere il commissariamento di Roma troppo pericoloso per la stabilità del governo.

Nei sei mesi trascorsi dalla sua elezione, il sindaco può vantare, nell’ordine: l’annuncio di una pedonalizzazione dei Fori poi rivelatasi una mezza patacca; nomine e assunzioni fatte in modo a dir poco disinvolto, dal comandante dei vigili urbani senza il requisito dell’esperienza di comando al capostaff del vicesindaco con falsa laurea, per finire con il capo della sua segreteria, anche lui privo di laurea, in una posizione che invece la prevede espressamente (e che a differenza degli altri due è ancora lì); lo scompiglio creato con la denuncia di un maxiconcorso effettuato dalla giunta precedente, salvo poi andare avanti con il medesimo concorso, ingenerando come minimo il dubbio che si tratti solo di una trovata mediatica.

La larghezza nelle assunzioni dall’esterno, insieme alla delusione per la promessa tradita sullo sblocco delle carriere interne, ha provocato giorni fa una manifestazione in Campidoglio, affacciandosi alla quale perfino l’ex sindaco Gianni Alemanno è stato accolto da applausi scroscianti.

Resta da dire dei rapporti con i grandi poteri della città, anzitutto quello con il costruttore-editore Gaetano Caltagirone. Una delle grane più ostiche che si trova ad affrontare Marino riguarda la Metro C. Il suo assessore al Bilancio Daniela Morgante ha avanzato il sospetto di irregolarità nelle varianti dei lavori e ha diffidato il ragioniere generale dal firmare i pagamenti. Il sindaco vorrebbe che i soldi venissero sbloccati, i lavori rimessi in movimento, i licenziamenti evitati. Ma non riesce a controllare il suo assessore, un magistrato della Corte dei conti che non arretra di un passo. Anche questo contribuisce alla debolezza di Marino, mal sopportato ora anche dal Pd, che ha acconsentito a sostenerlo in consiglio comunale solo in cambio della promessa di un rimpasto di giunta subito dopo l’approvazione del bilancio. Sarebbe un vero contrappasso, se a far cadere il sindaco della società civile fosse un assessore più impolitico di lui.

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Stefano Caviglia