Blocco stipendi, la Consulta salva solo i magistrati
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Blocco stipendi, la Consulta salva solo i magistrati

La Corte costituzionale fa il bis: con la sentenza n° 210 del 17 dicembre ha confermato che il blocco degli stipendi pubblici non vale solo per la categoria.

Malgrado il redattore della sentenza si chiami Giancarlo Coraggio, evidentemente la Corte costituzionale non ha avuto proprio l'animo di pubblicizzarla al massimo. A dire il vero, anzi, la sentenza numero 310 del 17 dicembre 2013 della Consulta è passata proprio sotto il totale silenzio. A leggerla, si capisce perché. In quell'ordinanza la corte, rigettando il ricorso presentato dai docenti universitari, ha ritenuto legittimo (per esigenze di equilibrio del bilancio statale) il blocco degli stipendi dei pubblici dipendenti e dei loro diritti, con una sola eccezione: i magistrati.

Già graziati dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 223 del 2012, che aveva già dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma (il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, intitolato "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica") che bloccava ii meccanismi di adeguamento retributivo per il personale della magistratura, i magistrati di ogni ordine e grado possono quindi dormire sonni tranquilli.

La pronuncia evidenzia in particolare le “peculiari modalità di attribuzione dell’adeguamento, mediante acconti e conguagli, per il solo personale della magistratura" e riafferma che attraverso la legge, sulla base dei principi costituzionali, “ha messo al riparo la magistratura da qualsiasi forma di interferenza che potesse, sia pure potenzialmente, menomarne l’autonomia e l’indipendenza, sottraendola alla dialettica negoziale".  

Purtroppo per loro, tutto questo allegro svolazzio di diritti non vale per le altre categorie, né per i docenti del settore pubblico. Scrive infatti la Corte che "il sacrificio imposto al personale docente, se pure particolarmente gravoso per quello più giovane, appare, in quanto temporaneo, congruente con la necessità di risparmi consistenti ed immediati". 

Le categorie che avevano fatto ricorso ora annunciano appello: "È una sentenza scandalosa" dice Michele Poerio, segretario nazionale della Confedir (dirigenti scolastici) "che impugneremo davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo per violazione dei diritti dell'uomo e della contrattazione collettiva. La sentenza determina trattamenti diversi e opposti nei confronti di dipendenti pubblici, alcuni dei quali - i magistrati - vengono tutelati dalla grave perdita del potere di acquisto del loro reddito, diversamente da altri con stipendi ben inferiori ed a volte alla soglia di povertà".

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