E Pomarici scrisse a Bruti: "Perché il rubygate a Boccassini?"
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E Pomarici scrisse a Bruti: "Perché il rubygate a Boccassini?"

Due lettere inedite, scritte nel 2010 al suo capo mettono ulteriore pepe alla già piccante situazione a Palazzo di Giustizia di Milano

Il contrasto in atto alla Procura di Milano tra il capo Edmondo Bruti Liberati e il suo aggiunto Alfredo Robledo? Non corrisponde al vero, hanno scritto 62 pm milanesi, "l’immagine di una procura dilaniata da contrapposizioni interne". Dilaniata forse no, ma assai divisa sicuramente sì. Basta leggere le due lettere che un sostituto di peso, Ferdinando Pomarici, ha inviato nel novembre 2010 a Bruti Liberati, lettere depositate dallo stesso magistrato dopo l’audizione al Csm del 13 maggio scorso, per capire che il disagio covava da tempo e riguardava più fronti. Non solo il caso dell’esecuzione della pena inflitta al direttore del Giornale Alessandro Sallusti, esplosa più tardi, ha fatto storcere il naso ad alcuni prestigiosi magistrati della procura. Ma anche altro.

Nella prima lettera, il 16 novembre, Pomarici annuncia al capo che non intende più partecipare alle riunioni di vertice: "Il disagio si è fortemente acuito per effetto di alcune tue scelte recenti che assolutamente non condivido. E seppure io non possa né voglia criticarle, trattandosi di decisioni di tua esclusiva competenza, non intendo avallarle in alcun modo". A cosa si riferisce Pomarici? Lo spiega nella seconda lettera del 19 novembre. Anzitutto alla scelta di una giovane collega alla Direzione distrettuale antimafia: "Mi sembra priva di alcun requisito idoneo, se non quello, pare, di essere stata uditrice giudiziaria dell’attuale coordinatore (cioè Ilda Boccassini, ndr), connotazione che non mi sembra corrispondere ai parametri fissati dall’art. 70 bis dell’ordinamento giudiziario". Incalza Pomarici: "Colleghi ben più anziani e meritevoli (...) si sono sentiti mortificati e, temo, disincentivati". Ancora: "Mi stupisce che un esponente storico come te di Magistratura democratica, che si è sempre caratterizzata per le battaglie più decise in tema di trasparenza e oggettività nei concorsi interni, abbia poi rinunciato a tali principi quando, forse, richiesto di derogarvi da chi gradiva l’assegnazione di colleghi di propria personale fiducia".

Un’altra scelta "incondivisibile", scrive Pomarici a bruti Liberati, riguarda il procedimento sul Rubygate: ancora una volta, Pomarici critica l’ingerenza della Dda. "A che titolo" chiede "è intervenuto direttamente il relativo coordinatore (cioè Boccassini, ndr) esercitando un’informale autoassegnazione del procedimento?". Si tratta della "violazione di una norma di estrema rilevanza, che ha costituito per anni il cavallo di battaglia anche di Md, proprio per evitare il fenomeno deprecato delle assegnazioni pilotate, fonte di timore diffuso che anche le successive indagini possano apparire parimenti pilotate". Già dal novembre 2010, insomma, Ferdinando Pomarici puntava il dito sull’attribuzione anomala dei fascicoli. Una miccia innescata da tempo, ma esplosa soltanto adesso.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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