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Elezioni in Germania: come i neonazisti possono ostacolare la Merkel

L'ascesa di Petry e del partito xenofobo rischia di cambiare gli equilibri nel Parlamento tedesco. E di rendere difficile il quarto mandato del cancelliere

Nell’anno della morte dell’ex Cancelliere Helmut Kohl, il Cancelliere della Riunificazione, forse non è un caso se le due figure di maggior spicco della scena politica tedesca provengano entrambe dalla DDR, l’ex Germania socialista oltre cortina di ferro.

Due donne, infatti, Angela Merkel e Frauke Petry (leader del partito ultra conservatore Alternative für Deutchland) sono le vere avversarie delle elezioni tedesche di domenica 24 settembre, dando per scontata la sconfitta del candidato socialdemocratico Martin Schulz.

L'ascesa della Petry e del suo partito xenofobo pone un interrogativo che scuote le coscienze tedesche: la Merkel, vincitrice annunciata, rischia di trovarsi in parlamento una forte opposizione neo-nazista?

L'ascesa di Alternative für Deutchland

Gli ingredienti non mancano. Da una parte è troppo scarsa la differenza programmatica tra l’offerta politica della Merkel e quella di Schulz perché un elettorato prudente come quello tedesco debba scegliere l’alternanza tra i due; mentre dall’altra la propaganda anti-immigrati e anti-euro di Alternative für Deutchland ha trasformato questa piccola formazione nata solo nel 2013, nel terzo partito nazionale.

Da lunedì i suoi rappresentanti non siederanno più solo nei parlamenti regionali, ma avranno raggiunto il Bundestag, il parlamento federale. Non è poco. Anche come simbologia, visto che la massima assemblea si riunisce nel palazzo del Reichstag, dove nel 1945 è crollata la follia nazista ed è iniziato il percorso della Germania democratica culminato nella Riunificazione del 1990.

Già perché per Petry la CDU di Angela Merkel ha tradito i valori conservatori, svendendo il Marco tedesco (troppo debole per la Germania e troppo forte per paesi come Grecia e Italia) all’Europa tecnocratica dei banchieri, aprendo indiscriminatamente i propri confini nazionali all’invasione dei migranti e permettendo alla Russia atteggiamenti minacciosi.

Il programma (nazista) di Petry

Raccogliendo i voti del Partito Nazionaldemocratico (Npd) di fede neonazista e di molti scontenti, concentrati nelle regioni dell’ex Germania Est, Petry ha pronta un’agenda politica a dir poco provocatoria e quasi alla Trump (di cui è un’estimatrice della prima ora): come ad esempio l’idea di deportare tutti i migranti su alcune isole extra-europee (dividendo gli uomini dalle donne) e di lasciarli lì a tempo indeterminato. Certo, il tutto sotto tutela ONU e garantendo il rispetto dei diritti umani, ma in ogni caso della necessità di deportare gente si parla per la prima volta nella Germania democratica.

Forse per questo Angela Merkel è consapevole di come una vittoria netta sia cruciale, e non tanto per garantire la governabilità. La mentalità tedesca non prevede “ingovernabilità”: nel caso si rendesse necessaria è sempre pronta la Grosse Koalition tra CDU e SPD che funziona da anni, ma tutt’altro discorso è invece riuscire a ridimensionare l’ascesa di Alternative für Deutchland, perché un’affermazione dell’estrema destra nel cuore dell’Europa darebbe nuovo impulso ai vari nazionalismi, a partire dalla vicina Ungheria dove Petry plaude incondizionatamente all’operato, e alla visione, di Viktor Orbán.

Perché gli scenari possono cambiare

Sembrerà banale, ma una cosa è l’eco di ciò che accade a Budapest, un’altra ciò che potrebbe accadere e Berlino. Se Frauke Petry dovesse riuscire a trasformare il 20% ottenuto dal suo partito (giunto addirittura al 25% in Sassonia) alle Regionali in un’affermazione nazionale, Angela Merkel si troverebbe di fronte ad un quarto mandato quanto mai complesso. Forse il più difficile di tutta la sua carriera politica. Mai vittoria annunciata è stata meno dolce e più densa di nere nuvole all’orizzonte.

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Alessandro Turci

Alessandro Turci (Sanremo 1970) è documentarista freelance e senior analyst presso Aspenia dove si occupa di politica estera

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