Barcellona, chi c'è dietro l'attentato
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Barcellona, chi c'è dietro l'attentato

Dietro l'attacco rivendicato dallo Stato Islamico, numerosi movimenti radicali molto attivi in Spagna

Dal 2015 a oggi in Spagna sono stati 224 gli arresti per terrorismo internazionale operati dalle autorità di sicurezza.

Arresti e fermi di polizia che hanno permesso di sventare almeno dieci attentati in procinto di essere messi in atto.

Uno di questi è stato compiuto lo stesso il 17 agosto 2017 nel cuore di Barcellona.

A portarlo a termine un gruppo di estremisti islamici di cui, al momento in cui scriviamo, non si conoscono ancora le generalità ma che secondo lo Stato Islamico, che ha rivendicato l’attacco, sono suoi appartenenti.

Quel che sappiamo è in ogni caso che in Spagna i movimenti radicali islamici sono molto attivi e numerosi, forti della vicinanza del Nord Africa, che contribuisce al proliferare della popolazione musulmana in Spagna (oltre un milione di fedeli), e al conseguente innalzarsi del numero di moschee (un migliaio) e centri di attivismo islamico all’interno dei quali si annida un’agguerrita minoranza di estremisti.

È il caso dei centri islamici d’ispirazione salafita - la versione più estremista della religione coranica, abbracciata tra gli altri dai miliziani dello Stato Islamico - che si sono via via diffusi prima a nord e nei Paesi Baschi, poi anche a Madrid, Saragozza e Guadalajara.

Mentre la Fratellanza Musulmana - movimento politico sorto in Egitto negli anni Cinquanta e oggi al bando in numerosi paesi arabi per la sua pervicace ricerca di sostituire con la legge coranica le istituzioni laiche nazionali - controlla numerose moschee sparse nel paese, dall’Andalusia a Valencia e soprattutto a Madrid, finanziandole attraverso ingenti donazioni provenienti dal Medio Oriente e destinate a oscure fondazioni islamiche in loco, che foraggiano attività semi o del tutto illegali.

C’è poi il movimento Morabitum che si batte per l’islamizzazione della Spagna e dell’Europa intera, puntando al sogno di fare del Vecchio continente una periferia islamica della cosiddetta “Eurabia”. Le attività del gruppo sono concentrate soprattutto a Granada e da qui s’irradiano in tutta la Spagna, raggiungendo persino Maiorca e ovviamente anche Barcellona.

I salafiti a Barcellona e in Catalogna

Proprio la regione della Catalogna, di cui Barcellona è l’irrequieta capitale (da anni gli autonomisti chiedono l’indipendenza della regione da Madrid), è diventata negli ultimi anni una selva inestricabile di moschee e centri islamici, la maggior parte dei quali è sotto il pieno controllo degli islamisti.

Come riporta Stefano Piazza nel saggio “Allarme Europa – il fondamentalismo islamico nella nostra società”, le autorità spagnole hanno censito oltre 50 moschee salafite della Catalogna, senza tener conto delle numerose moschee improvvisate in case, garage e addirittura dentro navigli in disuso: i comuni di Reus (Catalogna), Torredembarra (Tarragona), Vilanova i la Geltru (Barcellona) e Salt (Provincia di Girona) sono quelli sotto la lente dei servizi di sicurezza spagnoli a causa dei molteplici fatti di cronaca e delle numerose operazioni di controterrorismo, tra le quali vale la pena di citare la Operación Kartago del 2013 contro una cellula di islamisti tunisini e la Operación Caronte del 2015, che ha sgominato un gruppo di fuoco jihadista pronto ad agire proprio a Barcellona.

Molte altre operazioni di polizia sono seguite da allora, ma il risultato è sempre lo stesso: per quante azioni di contrasto vengano effettuate, una parte non marginale del radicalismo sfugge al controllo delle autorità. Proprio come hanno avuto modo di sperimentare le numerose vittime di Barcellona, falciate sulle Ramblas da una cellula attivata per portare avanti il sogno distorto di riportare in auge i secoli di dominazione arabo-musulmana della penisola iberica.

Al Qaeda e gli altri attentati

Un sogno condiviso anche da Al Qaeda - l’organizzazione terroristica di Osama Bin Laden (e oggi di Ayman Al Zawahiri) particolarmente attiva in questa parte d’Europa - che qui ha compiuto il più sanguinoso attentato islamista che il paese abbia sopportato: quello dell’11 marzo 2004 a Madrid, dove morirono quasi 200 persone, e preceduto solo da quello del 12 aprile 1985 al ristorante El Descanso di Torrejón de Ardoz, non lontano da Madrid, dove si trova tuttora una base aerea degli Stati Uniti, vero obiettivo del Gruppo del martire Abu Zaynab della Jihad islamica, autore di una strage che provocò 18 morti.

C’è infine da citare il movimento ultra radicale Takfir wa l-Higra (“anatema ed esilio”), meglio  noto col nome di Martiri per il Marocco, un gruppo dissidente dei Fratelli Musulmani, che si propone di portare avanti il Jihad nel paese.


L’Europa a nudo


Oggi la Spagna è dunque specchio di un’Europa infettata da un germe subdolo e maligno, quello del fanatismo religioso di matrice islamista, i cui pochi ma determinati adepti sono capaci di terrorizzare e paralizzare le metropoli di mezza Europa con azioni barbare e brutali dirette quasi esclusivamente contro la società civile.

La quale per parte sua non riesce a far altro che arretrare nella cultura dell’accoglienza e della tolleranza che sinora l’aveva contraddistinta, mentre le forze di sicurezza impazziscono per porre un argine al fenomeno che si fa sempre più esteso.

Un giorno tutto questo sangue cesserà di scorrere, ma la storia sarà chiamata a giudicare severamente questo folle periodo, ricordando come una società un tempo ispirata dall’illuminismo come quella europea abbia progressivamente perso la lucidità necessaria e infine la propria identità, per il rifiuto di guardare in faccia la realtà e l’ostinazione a non voler chiamare il nemico con il proprio nome.

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Luciano Tirinnanzi