Scazzottata elettorale tra Trump e Biden. Ma il confronto e’ senza sorprese
(Ansa)
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Scazzottata elettorale tra Trump e Biden. Ma il confronto e’ senza sorprese

Accuse, interruzioni. Il primo faccia a faccia tra i due candidati alla presidenza Usa conferma le differenze esistenti, personali e politiche

È stata una scazzottata (metaforica) quella tenutasi ieri sera a Cleveland (in Ohio), nel corso del primo dibattito televisivo tra Donald Trump e Joe Biden. Moderato dal giornalista di Fox News, Chris Wallace, il confronto si è rivelato serrato e non privo di colpi bassi. Il presidente americano è apparso a tratti incontenibile, interrompendo l'avversario e scambiando qualche piccata battuta con lo stesso Wallace. Biden ha invece ostentato spesso risate (un po' forzate), come arma per screditare le posizioni del rivale. Eppure, nonostante l'alta tensione, non si sono registrate troppe novità o svolte rispetto alla campagna elettorale in corso. Il dibattito ha difatti essenzialmente confermato i già noti punti di forza e debolezza di entrambi i candidati: un dibattito che quindi è forse destinato a rafforzare convincimenti pregressi negli elettori ma che potrebbe non riuscire a spostare un numero eccessivo di voti.

A livello generale, è apparsa subito chiara la strategia degli sfidanti. Biden ha teso a dipingere Trump come un presidente pessimo e sconclusionato, accusandolo di "non avere un piano" su svariate questioni e apostrofandolo come "pagliaccio". L'inquilino della Casa Bianca, dal canto suo, ha replicato additando il rivale come un politico fallito e – soprattutto – come ostaggio della sinistra radicale. "Ho fatto più io in quarantasette mesi che tu in quarantasette anni", ha detto a un certo punto Trump all'ex vicepresidente. Al di là delle rispettive strategie di fondo, i duellanti hanno mostrato un'altalena di forza e debolezze sulla base dei vari argomenti trattati.

In materia di Corte Suprema, si è registrato un sostanziale pareggio. I due hanno infatti rivendicato le proprie già note posizioni. Trump si è detto in diritto di procedere a una nuova nomina sulla base di quanto prescrive la Costituzione americana, ricordando che – differentemente da Barack Obama nel 2016 – può contare al momento su un Senato controllato dal suo stesso partito. "Le elezioni hanno conseguenze", ha chiosato il presidente. Biden, dal canto suo, ha dichiarato che l'avversario dovrebbe attendere le elezioni del 3 novembre, in cui – oltre che per l'inquilino della Casa Bianca – si voterà per rinnovare un terzo della camera alta. Tallone d'Achille del candidato dem si è tuttavia rivelato il non voler prendere posizione chiara sulla proposta, avanzata dallo stesso Partito Democratico, di riformare la Corte Suprema per aumentarne il numero di giudici. Scintille si sono poi registrate in materia sanitaria. "La posta in gioco qui è che il presidente ha chiarito che vuole sbarazzarsi dell'Affordable Care Act", ha detto Biden, che è stato prontamente accusato da Trump di voler una "medicina socialista". L'ex vicepresidente ha quindi cercato di smarcarsi dall'area più a sinistra del suo schieramento, affermando: "Sono io il Partito Democratico". L'inquilino della Casa Bianca non ha comunque esitato a citare un recente rapporto di due commissioni del Senato, che hanno messo in evidenza un fondato sospetto di conflitto di interessi che – tra il 2014 e il 2016 – avrebbe coinvolto Biden (all'epoca vicepresidente) e suo figlio, Hunter, in Ucraina.

Maggiormente in difficoltà Trump si è trovato sul coronavirus e sulla sua dichiarazione dei redditi. L'ex vicepresidente ha incalzato il rivale, esortandolo a rendere pubblici i propri documenti fiscali, mentre ha duramente criticato la gestione della pandemia, ha accusato l'avversario di non usare la mascherina e ha affermato che la distribuzione su larga scala di un eventuale vaccino non potrà che avvenire nel corso del prossimo anno. Il presidente ha invece sostenuto che il siero sarà disponibile "molto prima" e ha rinfacciato a Biden di averlo criticato come xenofobo, quando introdusse restrizioni sui voli di collegamento con la Cina a fine gennaio. In particolare, Trump ha accusato il rivale di voler chiudere l'economia americana. E proprio sull'economia i due se le sono suonate di santa ragione. Se Biden ha rinfacciato al presidente la crisi occupazionale, Trump ha replicato citando i dati positivi antecedenti alla crisi del coronavirus. In particolare, i candidati si sono affrontati sul settore manifatturiero, cercando di intestarsene tutela e rappresentanza. Problematica per l'ex vicepresidente la proposta di abolire la riforma fiscale repubblicana ed alzare la corporate tax. Non a caso, durante il dibattito, Biden ha cercato di glissare sulla questione.

Decisamente più forte Trump si è mostrato in materia di ordine pubblico. Se Biden ha cercato di presentarsi come il candidato inclusivo e in grado di unificare il Paese, il presidente gli ha innanzitutto rinfacciato di aver redatto il controverso Violent Crime Control and Law Enforcement Act del 1994 che – come notato in passato già da Bernie Sanders – si è attirato l'accusa di aver discriminato la comunità afroamericana. Inoltre, il presidente ha rivendicato il suo approccio nixoniano in stile "law and order", sottolineando di aver ricevuto l'appoggio delle forze dell'ordine. In particolare, Trump ha rimarcato che le città con maggiori problemi di ordine pubblico siano quelle amministrate dal Partito Democratico, additando quindi ancora una volta il rivale come ostaggio della sinistra radicale. Il presidente stesso ha incalzato direttamente Biden, chiedendogli se fosse a favore della linea "law and order". L'ex vicepresidente ha replicato cercando di mantenere una posizione tendenzialmente cerchiobottista. Non a caso, si è trovato in difficoltà quando Wallace gli ha chiesto che cosa intendesse per "reimmaginare la polizia" e se avesse contattato il sindaco (democratico) di Portland, per esortarlo a invocare la guardia nazionale contro i disordini esplosi in città. "Non ricopro cariche pubbliche adesso", è stata la replica (un po' debole) di Biden. Particolare sottolineatura è stata data al fatto che Trump abbia evitato di prendere chiaramente le distanze dal suprematismo bianco e da alcune sigle della destra ultraconservatrice. È giusto tuttavia anche evidenziare che, dall'altra parte, l'ex vicepresidente si sia limitato a una generica condanna delle violenze, non prendendo nettamente posizione contro gli estremisti di sinistra. Biden, in particolare, ha sostenuto - citando l'Fbi - che gli antifa non sarebbero un'organizzazione ma un'ideologia. Resta il fatto che, sul tema, una collocazione precisa il candidato dem deve ancora esplicitarla.

Scontro duro si è registrato anche sul clima, con i due candidati che hanno ribadito le proprie storiche posizioni. Se il deciso ambientalismo dell'ex vicepresidente può tradursi effettivamente in un incremento dei voti a livello nazionale, ben più complicata per lui può rivelarsi la situazione in alcuni Stati chiave, come la Pennsylvania, dove una parte consistente dell'economia è legata alla fratturazione idraulica: una pratica controversa di estrazione di gas naturale che Trump appoggia pienamente e su cui il ticket democratico non ha ancora mostrato di avere le idee troppo chiare.

Come accennato, al netto dello show televisivo, questo dibattito non ha offerto grandi novità sul piano politico e programmatico. Stesso discorso vale per lo stile e la tipologia di leadership. A fronte di un Trump (finanche troppo) esuberante, Biden si conferma un candidato privo di carisma, in grado di far leva pressoché esclusivamente sull'opposizione all'attuale presidente. Un presidente che, nonostante esagerazioni, errori e qualche omissis, resta il solo dei due avversari con una visione. Una visione che potrà anche non piacere. Ma che c'è. E la domanda alla fine resta sempre la stessa: a novembre gli americani potranno permettersi di votare esclusivamente in forza dell'anti-trumpismo?

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Stefano Graziosi