La scomparsa di Dio, il declino della religione, la ritirata del sacro. Da anni ormai il tema prevalente quando si parla di Dio e di religione in Occidente è l’annuncio della loro eclissi; a tratti qualcuno intravede il risveglio del sacro o il ritorno della fede, mentre i capi religiosi, a cominciare dal Papa, auspicano il dialogo interreligioso. Ma non ci interroghiamo più sul suo rovescio: l’ateismo. Già, che fine ha fatto l’ateismo? Dilaga e perciò ha smesso di essere annunciato; è diventato atmosfera.
Un tempo gli atei erano rari spavaldi che sfidavano Dio e la religione, si dichiaravano iconoclasti, portavano sulle spalle il peso dell’annuncio supremo: Dio non esiste. Oggi l’ateismo è un sottinteso, uno sfondo epocale, non viene quasi mai esplicitato e rivendicato apertamente con fierezza. Si lasciano porte socchiuse, vaghe brecce, ma prevale la rimozione.
A ben vedere, l’ateismo ha tre volti principali. C’è l’ateismo critico come negazione di Dio ed emancipazione dell’uomo, Dio visto come illusione che proietta in cielo sogni terreni e trasfigura umane dominazioni; c’è poi l’ateismo tragico che annuncia la morte di Dio, che si spegne nei cieli e nei cuori umani, segnando l’avvento dell’oscurità e della notte; c’è infine l’ateismo pratico in cui Dio sparisce nell’orizzonte della vita, è rimosso come un fantasma insensato.
Il primo ateismo critico nasce in seno alla società letteraria tra il Seicento e il Settecento, si fa strada tra gli intellettuali illuministi, i libertini, gli anticlericali e i giacobini; poi diventa nel nuovo secolo con Feuerbach e Marx la proiezione in cielo dei rapporti umani in terra, illusione e alienazione che nasconde dietro la superstizione e l’oscurantismo l’oppressione dei potenti sui sudditi, del clero sui credenti, dei ricchi sui poveri a cui si offre una consolazione ultraterrena delle ingiustizie e miserie patite in terra.
Il secondo ateismo è nell’annuncio di Nietzsche: Dio è morto. Ma è un annuncio tragico, perché la morte di Dio non segna l’emancipazione dell’uomo e dunque la fine dell’alienazione, come in Marx; ma prelude all’avvento del nichilismo, crollano i valori, i principi, la tradizione e i legami tra gli uomini, prevale l’egoismo e il piccolo materialismo degli «ultimi uomini»; si perdono le motivazioni per vivere, si precipita nel vuoto e nel nulla. Toccherà poi agli uomini superiori assumersi sulle loro spalle il lutto di Dio e dare un senso alla vita e alla terra; compito titanico, oltrepassare l’umano e rifondare i valori. Per Nietzsche, dunque, dopo l’oscurantismo della fede, non si accendono i lumi della ragione e dell’umanità emancipata: ma la morte di Dio segna l’avvento dell’oscurità, la notte del nichilismo e del caos.
L’ateismo che ha prevalso nella nostra epoca non è il primo, critico, e nemmeno il secondo tipo, tragico, è l’ateismo pratico di massa, ovvero la scomparsa progressiva di Dio nell’oblio, nell’indaffarata amnesia di una società che non riconosce alcun piano superiore a quello biologico e individuale, e vive il nichilismo come atmosfera e assenza di destino, senza rendersene conto. L’ateismo pratico non affronta Dio ma vive gli effetti della sua scomparsa nella vita quotidiana. La chiama libertà, autodeterminazione, volontà soggettiva; Dio si atrofizza, e così la fede, la religione, la speranza.
I tre volti dell’ateismo hanno una fonte unica in un mito: la rivolta di Prometeo contro il divino. Prometeo ruba il fuoco agli dei e lo dona agli uomini. Il mito di Prometeo suggestionò il giovane Marx e il giovane Nietzsche, che al titano dedicarono scritti precoci e in lui riconobbero «il liberatore dell’uomo». E poi concepirono il loro pensiero come la sua prosecuzione. Il lavoro, la lotta, la rivoluzione, per Marx; l’arte, la guerra, la trasvalutazione dei valori per Nietzsche.
Ma col senno di poi, possiamo dire che Prometeo si è preso gioco dei suoi due allievi filosofi: Prometeo annuncia l’avvento della Tecnica e sostituisce il pensare con l’agire tecnologico. Non c’è più bisogno del pensiero per trasformare il mondo; basta la tecnica, magari insieme all’economia. È la tecnica la sovrana dell’universo che si trasforma da mezzo in fine e riduce gli uomini a suoi strumenti; la sua espansione illimitata dissolve la lotta di classe (Marx) e la volontà di potenza (Nietzsche). Cosa è dunque accaduto? Da liberatore dell’umano, Prometeo si è rivelato liberatore dall’umano: il transumano, l’avvento dei robot, il dominio dell’Intelligenza artificiale, la manipolazione genetica sono i più vistosi annunci di un mondo sempre più disumano. Prometeo che annunciava il trionfo dell’uomo sul divino, ora annuncia il trionfo della tecnica sull’umano. Alla sostituzione di Dio segue inesorabile la sostituzione dell’uomo. Liberandosi dal cielo non abbiamo conquistato la terra ma ne stiamo perdendo il controllo e il senso; dopo la liberazione dal divino si profila la liberazione dall’umano. Qui si compie la parabola dell’ateismo, dalla fine di Dio al declino dell’uomo. Possiamo essere credenti o meno, possiamo ritenere fondata o insensata l’idea di Dio; ma resta il fatto che l’ateismo, ovvero la perdita di Dio, prelude nel nostro tempo alla perdita dell’umano. Riflettere sul nesso tra i due eventi dovrebbe essere un compito essenziale, decisivo del pensiero. Ignorandolo, cediamo alla scomparsa del pensiero e all’avvento del disumano.
