La Grecia, dalla guerra civile a Tsipras - Foto
Il difficile cammino della democrazia ellenica: da Metaxas alla dittatura dei colonnelli, alla battaglia di Syriza contro l'austerity dell'UE
La Grecia, dopo avere subito l'occupazione italo-tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale, si affacciò all' Europa postbellica ulteriormente scossa da una feroce guerra civile. Anche negli anni precedenti l'attacco dell'Asse, il paese si era allontanato dai princìpi della democrazia nata nelle poleis greche. Il primo ministro Ioannis Metaxas aveva infatti abolito la costituzione, ponendosi a capo di un regime autoritario sul modello del fascismo italiano.
Cacciati i tedeschi nel 1944, però, i focolai della divisione politica del paese nacquero dai membri della stessa Resistenza. Da una parte i combattenti "regolari" che rimasero al fianco degli Inglesi e dall'altra i partigiani comunisti organizzati dal KKE. I combattimenti durarono sino al 1948 quando gli ultimi ribelli sulle alture si arresero all'esercito regolare addestrato dagli inglesi e finanziato dagli americani.
Metaxas, la guerra civile e la NATO
Metaxas, la guerra civile e la NATO
Metaxas, la guerra civile e la NATO
Metaxas, la guerra civile e la NATO
Metaxas, la guerra civile e la NATO
Metaxas, la guerra civile e la NATO
Proprio l'interesse strategico della Grecia nel panorama geopolitico della Guerra Fredda fece sì che rapidamente fosse inclusa nel Piano Marshall e quindi nel Patto Atlantico e nella NATO. Influenzata dalla politica internazionale e dagli alleati, la Grecia fu governata negli anni '50 da una coalizione di centro-destra, caratterizzata da forte instabilità politica, mentre i partiti di sinistra furono banditi.Fu soprattutto la questione di Cipro, dopo la fine del mandato britannico, a destabilizzare ulteriormente la situazione greca a causa delle sempre più forti tensioni con la Turchia riguardo al dominio dell'isola mediterranea.
La Grecia degli anni '50
La Grecia degli anni '50
La Grecia degli anni '50
La Grecia degli anni '50
Nonostante negli anni '60 il paese godesse di uno dei tassi di crescita più alti del mondo (fino all'11% annuo), la politica non avanzò allo stesso modo. I governi di destra andarono in crisi dopo l'assassinio di un esponente pacifista della sinistra democratica, Gregoris Lambrakis, ucciso da militanti di destra nel giugno del 1963 durante un comizio. Alla conseguente caduta del governo conservatores di Kostantinos Karamanlis salì in carica un governo per la prima volta non sostenuto dalla destra, con a capo il centrista Georgios Papandreou.
Anni '60: la crescita e la crisi della democrazia
Anni '60: la crescita e la crisi della democrazia
Anni '60: la crescita e la crisi della democrazia
Anni '60: la crescita e la crisi della democrazia
Anni '60: la crescita e la crisi della democrazia
Anni '60: la crescita e la crisi della democrazia
Anni '60: la crescita e la crisi della democrazia
28 aprile 1967. Il giuramento della giunta dei colonnelli davanti a re Costantino. Da sx: Georgios Papadopoulos, Constantin Kollias, il re, Stylianos Pattakos, e Nikolaos Makarezos
Getty Images
Fu il giovane re Costantino II a far precipitare gli eventi verso la dittatura militare di tre anni dopo. Si scontrò infatti con Papandreou sulla questione del controllo dell'esercito costringendo quest'ultimo a dimettersi lasciando così la Grecia in mano a governi privi della fiducia parlamentare. Il re chiamò a sé un governo di uomini a lui fedeli, che tra i tumulti popolari durò fino alle elezioni del 1967.
Nel frattempo i vertici dell'esercito si organizzarono per la presa del potere, inscenando la minaccia di una imminente rivolta filocomunista. Furono gli ufficiali di rango inferiore, capitanati dal colonnello Georgios Papadopoulos a dare il via al golpe, che si consumò nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1967. Il regime dei colonnelli instaurò la legge marziale, mise al bando i sindacati, applicò la censura alla stampa e iniziò la persecuzione dei simpatizzanti di sinistra tramite l'uso sistematico della tortura per mano della polizia militare (Elliniki Stratiotiki Astynomia-ESA). Il 13 agosto 1968 Papadopoulos subì un attentato da cui uscì illeso. Fu arrestato l'esecutore, Alexandros (Aleikos) Panagoulis, un intellettuale e attivista che si era battuto fin dall'anno precedente contro i colonnelli. Incarcerato, fu lungamente torturato dalla polizia segreta. Inizialmente condannato a morte, la pena fu commutata in ergastolo che, dopo un tentativo di fuga, avrebbe dovuto scontare in totale isolamento (nella "tomba", come fu chiamata la cella dallo stesso Panagoulis). Durante il regime dei colonnelli molti furono i fuoriusciti, specie studenti, che sensibilizzarono l'opinione pubblica mondiale sulle violenze del regime di Atene. Uno degli esempi più famosi fu il suicidio a Genova dello studente greco Kostas Georgakis che il 19 settembre 1970 si diede fuoco urlando "Viva la Grecia libera!".
Nei primi anni 70 la crescita economica della Grecia rallentò sensibilmente fino alla crisi internazionale del 1973.
1967-1974: la dittatura dei colonnelli
1967-1974: la dittatura dei colonnelli
1967-1974: la dittatura dei colonnelli
1967-1974: la dittatura dei colonnelli
1967-1974: la dittatura dei colonnelli
1967-1974: la dittatura dei colonnelli
1967-1974: la dittatura dei colonnelli
L'inizio della distensione internazionale suggerì a Papadopoulos di concedere riforme e allentare la morsa della repressione. Il colonnello non poté però mettere in atto il suo programma in quanto fu destituito da uno dei suoi compagni di golpe, l'oltranzista Dimitrios Ioannidis. Dopo la rivolta del Politecnico di Atene del novembre 1973, il nuovo capo del governo usò il pugno di ferro. Con un altro colpo di mano decise di occupare militarmente l'isola di Creta, cacciando l'arcivescovo Makarios III e sostituendolo con la reggenza fantoccio di Nikos Sampson. La Turchia non stette a guardare e il 20 luglio l'isola fu invasa dall'esercito turco, che riportò Makarios al potere. La giunta, sconfitta, si dissolse rapidamente. Per la transizione fu richiamato Karamanlis, esiliato dal 1963, e tornò anche Papandreou. Dai leader nacquero i partiti che governarono la Grecia degli ultimi 30 anni, Nea Dimokratia e il Pasok.
La crisi di Cipro e il ritorno alla democrazia
La crisi di Cipro e il ritorno alla democrazia
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La crisi di Cipro e il ritorno alla democrazia
La crisi di Cipro e il ritorno alla democrazia
La crisi di Cipro e il ritorno alla democrazia
Quest'ultimo partito fu al governo per tutti gli anni '80 quando entrò in crisi per una serie di scandali politici legati alla figura dell'imprenditore greco-statunitense Georgios Koskotas, magnate della Banca di Creta e dei nuovi media greci. Lo stesso leader del Pasok, Papandreu, fu coinvolto e dovette ritirarsi dalla politica. Ritornò alcuni anni più tardi per un altro decennio di governo, in cui furono varate diverse riforme amministrative e in cui la Grecia entrò definitivamente nell'orbita dei paesi dell'Eurozona. Nel 2004 il Pasok cede il passo alla destra di Nea Demokratia fino al 2007 con il ritorno del Pasok di George Papandreou.
Il 2009 segna l'inizio della gravissima crisi economica e finanziaria tuttora in corso. Declassata alle soglie del default, la Grecia fu costretta a ricorrere a due grandi salvataggi da parte dell'Europa. L'instabilità politica e le mancate riforme, nonché un tasso di disoccupazione in crescita vertiginosa crearono nel paese forti tensioni sociali che sfociarono in duri scontri di piazza. Il governo filoeuropeo del conservatore Samaras non riuscì a impedire i crescenti movimenti politici antieuropei e contrari al regime di austerità imposto dalla "troika" UE-BCE-FMI. All'estrema destra crebbe il partito xenofobo filonazista di "Alba Dorata", a sinistra la coalizione di sinistra "Syriza" guidata dal giovane Alexis Tsipras, già leader del partito Synaspismos, insieme a formazioni di ecologisti e filocomunisti. Nata nel 2004, la coalizione è cresciuta costantemente negli anni della crisi fino alla vittoria alle politiche del 25 gennaio 2015 e alla formazione del primo governo apertamente critico nei confronti dell'Europa e dell'austerità imposta a Bruxelles e caldeggiata soprattutto dalla Germania di Angela Merkel.