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ANSA/ALESSANDRO DI MARCO
Economia

Negozi, perché aprirne uno in Italia è più difficile che nel resto d’Europa

Secondo un'indagine della Commissione Ue a influire negativamente ci sono le troppe entità da contattare per avviare una pratica

Che aprire un negozio in Italia non fosse una cosa proprio semplice è da tempo un fatto risaputo. Ora a confermare questa convinzione diffusa arriva anche un’indagine della Commissione europea, che anzi su questa vicenda ci mette il carico da undici.

Secondo infatti un indicatore ad hoc messo a punto dai tecnici di Bruxelles, il nostro è addirittura il Paese in cui in assoluto, a livello comunitario, è più complicato avviare un’attività commerciale. Siamo insomma di fronte all’ennesimo spiacevole primato di cui l’Italia avrebbe volentieri fatto a meno. Ma la realtà è questa, e dunque cerchiamo di capire come la Commissione Ue è arrivata a questa conclusione.

Un indice molto negativo

Per stilare questa speciale classifica sulle difficoltà connesse all’apertura di un negozio, è stato messo a punto un indice che, in base a una serie di parametri presi in considerazione, ha permesso di stabilire in quale Paese gli ostacoli siano appunto maggiori. Ebbene, l'Italia, con un indice di quasi 4,5 su 5, è risultata maglia nera tra tutti i 28 Paesi dell’Unione per quanto concerne le restrizioni all’avvio di un’attività commerciale.

I motivi di questa inefficienza

A pesare di più su questa situazione ci sono: la questione delle dimensioni dell'attività commerciale, i requisiti per i dati economici, le limitazioni dovute alla localizzazione e il numero di diverse entità da contattare per poter avviare la pratica.

A seguire, rallentano il processo anche il numero di permessi necessari e delle valutazioni d'impatto. Hanno invece un’influenza negativa minore la lunghezza delle procedure e la pubblicazione delle decisioni.

Altri Paesi dove è complicato aprire un negozio sono, a seguire, Lussemburgo, Cipro, Gran Bretagna e Irlanda. Quelli invece in cui il processo è più semplice sono Estonia (indice con 1,0 punti), poi Lettonia, Slovacchia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Lituania e Polonia.

Restrizioni all’attività

Oltre all’indice riguardante le difficoltà connesse all’avvio di un’attività commerciale, è stato valutato poi anche quello riguardante le restrizioni esistenti una volta che essa è avviata. Ebbene, su questo fronte possiamo un minimo trovare consolazione.

L'Italia infatti è subito dopo metà classifica, alla 17esima posizione con un indice leggermente superiore a 1. A impattare negativamente in questo caso sono principalmente le limitazioni su saldi e vendite promozionali, e poi quelle relative ai canali di distribuzione.

Il Paese più restrittivo invece per la gestione di un negozio è la Francia, con oltre 3 punti, tra tasse, orari, distribuzione e saldi, seguita da Spagna, Romania, Austria, Portogallo e Belgio. I Paesi più liberali sono invece Irlanda, Estonia, Ungheria,
Svezia, Croazia e Gran Bretagna.

Possibili soluzioni

ùLa Commissione Ue ha, contestualmente alla pubblicazione degli indici, fornito anche a ciascun Paese dei consigli utili per cercare ovviamente di migliorare le situazioni a livello nazionale.

Nel caso dell’Italia, tra le misure consigliate c’è il taglio delle restrizioni sugli orari dei negozi, sull'apertura e lo stabilimento di un'attività commerciale. Potrebbe poi risultare utile mantenere in vita i piccoli commerci in centro città a fronte invece del proliferare dei grandi shopping center in periferia.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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