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Economia

Concorrenza nell'Unione: tutte le multe ai big del web

Il caso Google è l’ultimo di una serie di interventi punitivi che hanno riguardato tra gli altri Microsoft, Intel e Facebook

La multa di più di due miliardi di euro inflitta dall’Unione europea a Google, è solo l’ultimo episodio di una serie di sanzioni che in questi anni hanno riguardato in Europa i big del web. Una sorta di filone sanzionatorio, che ha avuto da sempre come obiettivo la condanna di comportamenti dei colossi dell’online americani, che fossero di palese violazione dei dettami della corretta concorrenza tra imprese. Una prassi punitiva che ha preso avvio nel 2004 con la prima sanzione inflitta a Microsoft, quando tra l’altro il commissario alla Concorrenza dell’Unione era il nostro Mario Monti. Ma vediamo nel dettaglio quali sono state le multe più significative inflitte ai grandi della rete in Europa e come si sono poi effettivamente risolte le controversie.

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Microsoft, la più multata
L’azienda che più di tutte ha conosciuto gli strali dell’Antitrust europea è certamente Microsoft. La prima multa risale al 2004, e si tratta, come già accennato, del provvedimento che funge un po’ da apripista a tutte le sanzioni sulla concorrenza che sono venute poi in questi anni. L’allora commissario alla Concorrenza, l’italiano Mario Monti, inflisse a Microsoft il pagamento di una multa da 497 milioni per abuso di posizione dominante. La società americana se ne vide comminare poi un’altra dall'olandese Neelie Kroes nel 2006 da 280 milioni e nel 2008 una terza da 899. Tutte tra l’altro regolarmente pagate. Solo nell’ultimo caso, dopo un ricorso alla Corte di Giustizia europea, Microsoft ha ottenuto una sorta di decurtazione di 39 milioni di euro, con la sanzione definitiva fissata a 860 milioni di euro. Più di recente infine, nel 2013, è stato il commissario spagnolo Almunia a punire ancora Microsoft con un’ammenda da 561 milioni, con l’accusa, tra le altre, di aver determinato il monopolio di Internet Explorer impedendo la visibilità su Windows di altri browser.

Intel e il giudizio ancora sospeso
Un altro gigante Usa, il leader nei microprocessori Intel, fu punito da Bruxelles nel 2009 con quella che allora era la multa più elevata di sempre, 1,06 miliardi. Oggi battuta dai 2,4 miliardi a Google. Il motivo era da ricercare, parole della Commissione europea nelle "pratiche anticoncorrenziali illegali finalizzate a escludere dal mercato dei chip per computer concorrenti". In realtà, il pagamento della sanzione in questione ancora non è avvenuto. A ottobre di quest’anno infatti, in seguito a una serie di ricorsi e controricorsi, l'avvocato generale della Corte di Giustizia del Lussemburgo, Nils Wahl, ha sostenuto che l'impugnazione dell'Intel contro la maximulta Ue dovrebbe essere accolta, e che dunque la causa dovrebbe essere rinviata al Tribunale per un nuovo esame.

Facebook e Whatsapp
Relativamente recente, e dunque ancora in fase di definizione, è l’esito della multa da 120 milioni di euro comminata a Facebook per aver dichiarato il falso sulla fusione con Whatsapp. Ricordiamo che in tutti i casi, come sta accadendo in questo momento anche per l’ultimissima vicenda riguardante Google, le aziende condannate hanno ben 90 giorni di tempo per presentare un proprio memoriale e contestare il provvedimento della Commissione europea. E in ogni caso, come per i già citati esempi di Microsoft e Intel, c’è sempre la possibilità di ricorrere al giudizio definitivo della Corte di Giustizia.

Il caso Apple
Diverso il caso in cui è stata coinvolta Apple. In realtà qui la vertenza è più tra Unione europea e Irlanda. La Commissione, nell’estate del 2016, ha infatti chiesto direttamente al governo di Dublino di recuperare 13 miliardi di tasse, che sarebbero state evase dal colosso di Cupertino, grazie a un accordo fiscale specifico raggiunto con le autorità locali, e che l’Unione appunto ha giudicato illegittimo.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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