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No, la salute non ha età

No, la salute non ha età

L’editoriale del direttore, in risposta alla lettera di una lettrice.

Caro Belpietro,
ho letto attentamente l’editoriale «Io sto con gli anziani» e questa volta non sono d’accordo con lei. E posso permettermelo: ho passato i 70 e quindi appartengo alla categoria che lei premurosamente difende. No, Belpietro, se ci sono un trentenne e un ottantenne e un solo posto in terapia intensiva, ci deve andare il trentenne. Non è vero, come dicono i miei coetanei, che giovani e vecchi hanno tutti lo stesso diritto di vivere: noi vecchi abbiamo potuto tranquillamente studiare, sposarci, mettere al mondo figli, lavorare a lungo e spesso – come me – con soddisfazione, viaggiare e conoscere un po’ il mondo… ed è giusto, doveroso, che i giovani abbiano le stesse chance. Per noi comunque, virus o meno, il prossimo traguardo è la morte, abbiamo comunque finito di «fare», se non a livello di hobby o passatempo. E i nonni che badano ai nipotini? I miei figli lavorano lontano, hanno bambini, ma non nonni… e si arrangiano, spendendo sicuramente di più, perché il grande pregio dei nonni sta nel fatto che sono gratis. Sono una cinica? Sì. Giorni fa, un ventenne mi ha detto che lui comunque alla sera esce e va con gli amici al pub, tanto questa è una cosa da vecchi, muoiono loro, se la prendo io, poi guarisco. Ha ragione.

Cordialmente,
Emanuela Bragolusi


Cara Emanuela, comincio dal fondo, cioè dal ragazzo ventenne che fino a prima del blocco continuava a uscire la sera, per andare al pub con gli amici. Purtroppo no, a differenza sua, non credo che abbia ragione. Come abbiamo capito – ahinoi in ritardo – non è vero che il coronavirus «è una cosa da vecchi». Certo: chi ha 70 o 80 anni rischia molto con il Covid-19, ma non sta scritto da nessuna parte che, se lo contraggono, i giovani al massimo stanno qualche giorno a letto. Sì, un organismo con un sistema immunitario forte reagisce meglio di quello di una persona anziana: questo è ovvio.

Ma medici e infermieri in prima fila nelle trincee degli ospedali in questi giorni ci hanno raccontato che anche chi ha 20 anni rischia di finire intubato e la guarigione non è assicurata dall’età. Quando si è ragazzi e si ha davanti la vita si pensa di essere invincibili, ma così non è, perché le malattie non chiedono il certificato anagrafico.

Ciò detto, non voglio eludere il tema che lei mi pone, ovvero se davanti alla scelta tra salvare la vita di un giovane e quella di un ottantenne sia giusto metterle entrambe sullo stesso piano. Le risponderò senza giri di parole, pur non appartenendo ancora alla categoria degli over settanta: secondo me sì, perché ogni vita è degna di essere tutelata e ogni vita è degna di essere vissuta fino in fondo.

Ovvio, qualsiasi genitore e qualsiasi nonno, dovendo scegliere tra preservare sé stesso e il proprio figlio o il proprio nipote, probabilmente sceglierebbe di tutelare chi è più giovane. Ma si tratta di una decisione d’amore, che sta in capo al singolo, non di una scelta medica o etica. Una persona può donare la propria vita per chi ama, ma a deciderlo non può essere la statistica, ovvero l’aspettativa di sopravvivenza stabilita da un computer.

No, cara Emanuela, comprendo il suo generoso punto di vista, ma non sono d’accordo. E non solo perché questo fa venire in mente capitoli orribili della storia, quando chi era malato o anziano veniva eliminato in quanto non utile al sistema. Ma anche perché penso che assicurare possibilità diverse di sopravvivenza in base all’età apra le porte a qualche cosa di aberrante.

Già ora in alcuni Paesi sono i giudici a decidere se convenga somministrare le cure a chi ha scarse speranze di sopravvivenza, ma che cosa accadrebbe se anziché il principio di Ippocrate facessimo entrare nel nostro ordinamento giuridico il concetto che se non c’è per tutti, una medicina fondamentale sarà distribuita in base all’età? Faremo le liste di proscrizione, cioè i più vecchi e malandati non avranno diritto al trattamento perché in fondo hanno già vissuto abbastanza? E chi stabilirà che cosa voglia dire «abbastanza»? Quale sarà il limite? Settanta? Ottanta? Oppure bisognerà fissare l’asticella un po’ più in basso?

No, cara Emanuela, la regola di un’assistenza sanitaria differenziata in base all’età non mi convince proprio. Anzi, a dire il vero, mi spaventa. La Costituzione dice che tutti i cittadini sono uguali e hanno gli stessi diritti. Di fronte alla legge come di fronte alla malattia. E oltre ai diritti, nei loro confronti deve essere adottata la stessa dignità.

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