Nessuna falsa speranza, solo il richiamo alla dura realtà contemporanea. Disilluso ma determinato, nel suo primo Messaggio per la Pace Leone XIV dipinge un quadro cupo, attraversato da tensioni globali e da un diffuso ritorno alla logica della forza. Un testo destinato, come da tradizione, alle cancellerie di tutto il mondo, ma che contiene un chiaro monito severo a quella parte dell’Europa sempre più coinvolta in una corsa al riarmo presentata come inevitabile. Il Pontefice non usa giri di parole, va dritto al punto: l’uso della fede per giustificare guerre e operazioni militari è «blasfemia».
Il richiamo alla Pacem in terris
Non è casuale che Leone XIV abbia scelto di aprire il suo messaggio citando la Pacem in terris di Giovanni XXIII, scritta nel 1963 quando il mondo era sull’orlo di un conflitto nucleare. La cortina di ferro separava l’Europa occidentale da quella orientale, la nostra cultura libera da quella comunista liberticida. Era l’apice della Guerra Fredda. Quel riferimento segnala chiaramente come il Papa percepisca l’attuale fase storica: un tempo fragile, segnato da equilibri instabili e da una crescente incapacità di affidarsi al diritto internazionale e alle istituzioni sovranazionali.
Un mondo attraversato dai conflitti
Con la differenza (sostanziale) che al tempo della Guerra Fredda il mondo era diviso in due, ma con delle fazioni ben distinte, meno opache, due realtà completamente differenti in cui ci si schierava da una parte o dall’altra. Ora, invece, scegliere da che parte stare è un po’ più difficile. Non è un’epoca di certezze, questa, nella sua fragilità. È sempre Russia contro Stati Uniti, ma l’Europa è colpevolmente confusa e ininfluente, vive da tempo una profonda crisi di identità da cui fatica ad uscire, e da cui forse solo una catastrofe potrebbe risvegliarla. La Cina, intanto, più furba, attende, conscia che non è ancora il momento di schierarsi. Ma intanto si prepara.
Sul fondo del messaggio scorrono i grandi dossier geopolitici: la guerra tra Russia e Ucraina, il conflitto a Gaza, il ruolo dell’Iran, le tensioni in America Latina, le violazioni dei diritti umani in Myanmar, Sudan e Congo. Un elenco che potrebbe allungarsi ancora e che descrive un pianeta sempre più polarizzato, in cui la diplomazia appare un’impresa ardua e spesso delegittimata.
La critica alla strumentalizzazione religiosa
Leone XIV mette in guardia contro l’aumento continuo delle spese militari, giustificate da molti governi con la presunta pericolosità altrui. La deterrenza, soprattutto quella nucleare, viene definita come l’emblema di un rapporto irrazionale tra i popoli, fondato non sulla fiducia e sul diritto, ma sulla paura e sul dominio della forza. Una logica che, secondo il Papa, alimenta una destabilizzazione planetaria sempre più drammatica e imprevedibile.
Uno dei passaggi più duri del messaggio riguarda l’uso strumentale della religione. Trascinare le parole della fede nel combattimento politico o giustificare religiosamente la violenza significa oscurare il nome di Dio. Per questo il Papa richiama i credenti a una responsabilità attiva: testimoniare con la vita, attraverso la preghiera, la spiritualità, il dialogo ecumenico e interreligioso, che la fede è una via di pace e non di conflitto. Difatti, secondo il Pontefice «Se volete attirare gli altri alla pace abbiatela voi per primi; siate voi innanzitutto saldi nella pace».
Disarmare gli spiriti
I numeri sul riarmo confermano la gravità della situazione: nel 2024 la spesa militare mondiale ha raggiunto i 2.718 miliardi di dollari, il 2,5% del PIL globale. Ma a preoccupare il Pontefice è anche il piano culturale ed educativo: al posto di una memoria consapevole delle tragedie del Novecento, si diffonde una narrazione che normalizza la guerra e riduce la sicurezza alla sola dimensione armata. Anche perché, come dice Prevost, «l’ulteriore avanzamento tecnologico e l’applicazione in ambito militare delle intelligenze artificiali hanno radicalizzato la tragicità dei conflitti armati. Si va persino delineando un processo di deresponsabilizzazione dei leader politici e militari, a motivo del crescente “delegare” alle macchine decisioni riguardanti la vita e la morte di persone umane».
Riprendendo ancora la Pacem in terris, dunque, Leone XIV ricorda che il disarmo non può essere solo materiale. Senza un disarmo degli spiriti, senza la dissoluzione della «psicosi bellica», ogni riduzione degli arsenali resta illusoria. La vera pace, ribadisce il Papa, può nascere solo dalla fiducia reciproca. Un obiettivo difficile, ma necessario, reclamato dalla ragione e indispensabile per il presente e il futuro dell’umanità.
Non abituarsi alla guerra come normalità
Nessuna falsa speranza, dunque, né una promessa di salvezza facile o l’illusione di una pace immediata. No, nel messaggio del Papa c’è piuttosto la richiesta di un cambio di sguardo e di linguaggio, prima ancora che di strategie. In un tempo che si prepara alla guerra come se fosse un destino, il Papa ricorda che la pace non è un automatismo della storia né un prodotto della forza, ma una scelta fragile, quotidiana, controcorrente. Ignorare questo richiamo significherebbe accettare che la logica delle armi diventi l’unico orizzonte possibile. Ascoltarlo, invece, vuol dire riconoscere che anche nell’epoca più instabile resta aperta una responsabilità: quella di non abituarsi alla guerra come a una normalità.
