Il caso di Garlasco, mai chiuso davvero, torna a incendiare l’opinione pubblica con le parole taglienti di Massimo Lovati, avvocato di Andrea Sempio, nuovo indagato in una vicenda che sembra ogni volta riservare nuovi colpi di scena. “Alberto Stasi mente spudoratamente, non è complice ma una pedina manovrata dai mandanti reali”, dichiara senza esitazioni. Lovati ricostruisce una trama che va ben oltre il movente apparente e i fatti noti, sostenendo che le prime quattro ore successive al delitto siano cruciali e delineino una regia nascosta, mai considerata appieno in diciotto anni di processi e dibattiti.
Per Lovati, questo omicidio non è stato un gesto impulsivo o casuale. È un crimine freddo, pianificato nel dettaglio in un momento in cui Garlasco è quasi deserta, la fiera d’agosto aveva svuotato le strade di potenziali testimoni. “Lo dimostrano le tempistiche e soprattutto l’assenza di bottino o di oggetti mancanti, segno che qui non si tratta né di una rapina finita male né di un’azione dettata dall’ira improvvisa,” ripete con fermezza. La forza delle sue parole scuote non solo il caso, ma anche una comunità che da anni cerca risposte e un senso a quel tragico pomeriggio di agosto.
Il dramma dei genitori Sempio: “Siamo visti come assassini, ma nostro figlio è estraneo”
In questo scenario così complesso e frammentato, emerge con forza la voce dolorosa dei genitori di Andrea Sempio, intervistati per la prima volta in una trasmissione nazionale. Daniela Ferrari e Giuseppe Sempio si sono confrontati con un pubblico che li ha visti spesso come parte della cronaca giudiziaria, e non come persone costrette a difendere non solo un figlio, ma anche la loro dignità.
“Siamo visti come gli assassini di Garlasco, ma sappiamo benissimo che Andrea non ha nulla a che vedere con questa tragedia,” afferma Daniela con un misto di stanchezza e rabbia profonda. La famiglia è stata travolta da un’ondata costante di sospetti, accuse infondate e soprattutto da una pressione mediatica che pesa come un macigno. I genitori raccontano di aver ricevuto lettere anonime inquietanti, con parole durissime e minacciose, che hanno colpito soprattutto loro, i primi a soffrire per l’ombra che ha travolto la famiglia. Daniela ripercorre quel giorno fatale: “Ero uscita presto la mattina per andare a Gambolò, tornata a casa ho dato le chiavi dell’auto ad Andrea, che è andato a Vigevano, poi non ho più incontrato nessuno. Tutte le altre storie? Bufale inventate per fare spettacolo”.
Rifiutano con forza le accuse mai provate di legami diretti tra Andrea e Chiara Poggi o suoi familiari: “Se mio figlio dice che non è mai stato lì con loro, è perché è vero. Se ci sono testimoni, portino le prove,” ribatte Daniela con fermezza.
Il contesto e i dettagli di un delitto ancora avvolto nel mistero
Per comprendere l’immensità del caso, bisogna tornare a quel pomeriggio del 13 agosto 2007. Chiara Poggi, giovane laureata e fidanzata con Stasi, viene trovata assassinata nella villetta di famiglia a Garlasco, in provincia di Pavia. È Alberto Stasi a lanciare l’allarme al 118, dichiarando di aver trovato Chiara esanime nella cantina. Il processo giudiziario ha visto Stasi unico imputato e condannato, ma non senza colpi di scena, errori nelle indagini, ritardi nel sequestro delle prove e soprattutto nuove tracce genetiche — fra cui un Dna compatibile con Andrea Sempio — che hanno riaperto la questione.
Il corpo di Chiara, riverso sul fianco sinistro in una pozza di sangue, presenta numerose ferite alla testa, provocate da un oggetto contundente mai ritrovato. L’autopsia parla di un’aggressione violenta e improvvisa, senza segni di difesa, fatto che alimenta da sempre il dubbio su eventuali complicità o presenza di più persone.
Negli anni, la scena del crimine è diventata teatro di continue riletture, simulazioni e sospetti su impronte digitali e tracce di sangue. Le indagini soffrirono anche per l’assenza di strumenti fondamentali, come la mancata misurazione del peso del corpo subito dopo il ritrovamento, che avrebbe potuto aiutare nel calcolo preciso dell’ora della morte.
Mandanti nascosti e versioni contraddittorie: un quadro ancora da decifrare
Non è un caso che Massimo Lovati e l’intera difesa di Andrea Sempio puntino il dito contro presunti mandanti nascosti, contro versioni troppo spesso altalenanti e contraddittorie. Quella che sembrava una verità stabilita in sentenza si sfalda davanti a nuovi elementi: tempistiche anomale, particolari trascurati, e un contesto sociale e familiare complesso.
Per l’avvocato, le quattro ore dopo il delitto sono la chiave per capire chi abbia realmente orchestrato l’omicidio. La “sceneggiata” di Stasi sul ritrovamento del corpo, con versioni che mutano dall’essere viva a morta, diventa un elemento che non può essere ignorato. Il vero assassino, denuncia Lovati, non è chi appare ovvio alla prima vista, e dietro quella maschera potrebbe celarsi una mano più oscura e capace.
La ricerca della verità continua tra dolore e speranza
Dopo quasi due decenni, Garlasco è ancora intrappolata in un limbo di dolore, sospetti e dubbi. Da una parte c’è la famiglia Poggi che chiede giustizia, dall’altra la famiglia Sempio, stremata dalle accuse ingiuste e dal peso di una vicenda che si è fatta troppo grande per qualunque individuo. Intorno, una comunità che ha visto spezzarsi un equilibrio, un’Italia che segue con tenacia sporadica ma appassionata una delle storie più oscure e intricate della cronaca nera moderna.
Nel mezzo rimangono le parole di Lovati, il dolore di Daniela e Giuseppe Sempio, e la speranza che la giustizia, questa volta, sappia andare oltre le apparenze e sciogliere finalmente il nodo di una tragedia tanto complessa quanto dolorosa per tutti.
