Lukaku va alla Roma (ma la sua estate è stata un harakiri)

La lunga e travagliata estate di Romelu Lukaku terminerà, dunque, con un volo verso Roma dove lo attendono una squadra che ha disperatamente bisogno del suo peso offensivo e una piazza pronta a trattarlo come una divinità. Più o meno quanto avuto a Milano nella prima era, quella dello scudetto di Conte in cui il belga era diventato l'idolo incontrastato del popolo nerazzurro. Così amato da far dimenticare il primo strappo e una stagione, la scorsa, vissuta più in infermeria che in campo e chiusa con la sfortunata notte di Istanbul.

Tutto cancellato in due mesi sulle montagne russe: lui, Lukaku, con il suo entourage e intorno un mondo che ha faticato a seguire traiettorie e strategie di un calciatore che quando avrà sottoscritto l'accordo con la Roma dovrà cominciare quasi da zero la preparazione atletica condannandosi ad un inizio ad handicap che non è il massimo per chi ha un fisico complesso come il suo. Il tradimento all'Inter che era pronta a investire 40 milioni di euro per farlo suo definitivamente, i flirt con il Milan e la storia d'amore consumata con la Juventus quando ancora c'era da giocarsi una finale di Champions League. Il no alla montagna di denaro dell'Arabia Saudita e poi il nervosismo (ammissione fatta da lui stesso) per l'avvicinarsi del gong di una sessione di mercato da disoccupato di lusso.

Ora va alla Roma e non è una pessima scelta. Anzi. I giallorossi lo prendono in prestito e con un ingaggio accettabile per l'impatto che il belga dovrà avere sul campionato della squadra di Mourinho, quindi hanno fatto un ottimo affare. E lui troverà quella centralità in un progetto che cercava e che non era convinto di avere all'Inter e alla Juventus, ammesso che le condizioni per vederlo a Torino (partenza di Vlahovic e consistente risparmio sul bilancio) fossero realizzabili realmente e non solo una suggestione di mercato.

E, però, ci va rinunciando a parte dello stipendio, sapendo tra un anno di dover tornare a Londra dove ormai è l'indesiderato per definizione, senza la vetrina della Champions League e senza ambizioni di scudetto visto che la Roma rimane in seconda o terza fila, non oltre. Prima o poi spiegherà cosa lo ha spinto a vivere un'estate così contraddittoria e sarà interessante ascoltarlo, visto che fin qui è stato 'processato' in contumacia da critica e tifosi. Già oggi, però, si può dire che sul piano sportivo la sua è stata una traiettoria come minimo anomala se non tafazziana. Sta a lui far cambiare idea al resto del mondo, quello che ha guardato, giudicato e non capito.

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