Crisi del gas: come funziona il TTF e chi ci specula

Ogni giorno Amsterdam si sveglia e grazie al TTF vede il suo surplus commerciale moltiplicarsi; ogni giorno il resto dell’Europa si sveglia e per colpa del TTF vede il prezzo del gas decuplicarsi e la forbice del proprio surplus commerciale ridursi sempre di più.

Cos’è il TTF

Cos’è e come funziona il TTF, però, è appannaggio di pochi addetti ai lavori. Il Title Transfer Facility (TTF) è il principale mercato per gli scambi di gas, si trova per l’appunto ad Amsterdam ed è una piattaforma virtuale (nonché un indice) della borsa olandese. Qui si incrociano domanda e offerta del prezzo del gas che circola in Europa. Su TTF si vendono e acquistano gas e futures sul gas ovvero contratti per scambiare una certa quantità di gas in una data futura e a un prezzo prestabilito, che sono una forma di investimento. Tutti gli scambi bilaterali, sommati a quelli sui due borsini accreditati Ice e Eex, formano il prezzo.

Chi ci guadagna dal prezzo dell’energia alla stelle

Gli operatori che concorrono a formare il TTF sono 148 suddivisi per categorie: produttori di gas; riempitori di stoccaggi; operatori di rete e gruppi integrati, che bilanciano la produzione e le vendite finali. Una quindicina sono nomi italiani, e vanno da Eni a Enel, Edison e gli intermediari Hera, Sorgenia, Repower, Estra, Dolomiti Energia, fino ai piccoli trader.

Poi ci sono le banche anglosassoni come Goldman Sachs e Morgan Stanley, i grandi trader Gunvor, Trafigura, Glencore, Vitol, major come Shell o Danske, braccio della norvegese Equinor (per indicare i più noti).

In TTF si fissa il prezzo di scambio del gas di tutta Europa e, secondo diversi osservatori, ci si specula. Chi ci guadagna sono gli operatori che fanno parte del gruppo e che vedono i ricavi centuplicarsi (l’utile di Eni, ad esempio, è aumentato nel 600% in un anno).

A gestire gli scambi ci pensano European Energy Exchange (Eex) e Intercontinental Exchange (ICE), una società americana che dal 2013 controlla anche la borsa di New York e che da mesi vede i ricavi decuplicarsi grazie a una crisi che ha sì ragioni geopolitiche, ma soprattutto finanziarie.

Il prezzo del gas non è giustificato dalla diminuzione dell’offerta

Numeri alla mano, infatti, la diminuzione dell’offerta (con la chiusura dei rubinetti russi) comparata all’aumento della domanda non giustifica il fatto che in un anno il prezzo del gas sia aumento del 1500%. Venerdì, il prezzo per MWh aveva superato quota 340 euro, per poi ridiscendere a 280 nella giornata di lunedì. Numeri da capogiro se si pensa che solo 12 mesi fa costava 20 MWh.

Il TTF, inoltre, è un mercato relativamente piccolo. I volumi del TTF, pur essendo 14 volte il gas della sola Olanda, sono in media – per l’estate – di 4 miliardi di metri cubi, pari a un controvalore attorno a 5 miliardi di euro; niente a che vedere con gli scambi sul Brent, che cubano 2.000 miliardi al giorno. Non solo: TTF gestisce solo una parte del gas che viene scambiato in Europa eppure è tanto importante da determinare il prezzo del gas in tutto il continente, anche laddove l’accordo avviene direttamente tra aziende produttrici e distributrici.

È proprio questa la contraddizione in termini che sta spezzando in due l’Europa con sempre più osservatori che puntualizzano che scegliere Amsterdam come luogo dove stabilire il prezzo del gas è come misurare la febbre con un termometro rotto. Tanto più se si considera che proprio i Paesi Bassi, grazie ai loro giacimenti nazionali, sono uno dei Paesi più autonomi del vecchio continente da un punto di vista energetico.

Ecco perché l’Olanda pone il veto sul prezzo del gas

E infatti l’Olanda pone il veto alla proposta dell’Ue (che dovrebbe essere valutata in un paio di settimane) di mettere un tetto europeo al prezzo del gas cosa che sempre più nazioni (Italia in primis) richiedono.

Il price cap sul metano porrebbe fine al repentino raddoppio del surplus commerciale olandese che fa la parte del leone in un momento in cui i “grandi” dell’Ue come Germania, Francia, Italia e Spagna si sono trasformati in gazzelle.

L’Olanda si difende spiegando che non si tratta di speculazione, ma solo della volontà di non creare un precedente di regolamentazione forzata del mercato che violi la libera contrattazione.

E intanto, mentre l’estate giunge al termine, il futuro dei listini della materia prima che regola l’alimentazione di industrie, famiglie e servizi è ancora incerto.

Le previsioni per il futuro

I tubi di Gazprom pompano al 20% del volume e Mosca gioca al gatto e il topo con l’Ue, alle prese con una corsa contro il tempo per trovare forme di autonomia energetica da Putin e i suoi.

La guerra quindi parrebbe essere solo la testa d’ariete a una spinta speculativa molto più profonda dagli esiti incerti e dai costi economici elevatissimi. Riscaldarsi potrebbe presto diventare un lusso e le imprese potrebbero dover iniziare a operare in perdita con spese superiori ai ricavi.

E il futuro è tutt’altro che roseo con i futures per la prossima primavera che quotano ancora a numeri stellari. La necessità è quella che tornino in equilibrio domanda e offerta e per farlo la strada passa attraverso il razionamento delle forniture con la riduzione dei consumi. Lo stoccaggio dell’Europa, inoltre, dovrebbe presto raggiungere il 100% delle sue potenzialità e infine sarebbe necessario – ripetono in molti – togliere ad Amstedam il potere di stabilire a suo piacimento il prezzo del gas ponendo il tetto al mercato e uscendo dalla logica virtuale di una speculazione che miete vittime reali.

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