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Mala Svezia

Mala Svezia

Il Paese scandinavo, celebrato per società civile e integrazione, oggi subisce un’escalation di violenza e criminalità, legata a narcotraffico e immigrazione senza controllo. Che neppure le forze dell’ordine riescono ad arginare.


E’ il 27 settembre di quest’anno. Nel buio del parcheggio del complesso sportivo Mälarhöjdens Ip a Fruängen, a sud di Stoccolma, rimbombano il chiacchiericcio dei ragazzi che si stanno cambiando per la partita di hockey su ghiaccio e il rumore dell’impianto di riscaldamento. Se non fosse per le cinque fiammate che illuminano in successione il locale, nessuno si accorgerebbe del killer che, protetto dall’oscurità, ha ammazzato Adouli, un famoso rapper della scena underground svedese. Giace a terra, crivellato di proiettili. Ha appena compiuto 18 anni. Poche ore dopo, i sicari entrano in azione a una cinquantina di chilometri più a sud e lasciano un altro cadavere sull’asfalto. Quasi nelle stesse ore viene identificato il corpo senza vita di un tredicenne ritrovato ai margini della foresta a Haninge. Ha un paio di fori nella testa.

Passano tre settimane e una donna salta in aria nel suo appartamento a nord di Uppsala. E da quel momento, quasi ogni notte, misteriosi incendi divorano gli alloggi assegnati dai servizi sociali ai migranti. Gli ultimi roghi si sono verificati a Farsta, un sobborgo di Stoccolma, dove a inizio estate un commando era entrato in azione davanti all’ingresso della metro: armato di fucile mitragliatore, un assassino aveva abbattuto un ragazzo di 15 anni e un uomo di 45 sparando all’impazzata tra la folla e ferendo pure tre passanti. Tutti gli agguati hanno un filo conduttore: la guerra tra bande di clandestini che nemmeno il genio «crime» di Stieg Larsson, l’autore del cult Uomini che odiano le donne, avrebbe mai potuto immaginare.

Dall’inizio dell’anno ci sono contati 44 omicidi nel Paese di Alfred Nobel, che è pur sempre l’inventore della dinamite. Il mese di settembre è stato il più sanguinario con 12 attentati fatali. L’anno prima i morti ammazzati erano stati 63 rispetto ai quattro della Norvegia, agli otto della Danimarca e ai due della Finlandia. A premere il grilletto sono quasi sempre minorenni, reclutati nelle famiglie allargate dei profughi che si sono impadroniti di interi quartieri della capitale. Il numero di arrestati di età inferiore ai 18 anni è aumentato del 30 per cento quest’anno, rileva il ministero dell’Interno. Sono la carne da cannone della faida che si è scatenata dopo la rottura nella banda Foxtrot, il più grande supermarket della malavita nell’area scandinava. Il capo, un narcotrafficante svedese di origini irachene, Rawa Majid, soprannominato la «Volpe curda», recentemente arrestato al confine con l’Iran, è stato messo al bando dal suo ex braccio destro, Ismail Abdo, detto «l’uomo delle fragole». In ballo ci sono centinaia di milioni di corone, decine di milioni di euro.

«Sono l’immigrazione irresponsabile e il fallimento dell’integrazione che ci hanno portato a questa drammatica situazione» ha attaccato il primo ministro conservatore Ulf Kristersson, annunciando l’avvio di un’operazione congiunta tra esercito e forze dell’ordine per un più efficace controllo del territorio. Durante la crisi migratoria del 2015, la Svezia ha accolto il maggior numero di richiedenti asilo mai registrato in una nazione Ocse. Oggi più di un terzo dei 10,5 milioni di svedesi è nato all’estero o ha almeno un genitore straniero. «La situazione non era così pericolosa dal 1945» ha avvertito Jale Poljarevius, capo dei servizi segreti. «È preoccupante che giovani senza alcuna esperienza nell’uso delle armi siano usati per commettere crimini perché ciò aumenta il rischio di uccidere innocenti. I loro capi sanno che questi minorenni non rischiano molto. Puoi uccidere qualcuno e restare due o tre anni in prigione, quattro al massimo». Forse anche per questo la procuratrice Lise Tamm ha proposto una riforma, che dovrebbe essere votata l’anno prossimo ed entrare in vigore nel 2025, per aggiornare e affilare la normativa (ultra garantista) a disposizione della giustizia, ferma ormai agli anni Sessanta. Quando le preoccupazioni maggiori degli svedesi erano la collezioni di mogli e figli del regista Ingmar Bergman.

Secondo un report dell’intelligence, ci sarebbero almeno 183 bande criminali in azione ma contando anche i sottogruppi arriveremmo a 350 gang. Quasi tutte composte da immigrati di seconda o terza generazione, allettati dalle promesse di ricchezza sussurrate all’orecchio dalla «Volpe curda». Come quel bambino di 9 anni, incaricato di trasportare pistole e droga, incappato in un posto di blocco. «Questo è terrorismo interno» ha tuonato il ministro della Giustizia, Gunnar Strömmer. «Stiamo assistendo da molti anni a un’evoluzione sociale in cui la violenza armata è aumentata. Se in Svezia circa novemila persone sono direttamente coinvolte in gruppi criminali, altre 21 mila ruotano attorno a essi e sono “co-sospettati”». Sott’accusa è soprattutto la politica migratoria dei governi (di destra e sinistra) che si è illusa di poter risolvere la crisi dell’integrazione con i miliardi del welfare e un’offerta didattica su misura. Risultato: fallimento totale. «Se non avessimo avuto un gestione irresponsabile per così tanto tempo, non ci saremmo trovati in questa condizione, né avremmo persone nate in Svezia ma che forse vivono mentalmente in un’altra parte del mondo, e trovano la loro identità in questi clan» ha sintetizzato Jimmie Akesson, presidente dei Democratici svedesi, il partito di punta della coalizione guidata dalla destra. Fautore di un’immediata stretta ai confini. «L’esclusione e le società parallele si sono rivelate terreno fertile per le bande criminali. Questa violenza è attribuibile al 100 per cento all’immigrazione».

Sul banco degli imputati c’è finita pure la polizia incapace, per ammissione del suo stesso dirigente, di far fronte al dilagare della violenza. «Non siamo stati abbastanza bravi con il 20 per cento dei casi di attentati risolti» ha detto Anders Thornberg, ma «siamo più attivi nelle strade e abbiamo sventato 80 attentati da inizio anno, di cui 30 a settembre». «La cosa più importante è fermare il reclutamento delle bande, perché ogni giorno entrano nelle loro fila tre nuovi tiratori, significa mille all’anno. È molto più di quanto possiamo neutralizzare. Potrebbero volerci altri dieci anni per invertire la tendenza» ha ammesso il responsabile di pubblica sicurezza. Magari per quell’epoca, le autorità svedesi saranno riuscite a estradare il boss che sta incendiando il Paese usando come micce i bambini. Majid ha gestito per anni colossali traffici di droga dalla Turchia dove, si sospetta, era sotto la protezione di un pezzo grosso dello Stato. Tanto che le informazioni riservate sulle indagini in corso, trasmesse da Stoccolma ad Ankara, finivano nelle mani del ricercato che così sapeva in anticipo come neutralizzare i pericoli. Un’intera informativa è spuntata nel cellulare di uno degli uomini della «Volpe» durante un arresto. Furbo e sfuggente come l’animale cui è associato. Una recente indagine della Guardia di finanza di Stoccolma ha permesso di scoprire che il tesoro di Majid viaggia lontano da occhi indiscreti. Riciclato attraverso i portafogli di criptovalute gestiti un tempo dall’«uomo delle fragole» che ora vuole tenersi il piatto e tagliare la testa all’ex leader. Cinquanta milioni di corone – circa 4,3 milioni di euro, sono stati però intercettati dagli agenti e «pedinati» fino alla destinazione finale, un collegato alla società «Al-Mutahdun for Exchange», accusata da Israele di essere coinvolta nel finanziamento di Hamas.

Mentre tutto il mondo guardava agli scioperi per l’ambiente di Greta Thunberg, nessuno si è accorto che orde di ragazzini, dietro l’angolo, stavano pulendo la canna della pistola e controllando i proiettili nel caricatore. Un fenomeno dilagante e inarrestabile. Un’inchiesta della procura di Sundsvall, che abbraccia appena 55 giorni di investigazione (dal 2 dicembre 2022 al 26 gennaio 2023) conta ben 23 imputati e oltre 10 mila pagine di annotazioni della polizia giudiziaria. Una frenetica attività di smercio e incasso. Un incastro perfetto. L’Ikea della cocaina.

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