Flappy Bird, il segreto dietro il gioco più amato e più odiato di sempre
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Flappy Bird, il segreto dietro il gioco più amato e più odiato di sempre

Dopo aver raggiunto il successo, il suo creatore lo ha levato dall'App Store. Il motivo: faceva arrabbiare gli utenti ed era troppo virale. Ma anche i videogiochi degli anni '80 erano così

Sembrava destinato a diventare il nuovo Angry Birds, nel giro di poco tempo aveva scalato la classifica di gradimento nell’App Store, ogni giorno portava nelle tasche del suo sviluppatore la bellezza di 50.000 dollari. Insomma Flappy Bird aveva tutto quello che serviva per essere incoronato nuovo miracolo del mobile game. Eppure, nella giornata di ieri il suo creatore, Dong Nguyen, ha deciso di levarlo dall’App Store.

Per chi non avesse avuto modo di giocarci, e perderci la brocca, Flappy Bird è un videogame a scorrimento in 2D che riprendeva meccaniche di gioco tipiche degli anni ’80: c’è un uccello, c’è uno scenario minimale, ci sono una serie di enormi tubi che spuntano dall’alto e dal basso, lasciando uno spazio di manovra crudelmente stretto, e poi ci sei tu, l’utente, che puoi fare una sola cosa: picchiettare con il dito sullo schermo per far sbattere le ali al pennuto. Per ogni tubo superato l’utente guadagna un punto. Semplice, no? Tutt’altro, ci sono utenti che faticano a superare un punteggio di 10, altri che addirittura impiegano mezz’ore per capire come superare il primo tubo.

Lanciato nel maggio 2013 dal team di sviluppo vietnamita .GEARS, Flappy Bird ha presto guadagnato il vertice delle classifiche di download diventando un vero e proprio fenomeno di culto. E siccome è fastidiosamente complicato, nel giro di poco tempo la rete si è riempita di meme, video e tweet colmi di risentimento, tutti rivolti a quel disgraziato di Nguyen, reo di aver messo al mondo un tale dispensatore di frustrazione. A questi si sono presto aggiunti quelli che accusavano Nguyen di aver copiato le meccaniche e l'estetica del gioco da titoli di successo come Piou Piou, Helicopter Game e lo stesso Super Mario. Così, dopo aver fatto il pieno di video in cui si inscenavano finti assassinii e suicidi scatenati dal gioco, Nguyen ha annunciato in un tweet che il 9 febbraio avrebbe ritirato il gioco dall’App Store.

Come accadeva per alcuni videogiochi di successo del passato (Donkey Kong, Joust, PacMan), ciò che rendeva Flappy Bird particolarmente assuefacente era una calibrazione nanometrica delle meccaniche di gioco. La posizione dei tubi, la spinta verticale ottenuta a ogni colpo d’ali, il tempo utile per decidere se far sbattere o meno le ali al protagonista del gioco, sono variabili studiate in modo da rendere il gioco sufficientemente fruibile da non scoraggiare i giocatori meno navigati e sufficientemente complicato da risultare stimolante. In realtà, per un ragazzino cresciuto a pane e Angry Birds (o a pane e Uncharted se preferite), Flappy Bird è un gioco di una difficoltà immonda, un po’ come quei vecchi titoli dell’Atari 2600, ai quali bastava una manciata di pixel per tenerti incollato allo schermo interi pomeriggi inducendoti a fustigarti da solo per ogni game over.

Ed è qui che risiede l’arcano, l’ingrediente segreto che ha reso Flappy Bird talmente virale da seminare zizzania in tutta la mobilesfera: l’odio verso se stessi. Durante una famosa chiacchierata che ormai ha fatto scuola, Shigeru Myamoto, creatore di Super Mario, svelò che la prima lezione di game design la apprese studiando le meccaniche di Pac Man. “Alla fine sono arrivato alla conclusione che il fine ultimo [di Pac-Man] fosse rendere i giocatori furiosi con se stessi. Perciò decisi di mettermi di impegno per capire come facesse a farli sentire così.

La scorsa primavera, Flappy Bird è approdato in un mondo di giocatori abituati a percorsi sostanzialmente in discesa, presentandosi come un gioco di una semplicità imbarazzante ma terribilmente difficile, e fastidioso. Ogni volta che quella specie di palla di piume coi labbroni finiva per cozzare contro un tubo, il giocatore sentiva di aver perso una sfida contro se stesso, il che lo portava a una condizione di frustrazione che poteva essere lavata via solo con una nuova partita, possibilmente più fruttuosa della precedente. 

Considerando che questo meccanismo mentale si appoggia in parte agli stessi percorsi neuronali che stanno alla base dei disturbi ossessivi e delle dipendenze, non stupisce che un simile gioco sia riuscito a inchiodare migliaia di utenti allo schermo del proprio smartphone, come non stupisce, a dire il vero, la quantità di contenuti virali fiorita attorno al gioco (o le minacce di morte scatenate dalla sua scomparsa). Quello che forse può stupire è la decisione di Nguyen di ritirare dal mercato un titolo capace di rastrellare 50.000 dollari al giorno. Ma nulla vieta di ipotizzare che anche questa mossa sia frutto di uno studio calibrato delle reazioni psicologiche umane.

Dopotutto, alcuni di voi Flappy Bird non l’avevano mai sentito nominare, e ora siamo qui a parlarne. Direi che Nguyen ha già vinto una seconda volta.

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Fabio Deotto