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Raffaele Lenzi, un triatleta in cucina

Raffaele Lenzi, un triatleta in cucina

Benessere del corpo ma anche costanza nel lavoro ed applicazione. La cucina dell’executive chef de Il Sereno (Co) racconta la sua filosofia alimentare e di vita. Benessere e stile con un occhio all’ambiente

Nuoto, ciclismo, corsa. Nel mondo non c’è nulla dal punto di vista sportivo più faticoso ed estremo del Triathlon. Una vera e propria sfida con se stessi più che con gli altri adatta solo a persone che hanno una testa ed un cuore fuori misura. Come Raffaele Lenzi, l’Executive chef de Il Sereno, una delle perle di eleganza a 5 stelle sul Lago di Como, che nella sua cucina mette tutto questo, come se fosse un allenamento o una competizione.

Tre aggettivi per raccontare ad una persona cosa offre la tua cucina.

«Essenziale, leggera, concreta. Essenziale significa che hai la percezione che non è qualcosa di troppo elaborato anche se poi alla fine lo è, quindi quando qualcuno vuole di qualcosa di essenziale non necessariamente significa che non abbia una rielaborazione alle spalle, ma il cliente non lo deve percepire altrimenti si spaventa».

II complimento più bello che hai ricevuto e la critica più fastidiosa?

«Per me è fondamentale che la gente percepisca che mangiare uno spaghetto al pomodoro o un qualcosa come il Tempe, la chiave di lettura è che la mano sia la stessa. Altra cosa a cui tengo è che i miei clienti non avvertano un senso di pesantezza alzandosi da tavola. Dal momento in cui un cliente capisce questo, questo è il più bel complimento che io possa ricevere perché non è facile cucinare con gusto senza usare troppi grassi, troppi condimenti» .

Lei è per una cucina leggera, quanto e riportabile a casa un’alimentazione del genere, se dovessi dare un consiglio ad una persona che viene nel il tuo ristorante e alla sera torna a casa nella sua vita di tutti i giorni come consigli di gestire l’alimentazione?

«lo è da qualche anno che mi confronto con un nutrizionista, il consiglio migliore è quello di dividere il piatto in tre: il 50% dev’essere sempre un vegetale, il restante 25% e 25% carboidrati e proteine, se dopo uno lo fa in una maniera più sportiva la percentuale proteica può aumentare diminuendo il resto. A volte sembra difficile poterli cucinare però se ci vogliamo approcciare al concetto “perché fanno bene” basta anche cuocerli in forno o con un coperchio».

Raffaele Lenzi, un triatleta in cucina
(Il Sereno)
Raffaele Lenzi con la sua brigata(Il Sereno)

A proposito, si parla molto di risparmio energetico, nella tua cucina con più persone e tanti elettrodomestici é uno spazio con un grande consumo energetico, si può in qualche maniera risparmiare o non è possibile?

«Si può fare ma non in modo estremista, nel senso che comunque noi offriamo una cucina ed un’ospitalità di lusso e quando hanno un conto importante in un contesto come il nostro si aspettano un servizio di pari livello; quindi si può fare attenzione all’ambiente stando attenti. Per esempio apriamo il magazzino 20 volte al giorno e allo stesso tempo si accende la luce, oppure se sappiamo che un forno lo usiamo meno di un altro lo teniamo spento. Piccolezze che mostrano la nostra attenzione ma non posso dimenticare che di fatto tra colazione, pranzo, cena e servizio in camera io devo garantire un’operatività quasi continua».

Hai 99% di clienti stranieri, qual è il piatto più richiesto da questa clientela?

«Noi abbiamo il pesce di lago da sempre, e raccontarlo è fondamentale però non ci dimentichiamo mai che la nostra clientela essendo 90% americana vive di lago e conosce questo tipo di prodotto. Nel momento in cui diciamo che quello che noi usiamo è di questo lago si lasciano trasportare. Poi ci sono dei piccoli trucchetti; per esempio, ogni anno cambio il formato di pasta. Quest’anno abbiamo scelto il maccherone e, avendolo associato al mac and cheese, è andato più del doppio».

Quanto hai dedicato alla cura della colazione?

«Per me essendo una persona che cerca di curare l’alimentazione in una determinata maniera e tempo permettendo faccio sport sono convinto che sia il pasto più importante della giornata. E questa cura verso la colazione è molto gradita dai nostri clienti; ci sono persone che rimangono un’ora o un’ora e mezza a tavola e semmai a cena 45 minuti, mangiano due piatti e tornano in camera. Per me è fondamentale la colazione per quello che è il movimento hotel e chiaramente la cena per quello che è il movimento del ristorante, della cucina, di tutto. II pranzo viene fatto anche in maniera più disinvolta, cercando di porre la stessa attenzione. Ma, davvero come meccanismo di lavoro noi facciamo colazioni come se fosse un ristorante. A fare servizio colazione in sala ci saranno più di 10 persone, in cucina 5».

Una colazione senza buffet …

«Il buffet è una cosa involontaria, prendo perché ho paura di non trovare, perché tanto comunque è tutto compreso. E si andava incontro a grossi sprechi di cibo. Questo se ordini alla carta non capita o succede in maniera molto più ridotta. Certo, aumenta la difficoltà di servizio, ma per un valore più importante.

Quanto tempo le serve per creare un nuovo piatto?

«Dipende, nel senso che a volte mi è capitato di piatti nati d’istinto, come una illuminazione e in un minuto e mezzo l’abbiamo provata ed è piaciuta a tutti. Altre volte capita di preparare una cosa, anche tutti i giorni per due settimane che non convince mai nessuno, però non si deve mai avere paura di sbagliare, senno il piatto non lo tiri mai fuori. I piatti poi, anche quelli già esistenti, variano, possono anche cambiare durante gli anni migliorandoli, ed è capitato anche a noi. L’importante è avere una linea guida e non restare fermi su se stessi».

Com’è andata la stagione? Cos’è cambiato rispetto all’epoca pre covid?

«Oggi si vive un’esigenza totalmente diversa per chi vuole soggiornare in un albergo come il nostro; a differenza di quello che succedeva prima del covid e non proprio in meglio. Oggi la cosa più complicata è che i clienti “pretendono” che tu li serva come loro sono abituati ad essere serviti in casa loro, che è impossibile. Mantenere uno standard altissimo non significa che faccio le cose che fanno i tuoi domestici, se ne hai, e questo ha portato alcune difficoltà. Non è che non rimangono soddisfatti di quello che offriamo, però hanno quell’attitudine dell’aspettarsi di essere serviti come fossero a casa loro».

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