Giovanni Francesco Gemelli Careri (Taurianova, 1648 – Napoli, 1724) è storicamente considerato l’inventore del moderno concetto di turismo. Non avventuriero, né esploratore e neppure commerciante, era giurista presso l’amministrazione del Regno di Napoli al termine della dominazione spagnola. Militare oltre che avvocato, partecipò alla difesa dell’Ungheria dai Turchi ai comandi del duca Carlo VI di Lorena.
Alla metà degli anni ’80 del Seicento compì un viaggio in Europa dove toccò in soli sei mesi l’Italia, la Francia, la Germania, l’Inghilterra e i Paesi Bassi. L’idea di partire dalla città partenopea per compiere in solitaria il giro del globo nacque per una serie di contrasti personali all’interno della Corte del vicereame. Salpò da Napoli il 13 giugno 1693 con l’iniziale intenzione di visitare la Terra Santa e la Cina. Tornerà a Napoli cinque anni più tardi, il 4 dicembre 1698, dopo aver compiuto il giro completo del mondo. Visitò Egitto e Turchia per poi spostarsi a Oriente, da Trebisonda attraverso l’Armenia e la Georgia fino in Persia dove fu testimone dell’insediamento dello scià Husain ibn Sulaiman. E dalla Persia fino all’India, flagellata dalla guerra con il Gran Mogol, con il quale Careri riuscì ad avere udienza grazie all’intermediazione dei diplomatici europei.
Il viaggio in Cina e la descrizione dei costumi locali
In Cina il giurista napoletano arrivò il 19 agosto 1695, dove da Canton si spostò a Pechino. Da questo punto in avanti si sviluppano i resoconti più interessanti di tutto il viaggio. In particolare sui costumi e sulle invenzioni di quella terra ancora ampiamente sconosciuta. Non mancavano note sulla società e sulla corte imperiale. E molte curiosità, come le note sulle abitudini alimentari dei cinesi, che lasciamo alle parole di Gemelli Careri:
«Costumano i Cinesi di bever caldo, e mangiar freddo, al contrario degli Europei; nè vi è alcuno, che rinfreschi mai l’arsiccio palato, o per lo caldo ambiente, o per moto fatto in camminando, con acqua fresca, non che fredda; ma per lo contrario attende pazientemente, che se gli dia calda, in modo, che gli scotti le labbra, e’l volto; lavandosi medesimamente colla stessa: onde sembra loro una stravaganza, quando vedono un’Europeo bever freddo. Quanto alle vivande perché consumano le giornate intere assisi a mensa chiacchierando (per esser di natura loquaci) si raffreddano in modo, che perdono ogni buon sapore. Ciò non solo è in costume alla povera gente, ma usitato altresì da’ Mandarini, e Grandi; i quali sebbene fanno imbandire nelle loro tavole, nidi d’uccelli (che si comprano a trecento pezze d’otto il picco) ale di Tuberoni, nervi di Cervo, radici preziose, ed altro di gran prezzo; tante lunghe però sono le ciarle, che il tutto si raffredda».
Da Canton, Gemelli Careri puntò ancora ad Oriente, fino a raggiungere prima le Filippine e quindi il Messico, dove descrisse le miniere di argento e oro, e più tardi Cuba. Approdato all’Avana, ne descrisse la geografia, le fortificazioni e le chiese cattoliche, ma anche le miserie della schiavitù. Careri uscì anche dalla capitale, regalando la descrizione delle campagne cubane, le coltivazioni di canna da zucchero, i frutti tropicali. Due frutte particolari sono nell’Avana, che altrove non nascono. Uno, ch’ha la figura d’un cuore, è chiamato Guanavana; al di fuori verde, con alcune punte spinose, e dentro composto di spicchi bianchi, di un sapore ingrato, misto di agro, e di dolce, con alcuni noccioli. L’albero è grande quanto quello de las Anonas. L’altra frutta, che si dice Camito, rassembra in tutto al melarancio al di fuori; e dentro ha una polpa bianca, e rossa, di sapor dolce. L’albero è alto quanto un pero; la fronda da una parte è verde, dall’altra a color di cannella.
Il ritorno in Europa e la pubblicazione del suo viaggio
I monti sono pieni di cinghiali, vacche, cavalli, e mule. Uccelli ve ne sono molti, spezialmente pappagalli; e pernici, più grandi d’una quaglia, con testa turchina: e quanto a quei di gabbia, vi ha gran novero di quelli, che si chiamano Ciambergos.
Rientrò in Europa approdando a Cadice alla fine del 1698. L’anno successivo, da Napoli, scrisse la sua opera in 7 volumi che oggi è considerata la prima delle guide turistiche del mondo moderno.
