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Italia e Usa a braccetto nello spazio. Un settore che vale 360 miliardi

Italia e Usa a braccetto nello spazio. Un settore che vale 360 miliardi

Mandare un italiano sulla Luna non solo per prestigio ma anche per affari. Da non perdere

Oltre l’orgoglio e il sogno di vedere astronauti italiani sulla Luna, l’importanza dell’accordo firmato tra il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, delegato alle politiche spaziali Riccardo Fraccaro e il numero uno della Nasa Jim Bridenstine, va molto oltre la promessa di cooperazione tra Italia e Usa nelle missioni spaziali.


E prima ancora di fare dei nomi, anche se quelli di Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti sono evidentemente quelli ai quali siamo più affezionati, è importante capire che i meccanismi finanziari che regolano questo settore sono molto precisi e prevedono ricadute industriali amplificate in modo proporzionale su quanto viene investito.

Da mesi sui portali dell’Agenzia Spaziale Europea dedicati alle aziende del comparto (Emits) vengono pubblicate decine di possibilità per partecipare a progetti correlati alle missioni lunari, sia per la produzione di oggetti e servizi da mandare oltre l’orbita terrestre, sia per quelli che garantiscono la logistica e il funzionamento di ogni progetto rimanendo però sulla Terra.

Un esempio sono le richieste di progetti innovativi per estendere il 5G nello spazio e creare un servizio via satellite sia rivolto verso l’utenza terrestre, sia per chi si troverà a lavorare nello spazio.

Ci conviene quindi investire e partecipare senza remore al progetto Lunar Gateway, vale a dire la creazione di una stazione spaziale che orbiterà a distanza dalla Luna ma dalla quale sarà possibile assistere le missioni che sbarcheranno sul nostro satellite naturale.

Parallelamente si sta concretizzando il Programma Artemis, il più importante per coinvolgimento di uomini e mezzi dai tempi dell’Apollo, per arrivare al primo di una serie di allunaggi di una donna e di un uomo entro il 2024. Difficilmente (comunque mai dire mai), proprio per questioni di proporzionalità e politica spaziale, che siano i due italiani, ma è probabile che Luca e Samantha possano far parte delle missioni successive. Artemis ha una connotazione non completamente intergovernativa: per il programma la Nasa ha coinvolto diversi operatori spaziali commerciali seppure la parte più innovativa sia delegata alle agenzie Usa (Nasa), canadese (Csa) e giapponese (Jaxa). Lo scopo non è soltanto tornare sulla Luna, bensì abitarci stabilmente con una rotazione di astronauti simile a quella che permette la presenza di equipaggi sulla Stazione spaziale internazionale.

Ed anche se è facile intuire che tutto questo sarà propedeutico per poi fare la stessa cosa su Marte, come italiani dobbiamo saper sfruttare appieno l’impatto industriale che sarà generato dal non poter certo abbandonare sulla Luna gli equipaggi e doverli costantemente rifornire di beni e servizi. Quindi non ci sono soltanto da produrre capsule e razzi, ma un interno comparto dedicato al funzionamento delle due stazioni orbitanti (ISS e Lunar Gateway) a partire dal cibo (e su questo siamo i numeri uno al mondo) più tutto quello che servirà di logistico e consumabile sulla base Artemis.

Per dare qualche cifra bisogna pensare che soltanto il sistema del primo lancio, del quale si riutilizza soltanto una parte, costerà 1,7 miliardi di dollari, quanto chiesto in più dalla Nasa al congresso Usa per quest’anno. Quella spaziale sta emergendo come una delle industrie più redditizie a livello globale: si tratta di un settore valutato 360 miliardi di dollari nel 2018 che dovrebbe crescere del 5,7%, per un valore di 558 miliardi di dollari entro il 2026. Un esempio di fattore moltiplicatore del comparto è rappresentato dai servizi via satellite, la cui richiesta giocoforza aumenterà per la presenza umana nello spazio come per le esigenze di controllo dello stato del Pianeta dallo spazio, che si dovrà estendere alla Luna e quindi a Marte. Per questo si prevede che la domanda di nano-satelliti, sistemi e veicoli di lancio riutilizzabili sarà alimentata da massicci investimenti effettuati da Stati Uniti, Cina, Russia e Unione Europea nello sviluppo di sistemi satellitari di prossima generazione e dall’acquisizione su larga scala di tali sistemi da nazioni come Arabia Saudita, India, Giappone e Corea del Sud.

Gli Stati Uniti sono i maggiori investitori nel campo spaziale con Cina, Unione Europea, India, Russia, Giappone e Corea del Sud a dividersi il resto degli investimenti e quindi della ricaduta. A livello territoriale si prevede che il Nord America rappresenterà almeno per un un altro mezzo secolo la quota maggiore della spesa globale totale, seguita dalla regione Asia-Pacifico, dove paesi come Cina, India, Corea del Sud e Giappone stanno investendo miliardi per procurarsi sistemi riutilizzabili simili a quelli che gli americani hanno prodotto con la SpaceX di Elon Musk.

Bisogna considerare che da quando gli umani hanno lasciato le impronte sulla luna è trascorso oltre mezzo secolo, e se fino a un decennio fa l’esplorazione spaziale umana si era concentrata in gran parte su missioni con equipaggio in orbita terrestre bassa e esplorazione scientifica senza pilota, oggi gli alti livelli di finanziamento privato, i progressi tecnologici e il crescente interesse del settore pubblico rinnovano l’invito a guardare verso le stelle.

Secondo Morgan&Stanley Research le entrate generate dall’industria spaziale globale potrebbero aumentare fino a oltre un trilione di dollari entro il 2040. Le implicazioni degli investimenti per una portata più accessibile e meno costosa nello spazio esterno potrebbero essere significative, con evidenti opportunità in settori come la banda larga satellitare, la consegna di prodotti ad alta velocità e probabilmente anche i viaggi spaziali turistici.

Italia e Usa a braccetto nello spazio. Un settore che vale 360 miliardi


E mentre i più recenti sforzi di esplorazione sono stati guidati dalle agenzie governative e da una manciata di società private, l’istituzione di un sesto ramo delle forze armate statunitensi nel 2019, la cosiddetta Space Force, insieme al crescente interesse di Russia e Cina, spingerà gli investimenti del settore pubblico nei prossimi anni. L’invenzione che cambia le regole del gioco è il vettore riutilizzabile, che si può paragonare a quella dell’aeroplano per il secolo scorso, ovvero di qualcosa che cambia completamente modi, tempi e finanza di un’impresa umana. A breve termine è probabile che lo spazio come tema di investimento abbia un impatto anche su una serie di settori al di là delle industrie aerospaziali e della difesa, come i settori dell’hardware informatico e delle telecomunicazioni, al quale segue quello della sicurezza cibernetica, dei materiali innovativi e altro ancora. Non essere della partita sarebbe folle.

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