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E ora Fido può farsi capire

E ora Fido può farsi capire

Il collare psicologo che rivela quando il cane è felice o triste in base al suo modo di abbaiare, la porta con la fessura apribile se il cucciolo vuole uscire a fare i bisogni, il robot aspirapolvere capace di tenere d’occhio il gatto e pulire la casa non appena sporca. «Pet tech», tecnologia a quattro zampe: i gadget più evoluti per viziare le bestiole domestiche.


Per i padroni più innamorati, sono un’accozzaglia d’insulsaggini. Non per scetticismo, per una convinzione inscalfibile: già da soli sanno capire al volo urgenze, lagnanze ed esigenze dei loro amici pelosi attraverso un lampo nello sguardo, un abbozzo di ringhio, una sfumatura di miagolio. Non hanno bisogno di traduttori simultanei di versi ferini, guinzagli evoluti, ciotole smart. Per tutti gli altri, per quegli umani accecati dalla smania di coccolare i loro quadrupedi domestici, gli strumenti tecnologici che aiutano a sorvegliare, addestrare, comprendere i desideri di cani e gatti vengono presi per quello che sembrano: un’opportunità per viziarli meglio, ancora, di più.

Fatto sta che il filone del «pet tech», il concetto d’innovazione spinta, eterogenea, immune al senso dell’assurdo e applicata all’universo animale, macina consensi mentre frutta denaro: secondo una ricerca pubblicata lo scorso novembre dalla società Market Growth Reports, il giro d’affari globale del settore raddoppierà entro il 2026, passando dai circa 5 miliardi di dollari di valore attuale a 10,7 miliardi.

Gli indizi, la prova della tendenza, arrivano dall’ultima edizione del Ces, la fiera di riferimento dell’elettronica di consumo (quest’anno in versione solo virtuale), che si è da poco conclusa. Tra i gadget più ambiziosi, come raccontato dall’agenzia Reuters, il quotidiano The Independent e un lungo elenco di media internazionali, c’era Petpuls, il collare psicologo, un Freud indossabile alimentato a batteria: ascolta l’abbaiare del cane che lo indossa, lo passa al setaccio, trasmette la sua diagnosi a una app installata sullo smartphone. Comunica se Fido è felice, rilassato, ansioso, arrabbiato o triste. Se brama attenzioni o è a posto così. «Questo dispositivo dà al cane una voce che gli umani possono capire» ha sintetizzato trionfante uno dei creatori.

La start-up sudcoreana che ha sviluppato l’oggetto ha passato tre anni a raccogliere, interpretare e catalogare 10 mila latrati di 50 razze differenti, poi ha concepito un algoritmo dotato di ermeneutica, capace di partorire un nesso logico tra un suono e il suo significato. L’accuratezza, certificata da uno studio dell’università di Seul, sarebbe nei paraggi del 90 per cento. Forse anche perché i diretti interessati non possono smentire, al massimo guaire.

Di fronte a certe soluzioni, la sensazione è ambivalente. Si muovono sempre lungo il confine labile tra la fesseria assoluta e l’utilità rivoluzionaria. Ecco incursioni architettoniche, come «myQ Pet Portal», su misura per le villette con giardino: una fessura nella porta di casa da comandare a distanza, ampia abbastanza da consentire al cane di uscire, fare i suoi bisogni, sgranchirsi le zampe e rientrare. Mantenendo l’uscio sbarrato, a prova di malintenzionati. Il portale si può anche attivare in automatico grazie a un collare con Bluetooth, mentre un prodotto simile, Wagz (foto sotto), ha a bordo il Gps e una connessione dati come quella del telefonino: così rileva in tempo reale la posizione dell’animale domestico e fa suonare l’allarme sullo smartphone del padrone se si allontana da una zona prestabilita, va dove non dovrebbe (per esempio, si tuffa in una piscina), persino se la temperatura ambientale è scesa troppo e rischia di prendere freddo.


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Wagz
Wagz

Se poi un cucciolo è riottoso, indisciplinato, svogliato, in arrivo dal Ces c’è la app Sniffy: non annusa nulla, contraddicendo il suo nome, ma attraverso sessioni mirate in video e audio allena i cani, «li trasforma», la traduzione è letterale, «da imbranati ad adorabili membri della famiglia». Non discutiamo se l’irruenza e la spontaneità siano davvero detestabili, non è questa la sede adatta.

Sniffy si comporta come i programmini di fitness fai da te che hanno spopolato durante la pandemia, solo che anziché scolpire i glutei e forgiare gli addominali, governa gli scodinzolii e frustra gli eccessi d’intraprendenza bestiale. Minuzie rispetto a quanto promette di realizzare la tecnologia allo studio della Colorado State University, che negli Stati Uniti si è guadagnata l’apertura della home page del quotato magazine NewScientist. L’idea è combinare un complesso software, una telecamera, un diffusore sonoro e un dispensatore di cibo per dare vita a un addestratore elettronico, autonomo: l’audio imprime un comando, un’intelligenza artificiale analizza l’immagine catturata dalla videocamera; se il cane ha fatto quello che gli è stato chiesto – sedersi, alzarsi, rotolarsi – lo premia con un biscotto o una delizia ipercalorica equivalente. Di nuovo, lo schema gronda ottimismo: funzionerebbe nel 92 per cento delle volte. «Ma è precario dal punto di vista etico, perché una macchina non riesce a identificare un eventuale stato di malessere nell’animale» ha osservato Ilyena Hirskyj-Douglas della Aalto University, in Finlandia, ricercatrice specializzata nell’interazione tra chip e quadrupedi. «È l’automazione della relazione cane-padrone a essere problematica» ha rimarcato Dirk van der Linden della Northumbria University nel Regno Unito, sempre interpellato dal NewScientist.

Eppure, la direzione sembra proprio questa, la «pet tech» tenta di ritagliarsi un ruolo da protagonista, di custode del nido quando la casa non è abitata dagli umani, nelle ore in cui felini e dintorni sono soli e potenzialmente in grado di far danni e scompigli. Così, Samsung ha svelato JetBot 90 AI+, un’aspirapolvere robot che verrà lanciata negli Stati Uniti entro il primo semestre del 2021: «Decide il miglior percorso per pulire, identifica gli oggetti, sta alla larga da quelli delicati come i vasi, ha una telecamera per tenere d’occhio gli amici pelosi» ha spiegato Sebastian Seung, responsabile della ricerca dell’azienda coreana.

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Samsung
Samsung

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Samsung

Sarà il perno e il preludio di un ecosistema di servizi molto più vasto, l’antipasto di un domani imminente in cui gli elettrodomestici diventeranno tutori e garanti del benessere animale: l’aspirapolvere tira a lucido il pavimento ogni qual volta il cane sporca, un maggiordomo di bit gli serve i pasti da una ciotola che si riempie a orari prestabiliti, lo distrae accendendo la tv, regola la temperatura ideale, chiude le tende se batte il sole, purifica l’aria. Tratta Fido per quello che è: un re.

L’ingresso nel segmento dei colossi, accanto al coraggio sperimentale delle solite start-up, consolida il fenomeno. Al Ces la cinese TCL, uno dei principali produttori di tv al mondo, ha messo un piede nel business con Movetrack Pet Tracker, «un guinzaglio virtuale» (la definizione è del costruttore) che monitora la posizione del cane a cui è agganciato, registra la sua attività per controllare se si è mosso abbastanza durante il giorno, integra una targhetta digitale così, se la bestiola si perde, chiunque la ritrova può rintracciare il proprietario in un istante.

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TCL
TCL

È lecito chiedersi perché una multinazionale che fabbrica soprattutto televisori, tablet, smartphone e accessori per umani abbia deciso di addentrarsi in questo territorio. La risposta la si legge in un recente rapporto della società di analisi Grand View Research, che prevede un decollo del mercato dei «Pet wearable», i dispositivi indossabili per cuccioli, segugi e affini: passerà dai quasi 2 miliardi di dollari attuali, ai 4,6 miliardi del 2027. Più del doppio. I padroni spendono per amore dei loro migliori amici a quattro zampe, le aziende dimostrano di avere una caratteristica in comune con gli animali: il fiuto. Sì, per gli affari.

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