La tecnologia di «eternità virtuale» permette ai fan di interagire con i loro idoli in versione di bit. Ai personaggi viene regalata una seconda vita digitale, alimentata dalla curiosità del pubblico. Lo dimostrano gli esperimenti con Achille Lauro e Michelangelo.
Achille Lauro racconta il suo percorso musicale, cosa lo ispira, qual è la storia dietro il nuovo album, poi svela sogni, desideri, aspirazioni: «Il mio progetto per il futuro» si legge sullo schermo «è solo uno. Trasformarmi. Sentire la vecchia pelle creparsi intorno a me. L’enfant prodige pulsare impazzito come il cuore di un uccellino. Pensare di morire presto, ma rinascere ancora».
Le parole di uno degli artisti più poliedrici ed estrosi della scena musicale contemporanea appaiono sul display, una dopo l’altra. Di fronte agli occhi scorre un’intervista lunga, sincera, dalla dinamica molto peculiare: siamo noi, ognuno di noi, a decidere la sequenza delle domande, quali aspetti approfondire, quali tralasciare o scoprire dopo. Nel frattempo, si ascoltano canzoni, si guardano foto dell’infanzia, si potrebbe persino ricevere una sorpresa. Sembra di essergli seduti accanto, l’effetto ricorda una chiacchierata con un caro amico.
È un’esperienza polisensoriale, visiva e uditiva, un salto in un’altra dimensione. Dopo la «virtual reality», ecco la «virtual eternity», l’eternità virtuale. Una tecnologia capace di rendere immortale un artista: di consentire al pubblico di interagire con un suo avatar, un equivalente digitale generoso di dettagli e curiosità che rimarrà per sempre online (sul sito Achillelaurovirtualeternity.it).
«È lo specchio di una generazione abituata a tali strumenti. Un esempio compiuto di intimità su larga scala: la sensazione è quella di instaurare un rapporto diretto con il proprio beniamino. Uno scambio molto più soddisfacente di un like o del commento a un post su un social network. Qui si riceve una risposta diretta ai propri quesiti» riassume Raffaele Bifulco, cofondatore e managing director di NEWU, società di consulenza specializzata nel reinterpretare le opportunità offerte della tecnologia.
Il cantante di bit (tatuaggi compresi), realizzato in collaborazione con Warner Music, è un chatbot, un software che simula una conversazione scritta. «Alle spalle» sottolinea Bifulco «ha un grande cesello autoriale, combinato con lo sforzo di rendere il suo modo di esprimersi, i suoi percorsi psicologici, aderenti a quelli del personaggio. Non potrebbe essere altrimenti, ne va della sua credibilità».
Achille Lauro è giusto un caso delle potenzialità collegate alla «virtual eternity». La stessa squadra che ha creato quest’esperienza ha già fatto tornare in vita Michelangelo per il museo dell’Opera del Duomo di Firenze. Basta visitare il sito Duomo.firenze.it per vederne comparire la sagoma in basso a destra sullo schermo. Cliccando, ecco aprirsi una finestra di dialogo. Si può scrivere la propria domanda relativa alla biografia o ai lavori dell’artista, ottenere subito l’informazione o essere invitati a ritornare in un secondo momento. Intanto, chi gestisce il chatbot, ha il tempo di scovare e aggiungere quel dettaglio, che rimarrà disponibile per chi porrà il medesimo quesito. Così, il sistema viene arricchito con quanto è davvero rilevante per il pubblico: la conoscenza diventa corale, partecipata. Uno dei più grandi maestri dell’estro italiano continua a insegnare.
«Il modello» commenta Bifulco «si può estendere ad attori, sportivi, designer. Chiunque voglia comunicare in maniera dinamica e originale, chiunque abbia una storia da raccontare. Una famosa opera dello scrittore Vincenzo Agnetti recita: “Dato un oggetto qualsiasi, esso sarà comunque il punto di partenza e di arrivo di un numero infinito di discorsi“».
È lo scavalcare un ostacolo, il trascendere il vincolo della mortalità: la «virtual eternity» trasporta il passato immobile in un presente dinamico, avanguardista. Rientra in uno schema applicabile a protagonisti reali o immaginati, a Mozart come alla Monna Lisa. Sa persino andare oltre la parola scritta: la sua evoluzione sarà conversare naturalmente, chiedere a voce anziché digitare. NEWU sta lavorando a questo sviluppo, a un salto di qualità dell’interattività: «La tecnologia, in fondo, non è altro che uno strumento della creatività».
La relatività dei limiti logici, complici la giusta intuizione e gli strumenti adatti, è stata dimostrata da un altro progetto curato dall’agenzia: il musicista Dardust è riuscito a far ascoltare il suo ultimo album alle persone sorde. Le note sono state tradotte in un linguaggio tattile che, tramite 30 minuscoli sensori inseriti all’interno di una speciale maglietta, ha suonato addosso a chi la portava. È di nuovo quel concetto di intimità su larga scala: il singolo arriva a tanti, abbatte la barriera della disabilità come della distanza fisica. Annienta il limite del tempo.