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Saturnino: l’adrenalina dei sold out al PalaJova e i superpoteri degli occhiali

Saturnino: l’adrenalina dei sold out al PalaJova e i superpoteri degli occhiali

Il tour più entusiasmante di sempre, il ricordo di Battiato e il potere della musica. Parla Il bassista della Premiata Ditta Jovanotti

«Mi sento titolare di una carica onoraria, qualcosa tipo Senatore a vita» racconta divertito Saturnino, da 35 anni al servizio della Premiata Ditta Jovanotti. «Lorenzo è talmente abituato a vedermi sul palco con lui che in uno degli ultimi concerti si è pure dimenticato di presentarmi insieme agli altri musicisti. Poi, se n’è accorto e ha “rimediato” nella canzone successiva». L’umore è alto, mentre passeggia per Milano con il suo cane, il mattino successivo all’ultimo dei sei sold out al Forum (altri sei spettacoli sono previsti a maggio, nessun biglietto disponibile). «Gli ultimi dieci giorni sono stati incredibili, quasi una routine impiegatizia di lusso: suonare il basso, davanti a diecimila persone, tornare a casa, dormire nel proprio letto, un giorno di riposo e poi un altro bagno di folla. Il tutto esaurito per più sere nella stessa città è sempre emozionante, ma nel posto dove vivi ha un sapore unico» spiega con ancora negli occhi e nelle orecchie le vibrazioni di un tour trionfale quanto speciale. Il primo dopo un lungo stop per l’incidente in bicicletta, a Santo Domingo, del titolare della Premiata Ditta: femore sbriciolato, una gamba più corta dell’altra di quattro centimetri e poi un intervento fiume in Italia per rimediare al danno. 

«Non te lo nascondo, la fine del primo concerto del tour a Pesaro per me è stata un’epifania. Ho pensato: ma allora è vero, queste date si possono fare. Lorenzo è una persona dotata di una positività estrema, davvero estrema, l’ho sempre visto sorridere anche nella peggiore delle situazioni, ma questa volta ho avuto davvero paura che non potesse tornare a fare quello che di fatto è la sua ragione di vita. E, invece, è riuscito in quest’impresa, e ogni sera va sempre meglio: la gente torna a casa come se avesse fatto il pieno di gioia e voglia di vivere. È un pubblico, straordinario con tanti ragazzi giovani, che non ci avevano mai visto prima» spiega. 

«C’è un episodio che mi fatto morire dal ridere: la figlia ventenne di una carissima amica è venuta al Forum. Da lì ha chattato con la madre: “quella persona che conosci tu è veramente molto amica di Jovanotti, l’ha pure invitato sul palco”. Stupendo». È l’imprevedibilità delle dinamiche della fama: «Sembra incredibile, ma se attraverso il Forum pieno di gente senza gli occhiali, non mi riconosce nessuno. Sono un Superman al contrario. Lui li indossa per mimetizzarsi». 

Manlio Sgalambro, filosofo dall’animo pop, storico collaboratore di Franco Battiato, sosteneva che la vera musica dal vivo fosse il disco registrato in studio, un’affermazione in contrasto con lo spirito di questo tempo in cui chiunque abbia un paio di canzoni cliccate in streaming e abbia un po’ di fan sui social annuncia date di concerti e sold out a ripetizione in ogni dove. 

«Considerato quanto costano i biglietti, la gente sta iniziando ad aprire gli occhi e a rendersi conto della differenza tra uno show e l’altro. Quando ho esordito io, esibirsi al Forum di Milano era come andare alla Messa in Vaticano. Adesso al Forum ci si va leggeri, con una certa disinvoltura. Dopo di che, se ti avventuri su quel palco senza un vero repertorio, con un paio di pezzi semi famosi e uno spettacolo modesto in tutti i sensi, la gente se ne accorge. Le recensioni del pubblico, in diretta su Tik Tok, alla fine dello spettacolo, non mentono. Si sentono sempre più spesso testimonianze di aspettative deluse, di ragazzi che si lamentano per la qualità audio pessima, di show approssimativi che durano tre quarti d’ora» sottolinea.

«Quanto a Sgalambro, in un certo senso ha ragione. La possibilità di registrare e riprodurre il suono ha fermato il tempo, ha consegnato alla storia esecuzioni pazzesche che sarebbero andate perdute per sempre. Ad esempio, tutti conoscono Mozart, ma non esistono dischi suonati da lui. Quando però il concerto viene allestito con criteri altamente professionali, allora le canzoni possono suonare meglio che sul disco» sottolinea prima di entrare nel merito del meticoloso lavoro di preproduzione che ha preceduto il tour di Jovanotti: «Il profitto come primo e unico obiettivo non fa bene alla musica. La qualità richiede tempo e grandi investimenti. Quest’anno, sul palco con Lorenzo ci sono 13 musicisti solisti… Per un mese intero abbiamo provato e riprovato le canzoni. Non in un garage, ma in un luogo perfetto per fare musica. Ogni giorno dalle 9 del mattino alle 8 sera. Poi, cena, letto, e di nuovo in pista. A seguire, dodici giorni di simulazione definitiva al Palasport di Pesaro, ovvero dodici concerti completi, suonati dall’inizio alla fine con un’intensità pazzesca, ma senza pubblico. La qualità ha un prezzo».

Nel libro dei suoi ricordi, Saturnino annovera anche l’incisione di un disco speciale, L’imboscata, il best seller di Franco Battiato (che quest’anno avrebbe compiuto 80 anni), l’album che contiene il più potente inno all’amore universale di sempre: La cura. «Un uomo straordinario, lavorare con lui era un flusso armonico. Mai una tensione, mai un atteggiamento del tipo “io sono io e voi musicisti chi cazzo siete?”. Sempre elegante, mai un gesto inopportuno, eppure in lui c’era un’anima punk. Era musicalmente imprevedibile, a volte spiazzante, e quando imbracciava la chitarra, la suonava con delle pennate dure, incisive con un suono distorto che sembrava uscire da un disco punk rock. Franco era un genio che musicalmente ha voluto attraversare ogni confine: da Ombretta Colli ai Sex Pistols»

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