Non bastavano Covid e turbolenze economiche. La Francia si divide sui 200 anni dalla scomparsa di Bonaparte, tra sostenitori e «revisionisti» della sua ingombrante figura storica. Macron si trova a dover fronteggiare le contestazioni dalla sinistra e, in parallelo, le spinte alle celebrazioni. Intanto, in Italia…
Per parafrasare Alessandro Manzoni, «Così percossa e attonita la gauche al nunzio sta»…. Emmanuel Macron infatti, dopo non pochi tentennamenti, ha deciso: il 5 maggio la Francia celebrerà comme il faut il secondo centenario della morte di Napoleone Bonaparte spirato il 5 maggio 1821 a Sant’Elena dove era esiliato.
Le femministe, gli antirazzisti, gli intellò della rive gauche si sentono appunto traditi: avrebbero voluto cancellare la memoria del «sanguinario imperatore», che uccise il sogno della Rivoluzione. A loro dire il generale còrso era imperatore sì, ma dei razzisti, maschilisti e assassini. In più era omofobo e imperialista. Dicono gli storici della medicina che soffrisse di ulcera perforante e sia stato avvelenato, ma sono note a margine. Si schierano per la damnatio memoriae dell’Imperatore anche Black Lives Matter e il variegato mondo del MeToo visto che il còrso aveva ruvide attenzioni per le signore del suo tempo. Una tale armata neppure a Waterloo s’è vista.
Che tutto questo abbia un sinistro sapore orwelliano agli intellettuali «revisionisti» della vicenda bonapartista non interessa. Ma Macron, che pure non se la passa bene visto che il 76 per cento dei francesi – stando ai sondaggi – pensa che abbia mentito sul virus e abbia gestito malissimo la pandemia, ha deciso che più che il consenso a sinistra poté l’onor e pure la ricerca di qualche voto a destra. Il portavoce dell’Eliseo Gabriel Attal ha spiegato che il presidente ritiene «Napoleone una figura maggiore della nostra storia, che bisogna guardare in faccia, inclusi quei momenti che possono essere stati difficili e quelle scelte che appaiono oggi contestabili» e perciò il 5 maggio le celebrazioni si faranno, anche se con quale programma è ancora tutto da stabilire. Anche perché le frizioni sono a un livello molto alto.
La ministra per le pari opportunità Elizabeth Moreno intervistata da Le Figaro e da Rtl ha detto che «Bonaparte è stato uno dei più grandi misogini, ha ristabilito la schiavitù e anche se è stato allo stesso tempo un grande uomo della storia francese» prima di celebrarlo in pompa magna bisogna pensarci bene. E così le truppe contro l’Imperatore s’infoltiscono. Un altro quotidiano, Le Parisien, ha fatto un’inchiesta sull’argomento e ha registrato molto sdegno a sinistra. Laurent Joffrin, ex direttore di Libération, il giornale che è la storica voce dei progressisti, sostiene che Bonaparte «ha sulle spalle più di un milione di morti, sicuramente ha avuto una vita straordinaria, ma il suo bilancio è molto contrastato e il personaggio è ambiguo».
Durissimo anche il giudizio di Louis-Georges Tin, presidente onorario del consiglio rappresentativo dei Neri di Francia: «Questo è l’unico Paese al mondo che ha ristabilito la schiavitù con Napoleone, non capisco perché si continui a celebrare la sua memoria come se niente fosse». Françoise Vergès, oracolo del femminismo d’Oltralpe, incalza: «Napoleone era razzista, sessista, dispotico, militarista e colonizzatore, ma tutto questo si nasconde sotto il tappeto. C’è una tale nostalgia verso la passata grandeur francese che è come se i francesi continuassero a scaldarsi al sole di Austerlitz, ma deve finire».
C’è da dire che il fronte a favore di Napoleone è altrettanto ampio e variegato; la Fondation Napoléon pretende una grande esposizione nel parco de La Villete, vuole la massima valorizzazione della tomba del condottiero a Les Invalides e teme però anche attacchi, a esempio dalle fazioni antagoniste capeggiate da Franco Lollia che dovrà già comparire in tribunale per aver vandalizzato una statua del ministro di Re Sole, Jean-Baptiste Colbert. C’è chi come Jean-Marc Ayrault presidente della Fondazione per la memoria della schiavitù pretende di organizzare una contro-celebrazione.
E però Le Figaro se la prende con l’Isola d’Elba che ha già indetto un anno di celebrazioni napoleoniche perché il giardino della Villa dei Mulini di Portoferraio, la piccola reggia dell’Imperatore nel suo esilio durato dieci mesi sull’isola toscana, sarebbe in pessime condizioni. L’Italia sembra più incline a celebrare Napoleone (che pure ha grassato mezzo patrimonio artistico nazionale che ora dà lustro al Louvre). Lo farà Sarzana dove i Bonaparte ebbero grande ruolo, lo fa Roma che ha riaperto i mercati di Traiano e fino al 30 maggio vi ospita una mostra in cui si ripercorre il rapporto tra l’Imperatore e la classicità usata anche come propaganda.
Un silenzio assordante c’è invece in Corsica. Che farà Ajaccio? Questa è la vera spina nel fianco di Macron: da alcune settimane l’isola è di nuovo in ebollizione. Gli indipendentisti – che hanno la maggioranza nell’assemblea e nel governo còrso – accusano il prefetto Pascal Lelarge. Jean-Guy Talamoni, presidente dell’assemblea còrsa afferma: «Poiché a questo prefetto piace molto superare i limiti, io chiedo che superi una vota per tutte i limiti della nostra terra». In questo clima le celebrazioni napoleoniche rischiano di trasformarsi in manifestazioni antifrancesi.
Sarà un 5 maggio come quello cantato da Alessandro Manzoni? «Tre volte nella polvere, tre volte sull’altar». Vedremo.