Affascinanti nella loro metamorfosi, nei colori che sfoggiano e nelle migrazioni capaci, talvolta, di oscurare il sole. Lo racconta un libro americano, pubblicato anche in Italia, dedicato a queste splendide creature. Preziose non solo per motivi estetici, ma anche perché trasportano il polline. E, proprio come le api, oggi sono a rischio di estinzione.
La farfalla è una sorta di femme fatale, e pochi le resistono. Una volta il famoso banchiere Walter Rothschild fece fermare un treno in modo che i suoi servitori potessero catturare un bellissimo esemplare visto dal finestrino. Per non parlare dello scrittore Vladimir Nabokov, l’autore di Lolita, che a sette anni chiese al suo domestico di inseguirne una. Nel suo libro di memorie Parla, ricordo raccontò che per tutta la sua fanciullezza si svegliava felice al mattino pensando a tutte le farfalle che avrebbe incontrato durante il giorno. Da adulto arrivò ad assaggiarne due per decidere quale fosse della specie «monarca» e quale la «viceré». La sua passione per questi insetti lo aveva già portato a divenire uno studioso di lepidotteri, tanto che nel 1944 organizzò una collezione di farfalle nel museo di zoologia dell’Università di Harvard.
C’è qualcosa di conturbante nelle farfalle che va oltre la bellezza delle forme, la simmetria e i colori. Ha a che fare con la metamorfosi: «psyché» per gli antichi greci significava non solo «anima» ma anche «farfalla». L’anima umana abbandonava il corpo come quelle due ali che si librano in volo dalla crisalide. Il loro fascino, e le tante curiosità che le contraddistinguono, sono il tema del libro La vita e i segreti delle farfalle (Aboca) di Wendy Williams, giornalista scientifica del New York Times. Un saggio che cavalca l’onda di un rinnovato interesse per questi insetti, mai sopito, dovuto al loro divenire sempre più rari in molte parti del mondo. Come spiega lo zoologo Diego Fontaneto del Cnr-Irsa, «in Italia gli spazi aperti ricchi di biodiversità, che erano l’habitat naturale delle farfalle, sono drasticamnete diminuiti a favore di campi coltivati a monocoltura o di superfici boschive; il loro declino è parte di un fenomeno assai più vasto che riguarda il drastico calo degli insetti nel nostro Paese e la concomitante invasione di specie aliene».
Farfalle italiane come la Coenonympha oedippus, dalle macchie rotonde bianche e nere nella parte inferiore delle ali, o come la Papilio hospiton, dai disegni ondulati e variopinti, sono divenute specie protette nell’Unione europea, insieme a un’altra decina di «cugine». E i collezionisti si adeguano, scambiandosi esemplari di altri tempi o specie che è ancora possibile catturare andando per i prati con un retino. Lo dimostra il successo di EntoModena, un evento che vede più di 5 mila visitatori e collezionisti di ogni parte dell’Europa riunirsi a Modena due volte all’anno.
Il libro di Williams è corredato dai bellissimi disegni di Maria Sibylla Merian, pittrice, naturalista e appassionata di lepidotteri, il nome scientifico delle farfalle. Vissuta alla fine del 1600, fu lei, prima ancora di altri più celebri naturalisti, a «comprendere l’importanza delle interconnessioni tra le specie animali e vegetali che vivono nel nostro Pianeta».
Nel suo laboratorio si rese conto di come i bruchi nascessero dalle uova per poi racchiudersi allo stadio larvale in una sorta di bozzolo e alla fine librarsi in volo come bellissime farfalle. Quella prova della connessione tra esseri viventi minava alla base l’idea, allora diffusa, che la vita potesse nascere in maniera spontanea dalla materia inanimata, e che tutte le specie viventi si potessero ordinare in una scala gerarchica ordinata.
Per generazioni, da Merian in poi, i collezionisti hanno ripetuto le stesse procedure per conservare le farfalle: «Catturano una femmina, le fanno fare le uova, allevano i bruchi, aspettano la metamorfosi e quando diviene adulta la mettono al freddo, nel freezer per esempio, per poi prepararla con speciali strutture» spiega Fontaneto. Oggi a indicare la via da seguire è l’ecologista inglese e allevatore di farfalle a rischio di estinzione Martin White il quale, dopo essersene preso cura, spesso le rilascia in ambienti naturali.
Un bambino che avesse la sensibilità di non uccidere queste splendide creature potrebbe semplicemente allevarle tenendo in giardino ciò che le invoglierebbe a restare. Potrebbe cominciare con il coltivare carote e finocchi per vedere svolazzarvi intorno una delle farfalle italiane più belle, la Papillo machaon, i cui bruchi si nutrono delle loro foglie; o con il piantare cavoli, cibo prediletto dei bruchi delle cavolaie, esemplari bianchi con due macchie e una banda nera sulle ali anteriori. E se volesse allontanare la presenza di specie aliene, con tutte le conseguenze dannose per quelle native, dovrebbe evitare di coltivare gerani, che a basse altitudini sono destinati a morte certa per la presenza della Cacyreus marshalli di origine sudafricana.
Al fascino della farfalla non resistono nemmeno le formiche. Proprio come una femme fatale, per conquistarle l’insetto si trasforma, usa i suoi trucchi, emana i suoi profumi. Nel libro Williams li racconta senza cessare di meravigliarci. È il caso della «large blu», con macchioline nere su un fondo blu metallico e l’apertura alare di circa sei centimetri. Elle fait tourner la tête, si potrebbe dire: è talmente bella che devi girarti a guardarla per seguirla nel suo volo finché non scompare alla vista. Nella forma di bruco, la large blu emette un composto captato dalle formiche come un segnale amico. Anzi, di più. Il bruco viene riconosciuto come una figura reale e lui stesso si comporta come tale. Viene comodamente sistemato nel nido delle formiche, si lascia accudire e si abbandona a una sorta di letargo per poi impuparsi e trasformarsi in farfalla. A quel punto le formiche la conducono fuori dal nido e si schierano in fila come a renderle omaggio quando si dispiega in volo, in tutta la sua cromatica bellezza.
E poi, ci sono le incredibili migrazioni di questi insetti. Racconta l’autrice del saggio che le farfalle monarca attraversano a milioni l’America, in serrate formazioni da nord a sud, oscurando perfino il sole. Per almeno un secolo e mezzo non fu chiaro dove andassero finché il biologo canadese Fred Urquhart e i suoi collaboratori marcarono alcune farfalle dimostrando che, partite dal Canada, andavano a svernare nel Messico. Eravamo nel Novecento, quando le marcature erano semplici etichette in miniatura. Urquhart, ormai vecchio, aveva perso le speranze di dimostrare che una farfalla potesse compiere un così lungo percorso. Si era recato in Messico per cercare quelle etichettate migliaia di chilometri più a nord. Arrivato sulla cima di una montagna altissima, si sedette a riposare. Improvvisamente un esemplare si alzò in volo sfoggiando sull’ala una delle sue etichette.
Oggi la farfalla appare sempre più come una bellezza caduca, destinata a scomparire: si moltiplicano le notizie di specie in estinzione. A chi pensa che abbiano solo un valore estetico va ricordato che, come le api, contribuiscono al trasporto del polline da un fiore all’altro permettendo la crescita delle colture. Quando Einstein disse «se spariranno le api ci resteranno pochi anni di vita», avrebbe dovuto ricordare anche le farfalle. Un recente studio americano sulla morfo blu (una specie diversa rispetto alla large blu) racconta che la sua sopravvivenza si basa su una fragile catena biologica: le piante non devono crescere troppo, i conigli selvatici devono brucare l’erba, il virus della mixomatosi non deve sterminare quei roditori. Una rete interdipendente alla quale partecipano tutti gli esseri viventi. Una rete fragile, in cui ogni nodo ha un ruolo cruciale e imprescindibile.
