Home » Tempo Libero » Cinema » Willem Dafoe, il camaleonte di Hollywood

Willem Dafoe, il camaleonte di Hollywood

Willem Dafoe, il camaleonte di Hollywood

Ha un volto trasformista, può essere super cattivo o super eroe. Ha recitato in Platoon, Spiderman e Il paziente inglese. Lo vedremo presto in cinque nuovi film (tre sono di Abel Ferrara).A Panorama racconta perché nemmeno la quarantena lo ha tenuto lontano dal set: «Recitare è l’unica cosa che mi fa battere il cuore. Oltre a mia moglie».


Willem Dafoe, 65 anni compiuti a luglio, quattro candidature all’Oscar, è soprannominato «il grande camaleonte» per l’abilità con cui riesce a scomparire in personaggi di diverse età, Paesi, ceto, cultura, artisti riveriti o uomini qualunque. Ma sarebbe ora di aggiungerci anche «stakanovista». Nei 40 anni della sua straordinaria carriera, è apparso in oltre 100 film, senza contare quelli d’animazione o i documentari cui ha prestato solo la voce. Tanto che anche nel 2020, l’anno peggiore per il cinema chiuso in una quarantena di oltre sei mesi, Dafoe ha due film (distribuiti online), uno attualmente in sala e uno alla Mostra di Venezia, tre già pronti ma rimandati al 2021 e altri due che sta per cominciare.

Sposato dal 2005 con la regista italiana Giada Colagrande, 45 anni, vive fra Roma e New York, quando non è in giro fra i set del mondo. Ha doppia cittadinanza e ha approfittato del lockdown per intensificare le lezioni di italiano. I risultati si sono visti nel film Tommaso (presentato l’anno scorso ai festival di Cannes e di Torino), dove appariva la sua vera insegnante che è anche quella del regista Abel Ferrara, suo vicino di casa. Dafoe non solo interpretava un filmaker americano che dopo essersi disintossicato, come Ferrara, stava preparando il nuovo film, ma Nikki, sua moglie nella finzione e la figlia Dee Dee, erano veramente quelle del regista, cioè Christina Ciriach e Anna Ferrara. In Siberia c’è di nuovo Christina Ciriach, che interpreta il ruolo di una donna russa incinta, e pure Anna, ma stavolta nel ruolo di un maschio. Sportin’ life, fuori concorso a Venezia, è un documentario sulla relazione che il regista Ferrara ha con il suo lavoro, con Willem Dafoe, con la musica e l’arte.

Si sente l’alter ego di Abel Ferrara?

Mi sento il suo complice, che è quello che dovrebbe essere ogni attore verso il proprio regista.

In Tommaso è stato difficile girare scene d’amore con Christina sotto gli occhi del marito regista?

No, perché ci conosciamo tutti molto bene. E la familiarità cancella ogni imbarazzo, permettendo un rapporto più profondo e intimo. È uno dei motivi per cui mi piace lavorare spesso con gli stessi registi, non si perde tempo in tante spiegazioni.

Come definirebbe Siberia?

Un’esplorazione del linguaggio dei sogni e di quello del cinema. Il mio personaggio, Clint, si è ritirato a vivere ai confini del mondo, dove gestisce un bar. Ma ha continue allucinazioni, per cui un giorno si mette in cammino per ritrovare se stesso, la sua anima e il senso della vita.

Anche in questo film lei guida una slitta trainata dai cani, proprio come in Togo – Una grande amicizia. È da lì che viene l’idea?

No, per strano che possa sembrare degli storyboard di Siberia mostrati già in Tommaso, Abel me ne aveva parlato anni fa, definendola una storia alla Jack London, mista a reminiscenze psicanalitiche de Il libro rosso di Carl Gustav Jung. È stato un assoluto caso, ma molto utile: quando abbiamo girato Siberia, avevo già fatto tutti gli errori possibili per diventare un musher affidabile, ossia un conduttore di slitte trainate dai cani.

In effetti, in alcune cose la somiglianza fra i due film c’è…

Credo che sia solo la seconda volta che faccio lo stesso mestiere in due film consecutivi. Mi era capitato con Platoon di Oliver Stone con cui avevo ottenuto la prima nomination all’Oscar. Pensavo che la mia carriera svoltasse, invece mi arrivarono tantissime proposte che non mi piacevano. Rimasi fermo due anni e quando non potei più permettermelo, scelsi Off limits, un altro film sul Vietnam. E probabilmente fu un errore. Non c’è niente di peggio che farsi incasellare. Lo dice uno che ha dovuto faticare per uscire dalle parti di carogna. Deve essere la mia faccia, che io preferisco definire un dipinto di Pieter Bruegel.

Togo – Una grande amicizia era targato Disney. Non le è sembrato strano essere in un film per famiglie?

Da bambino mi sdraiavo per terra a pancia sotto, e ascoltavo dal grammofono i dischi dei film animati Disney. Hanno contribuito a liberare la mia fantasia.

Come è stato nascere a Appleton, una cittadina di poco più di 30 mila abitanti?

Sa come dicevano i ragazzi del luogo? Da qui l’unico che è riuscito a scappare è stato Houdini, il mago delle evasioni. Era nato in Ungheria, col nome Erik Weisz, ma dai quattro anni in poi è cresciuto ad Appleton, prima di trasferirsi a New York. Praticamente il mio stesso percorso…

Se lei non avesse scoperto il teatro e la recitazione?

Non lo so. Non avevo grandi ambizioni e mi piacciono le cose semplici: cucinare, fare il bucato. Ma detesto piegare i vestiti.

Un libro che ha letto durante il lockdown?

Non vorrei apparire suggestionabile, ma non ho resistito a rileggere per l’ennesima volta La saggezza del dubbio. Messaggio per l’età dell’angoscia di Alan Watts. Più che mai attuale.

L’ultima volta che ha dovuto fare un provino?

Spiderman: come in Dottor Jekyll e mr. Hide, in quel film avevo due personaggi: Norman Osborne e il Green Goblin.

Il miglior consiglio ricevuto?

Tieni la bocca chiusa e le orecchie aperte.

Non pensa mai di lavorare troppo?

Trovo piacere in diverse cose, amo la varietà, ed è naturale che avendo molti interessi, quando decidi di aprire la porta, ti capitano più opportunità. Molti miei colleghi lavorano solo per assegni con certe cifre, altri soltanto per certi generi di film, qualcuno privilegia location esotiche, qualche altro non si muove se non ha gli Studios alle spalle. Io non seguo nessuna di queste regole, sono attratto da ciò che può allargare la mia esperienza di vita, differenti modi di pensare che spesso contrastano con i miei. È questo che mi apre mente e cuore, mi fa sentire sempre vivo e in movimento.

© Riproduzione Riservata