Home » Tempo Libero » Cinema » Oscar 2025, i premi punitivi e l’ingiusta sconfitta di Emilia Pérez

Oscar 2025, i premi punitivi e l’ingiusta sconfitta di Emilia Pérez

Oscar 2025, i premi punitivi e l’ingiusta sconfitta di Emilia Pérez

Partito con i favori dei pronostici, trionfante ai Golden Globe, il musical francese è stato penalizzato dallo scandalo che ha coinvolto la sua attrice protagonista. L’Academy purtroppo ha schiacciato i meriti

L’Academy l’ha fatto di nuovo: ha buttato alle ortiche il merito. Viva il cinema indipendente, certo, ma non è Anora il film che avrebbe meritato la sequela di premi vinti, ben cinque. È Emilia Pérez il grande sacrificato sull’altare del perbenismo. Musical detonante, forte di 13 nomination, ha conquistato solo due statuette. La sua colpa? Alcuni tweet scomodi della sua attrice protagonista, risalenti a quattro anni fa.

La frase da sottoscrivere l’ha pronunciata la critica cinematografica Piera Detassis durante la diretta su Rai 1 che ha accompagnato la 97^ edizione della notte degli Oscar: «Tutto quello che era scomodo è stato silenziato».

Emilia Pérez, musical travolgente di forte impatto visivo ed emotivo? Silenziato. Storia di narcotraffico, redenzione e transizione sessuale, ha toccato le stelle per poi ricadere. Al Festival di Cannes 2024 aveva vinto il Premio della giuria e quello della migliore interpretazione femminile a tutto il suo cast di donne: Karla Sofía Gascón, Selena Gomez, Adriana Paz e Zoe Saldana. E poi la giostra folgorante dei Golden Globe, quattro vinti, tra cui miglior film musicale e miglior film straniero. Ma all’improvviso è esploso il “caso Karla Sofía Gascón”, che ha stravolto la sua corsa gli Oscar.

L’attrice spagnola, prima persona transgender a essere nominata all’Oscar come migliore attrice protagonista, è finita nell’occhio del ciclone. Sono stati tolti dalla polvere alcuni suoi tweet giudicati razzisti postati su X (l’allora Twitter) tra il 2016 e il 2021, sui musulmani e sull’omicidio di George Floyd. Conseguenza? Jacques Audiard ha preso le distanze da lei («Non voglio più rivolgerle la parola»), per poi riavvicinarsi. Anche Netflix, distributore, ha preso le distanze. Karla Sofía Gascón è stata esclusa dalle tappe per la promozione del film agli Oscar.

Il risultato, temuto e prevedibile, è che il merito, nella cerimonia di Los Angeles, non è stato premiato. Per il formidabile musical di Audiard solo due Oscar, alla migliore canzone El mal – provate a non voler salire anche voi sul tavolo a ballare, quando la ascoltate – e alla stupenda Zoe Saldana. Fortunatamente almeno Saldana non è stata scippata della sua statuetta. Nel suo discorso di ringraziamento non ha fatto mai riferimento alla sua compagna di set Karla Sofía Gascón. Non è stato di certo un caso.

Emilia Pérez era il nostro preferito come miglior film. Come detto da Giovanna Botteri su Rai 1, sono stati degli Oscar punitivi.

Tutti i vincitori degli Oscar 2025

A inizio febbraio Karla Sofía Gascón avrebbe dovuto volare a Los Angeles per un’intensa campagna di promozione di Emilia Pérez, in vista degli Oscar. È invece rimasta ai box, per limitare l’impatto negativo della polemica innescata. Non ci è riuscita: Emilia Pérez avrebbe meritato di più. Musical dirompente, che è anche crime e dramma trans, è stato capace di rompere gli schemi dei generi con una sceneggiatura rock e coreografie esaltanti.

Era il 23 gennaio quando Karla Sofía Gascón riceveva la nomination all’Oscar come migliore attrice protagonista, una gioia immensa. Ma il vaso di Pandora si è scoperchiato poco dopo, in seguito a un’intervista che ha rilasciato a un quotidiano brasiliano: l’attrice madrilena parlava di una concorrenza poco corretta, nella corsa alla statuetta, alludendo alla campagna social del team di Fernanda Torres.

Si è scatenata una rapida reazione, soprattutto da parte dell’esercito di brasiliani che hanno sostenuto con ardore il film Io sono ancora qui con la grandiosa Torres. Da lì a breve sono stati scoperti e fatti circolare i tweet pubblicati negli ultimi anni da Gascón, contenenti commenti alquanto audaci su tematiche varie, persino sugli stessi Oscar.

In un post scriveva: “Mi dispiace, è solo una mia impressione o ci sono più musulmani in Spagna? Ogni volta che vado a prendere mia figlia a scuola ci sono sempre più donne con i capelli coperti e con le gonne lunghe fino ai talloni. Il prossimo anno invece dell’inglese dovremo insegnare l’arabo”. In un altro: “l’Islam non rispetta i diritti internazionali”.

Dopo la morte di George Floyd, l’uomo afroamericano ucciso da un poliziotto a Minneapolis nel 2020, Gascón scriveva: “Penso davvero che a pochissime persone sia mai importato di George Floyd, un truffatore tossicodipendente, ma la sua morte è servita a dimostrare ancora una volta che ci sono persone che considerano ancora i neri come scimmie senza diritti e considerano i poliziotti degli assassini. Hanno tutti torto”.
Gascón aveva anche criticato la cerimonia degli Oscar del 2021: “Gli Oscar sembrano sempre più una cerimonia per film indipendenti e di protesta, non sapevo se stavo guardando un festival afro-coreano o una manifestazione di Black Lives Matter”.

È seguito uno sciame di reazioni al vetriolo nei confronti di Gascón, che ha ricevuto anche minacce e ha disattivato il suo account X. Netflix ha scelto di non appoggiare più la sua candidatura agli Oscar. Zoe Saldana ha preso le distanze dalla collega dicendo di non supportare i suoi post.

La risposta dell’Academy oggi è evidente: tutte mosse non sufficienti a “riabilitare” Emilia Pérez. Delle 13 nomination conquistate (due nella stessa categoria di miglior canzone), oggi porta a casa solo due statuette.

Anora, completamente snobbato dai Golden Globe 2025, ha vinto cinque Oscar, i più importanti: miglior film, migliore regia, migliore sceneggiatura originale, miglior montaggio, migliore attrice a Mikey Madison.

L’Academy ha preferito buttarsi sul cinema indipendente homemade piuttosto che sul musical francese parlato e cantato in spagnolo. Favola di Cenerentola non a lieto fine, ma con un finale tenerissimo, Anora è un’ode all’universo indie. È costato appena 6 milioni di dollari.
Sean Baker, che del film è regista, sceneggiatore e montatore, ha detto: «Grazie all’Academy per aver riconosciuto davvero un film indie, fatto veramente con le lacrime. Evviva il cinema indipendente!».

Ecco però l’altra grande ingiustizia degli Oscar 2025. 59 anni e una carriera monumentale in patria, la brasiliana Fernanda Torres è stata luce e forza in Io sono ancora qui, film potente che ha fatto vincere al Brasile l’Oscar al miglior film internazionale (altro premio tolto a Emilia Pérez). Com’è possibile che la statuetta alla migliore attrice protagonista ora non sia tra le sue mani?

Torres interpreta Eunice Facciolla, donna meravigliosa che non si è piegata alla dittatura brasiliana. Sua madre Fernanda Montenegro, che compare anche lei nel film incarnando Eunice da anziana, era stata la prima brasiliana nominata ai Golden Globe, Fernanda Torres è stata la prima a vincerlo. Purtroppo oggi Fernanda non ha replicato il successo.
«È surreale», è l’esclamazione che faremmo anche noi, come ha esordito Mikey Madison, incredula e felicissima, ritirando la sua statuetta da migliore attrice, aggiungendo poi: «Sono cresciuta a Los Angeles ma Hollywood mi è sempre sembrata lontanissima».

Si sa, i verdetti di qualsiasi concorso portano inevitabilmente mugugni e scontenti. Ma è da qualche anno che la rotta dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences sembra aver imboccato una strada di zuccheroso compromesso, ai danni del vero merito e della qualità.

Nel 2015 è esploso l’hashtag #OscarsSoWhite, lanciato dall’attivista e scrittrice April Reign, che additava la scarsa rappresentazione del talento delle persone nere nella griglia dei contendenti. Da lì si è aperto un giusto dibattito sulla discriminazione nel mondo dello spettacolo, che ha portato a un cambiamento, sia nella composizione dei giurati, sempre comunque prevalentemente uomini e bianchi, che in quella dei candidati.

In nome di una giusta battaglia, però, non sempre i premi sono stati giusti, a nostro avviso. Hanno abbracciato il politicamente corretto, a discapito del merito. È il caso ad esempio degli Oscar 2023, dove il ciclone Everything everywhere all at once ha vinto ben 11 statuette, onori che di solito capitano ai capolavori (no, il film di Daniel Kwan e Daniel Scheinert non è un capolavoro). Storia di un’immigrata cinese trapiantata negli Stati Uniti d’America, che viaggia nel Multiverso, ha senz’altro il merito dell’originalità ma la sensazione è che ad avergli dato una spinta ulteriore nei favori dell’Academy sia stata proprio la sua multiculturalità.

Simile discorso per gli Oscar 2022, dove vinse il toccante film sulla disabilità CODA – I segni del cuore. In quell’occasione ad aver meritato molto di più sarebbe stato Il potere del cane di Jane Campion, che vinse solo per la regia.Altro film che avrebbe meritato di più nei conti dell’Academy? The Brutalist. Guy Pearce è irriconoscibile e magistrale come mecenate illuminato e minaccioso: era lui il nostro miglior attore non protagonista, senza ombra di dubbi.

Non solo amarezze. La notte degli Oscar 2025 ha regalato anche qualche gioia. La più bella? Il riconoscimento a Flow – Un mondo da salvare di Gints Zilbalodis, miglior film d’animazione che ha avuto la meglio su colossi di grandi studios come Inside out 2 by Disney Pixar. È il primo Academy Award per la Lettonia.

Da appalusi anche il discorso di Sean Baker nel ritirare il premio al miglior regista: «Noi siamo qui perché amiamo il cinema. Ci si innamora del cinema proprio stando al cinema, quando si vede il film con altre persone in sala. È un’esperienza comunitaria che non potete vivere a casa e che è sotto minaccia. I cinema indipendenti hanno perso tanto dalla pandemia in poi. Registi, fate film da proiettare al cinema. Io li faccio. Genitori, fate vedere ai vostri bambini film al cinema».

© Riproduzione Riservata