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(Leonardo /AM)
Difesa e Aerospazio

Jet a Kiev, l’idea (balzana) di rifilare a Zelensky i nostri “Ghibli”

Una boutade smentita ma anche poco utile a Kiev: ci servono ancora, li usiamo soltanto noi e il Brasile, non risolvono i problemi di Zelensky

È bastata una frase del sottosegretario Edmondo Cirielli per scatenare ipotesi di cessione di jet militari italiani a Kiev. Il pensiero ricorrente è che possa allargarsi anche all’Italia la moda di svecchiare gli arsenali approfittando della necessità di armi dell’Ucraina, sebbene finora il nostro Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni abbia escluso l'invio di aerei da combattimento alle forze di Volodymyr Zelensky. Ma di fatto l’idea di fornire quanto stiamo per dismettere è coerente, poiché a ben guardare l’Aeronautica Militare dovrebbe entro breve tempo alienare gli Amx “Ghibli”, ovvero i jet monomotore concepiti per missioni di attacco al suolo che operarono in Bosnia e Kosovo, in Afghanistan e in Libia, che vengono progressivamente sostituiti dagli F-35.

Dei 135 esemplari consegnati dal 1989 al 1998, dei quali 110 monoposto e 26 biposto, una cinquantina di Ghibli furono anche ammodernati nel 2005 e oggi tutti gli esemplari in servizio sono schierati presso il 51º Stormo di Istrana. Ma a Kiev Giorgia Meloni ha dichiarato: "Al momento la fornitura di aerei non è sul tavolo” e ha anche puntualizzato che qualsiasi decisione verrebbe presa "in consultazione con i partner internazionali".

Effetti collaterali a parte, poiché se l’Italia fornisse velivoli militari a Kiev, certamente l’operazione avrebbe un peso diplomatico e anche delle conseguenze, come rendere più difficile il recupero dei rapporti con Mosca al termine del conflitto, se è evidente che Zelensky gradirebbe in fretta qualsiasi velivolo in grado di annientare i carri armati e le postazioni russe, dall’altro per la sua aviazione ricevere gli Amx significherebbe inserire in flotta un velivolo del tutto diverso da quelli proposti da altre nazioni, allungando i tempi di formazione di chi lo deve utilizzare. Spesso, infatti, si dimentica che integrare in una forza aerea un nuovo modello di aeroplano e renderlo operativo richiede investimenti importanti per l’addestramento, per le infrastrutture e il necessario supporto da parte del fornitore ma anche tempi giocoforza lunghi, ovvero costituendo qualcosa il cui costo si ammortizza nel tempo e che vale la pena fare se l’aspettativa operativa del velivolo è di almeno qualche decina d’anni. E non è il caso dello Amx. Certamente, in caso di esigenza urgente, ogni nazione che ne dispone potrebbe dare a Kiev sia vecchi Tornado (Germania), Mirage 2000 (Francia), ma soprattutto F-16 (Usa e suoi clienti). Ma per ognuna di queste nazioni, e specialmente per quelle geograficamente più esposte al teatro operativo, rinunciare ad avere delle riserve per darle a Kiev significa giocoforza scommettere che il conflitto non si allargherà mai oltre quanto non lo sia oggi. Quella che l’Italia possa fornire Amx a Kiev è soltanto quindi un’idea, forse anche poco ragionata, nominata qualche giorno fa dal sottosegretario agli esteri italiano Edmondo Cirielli al quotidiano il Messaggero, dove si leggeva la frase: “Si potrebbe avviare un dialogo sull'Amx - ascolteremo le dichiarazioni dell'Ucraina richiesta” ed era stata unita arbitrariamente alla frase del premier Meloni pronunciata prima dell’incontro con Zelensky “Gli chiederemo cos'altro possiamo fare per dare una mano”. La verità è che seppure non siano dei velivoli dell’ultima generazione e che per attaccare forze di terra sarebbero anche adatti, dei suoi Amx l’Italia ha ancora necessità, almeno di quelli aggiornati meno di vent’anni fa. E siccome a usarlo siamo soltanto noi e il Brasile, certamente i generali dell’Aeronautica ucraina, qualora potessero scegliere, preferirebbero senza dubbio gli F-16, più costosi ma anche più versatili poiché non svolgono bene soltanto le missioni di attacco al suolo ma anche il combattimento aria-aria e possono trasportare un armamento più pesante. Inoltre, i Fighting Falcon sono molto diffusi nel mondo e più facilmente e numerosamente disponibili, poiché prodotti anche su licenza in nazioni come la Turchia e il Giappone.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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