In Venezuela aumentano i morti e Maduro apre a Obama
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In Venezuela aumentano i morti e Maduro apre a Obama

Si parla di 9 vittime, ma potrebbero essere molte di più. Proteste contro il presidente sono esplose in tutto il Paese. Continuano le denunce di torture. Ferito anche un sacerdote

Si parla di 9 morti e 134 feriti, ma i numeri potrebbero essere più alti. In Venezuela centinaia di migliaia di persone continuano a manifestare in piazza contro il governo del presidente Nicolas Maduro, ex autista di Hugo Chavez e - come dicono in tanti a Caracas - "burattino" nelle mani della Cuba dei fratelli Castro. In 100 città del mondo oggi si scende in piazza per solidarietà con il popolo venezuelano, ma i potenti continuano a guardare e restano in silenzio.

Le notizie dal Venezuela filtrano solo attraverso i social network dove, notte e giorno, centinaia di persone postano fotografie, video girati con i telefonini, nomi di feriti, storie raccapriccianti di sevizie e torture inenarrabili che fanno riaffiorare alla memoria le immagini delle più brutali dittature sudamericane, dall'Argentina al Cile di Pinochet.

"Mi sento impotente mentre il mio Paese sta bruciando", dichiara a Panorama.itMaria, una ragazza venezuelana che vive a Milano ma che a Caracas ha tutta la sua famiglia. "Il livello di violenza e di criminalità raggiunto nel mio Paese non ha precedenti - continua Maria - qualche tempo fa mio padre è stato molto male e siamo stati costretti a portarlo in un ospedale di Maracaibo, dove vive mia sorella. Lì non c'era nulla. Abbiamo dovuto portare lenzuola e coperte da casa e poi carta igienica, acqua e cibo e di notte, a noi famigliari che restavamo a dormire con lui, consigliavano di chiuderci in camera a chiave perché di notte l'ospedale veniva razziato dai delinquenti in cerca di spiccioli e di qualche collanina".

Il racconto di Maria, che oggi sarà in piazza a Milano per manifestare per il Venezuela e contro Nicolas Maduro, è solo uno dei tanti racconti che ci arrivano dal Venezuela. Panorama.it ha contattato alcuni dei ragazzi che stanno manifestando per la fine della "dittatura" di Maduro. Marnie è di Maracaibo, ma vive nello Stato di Falcon. Le sue parole sono affilate come lame di spada, le foto che ci invia sono terribili. Le abbiamo chiesto qual è la posizione dell'esercito: "Per ora - dice Marnie - i militari sono ancora con Maduro e sono stati molto violenti con i manifestanti. Circolano dei video nei quali i soldati entrano in edifici privati sfondando i portoni con i fucili. E c'è anche un livello di violenza altissimo da parte della Guardia Nacional Bolivariana (Gnb). Ci sono testimoni oculari che hanno assistito ad agenti della Gnb intenti a sparare a studenti di spalle e disarmati".

Eppure Nicolas Maduro afferma che i poliziotti "cattivi" sono stati arrestati, perché lui non ha mai dato ordine di sparare sui manifestanti. "C'è una grande ipocrisia in queste parole - dice Marnie - la cosa più grave è che la Guardia Nacional non agisce da sola, ma il governo si appoggia a gruppi violenti, equipaggiati con moto e armi. Li chiamano los tupamaros, girano incappucciati e hanno ordine di sedare con la forza qualsiasi protesta, anche quelle pacifiche. Sono assassini, chiamati per fare il lavoro sporco".

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Maduro ha sorpreso tutti quando ha chiesto un colloquio diretto con Barack Obama, proprio alla vigilia di una nuova manifestazione anti-governativa a Caracas. Il presidente venzuelano ha prima bacchettato il segretario di Stato Usa, John Kerry, che venerdì 21 febbraio aveva definito "inaccettabili" le violenze in Venezuela, ma poi ha invitato il capo della Casa Bianca per un incontro. Segno - forse - che sente che la situazione gli sta sfuggendo di mano e che non basteranno i cubani arrivati in forza a Caracas a salvarlo. Obama per ora tace.

"La situazione peggiore è quella che vive lo Stato di Tachira - dice Marnie - dove sono conminciate tutte le proteste. Lì hanno spento il segnale internet, i telefoni e sembra che da ieri (giovedì 20 febbraio ndr) siano state disconnesse anche le telecamere di vigilanza ai semafori". Come se non bastasse, "Nei cieli di San Cristobal, la capitale di Tachira - volano aerei militari che sembrano essere cubani, sono dei modelli Sukoi".

Le ultime notizie danno tra i feriti anche padre Jose Palmar, che su Twitter si presente come "Parroco dei barrios, giornalista e parlatore, sacerdote cattolico devoto di Maria Santissima e primo martire caduto in ginocchio sotto i colpi del madurismo castrista".  Padre Palmar è stato aggredito durante le manifestazioni che si sono tenute a Maracaibo, in piazza della Repubblica. In origine era un chavista molto attivo e adesso è uno degli anti-Maduro più convinti, che crede nel diritto a manifestare il proprio dissenso pacificamente.

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Le voci dal Venezuela parlano di una "dittatura conclamata", anzi di una "nuova dittatura", precisa Marnie, e alle sue parole si aggiungono quelle di Rafael, 44 anni, in piazza a Caracas. Rafael ha inviato a Panorma.it una serie di twit e di fotografie scattate per le strade della capitale venezuelana, dove ormai è guerriglia armata da giorni. Anche a Petare, il barrio più grande e pericoloso del mondo , le strade sono in fiamme contro Maduro.

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E' doveroso sottolineare che Petare è sempre stata una roccaforte chavista. Hugo Chavez aveva reclutato lì quelli che facevano per lui il "lavoro sporco". Li ha fatti uscire di galera, li ha sfamati, li ha armati e gli ha dato uno stipendio, creando il suo esercito personale di killer e delinquenti comuni. Ma anche i killer senza pane non vanno da nessuna parte, e oggi - camicie rosse o meno - sono tutti in piazza contro Nicolas Maduro. Per la cronaca, Petare è un barrio dove si contano "normalmente" tra i 40 e i 60 morti a settimana. E' facile immaginare che genere di polveriera sia diventato adesso, agitato dalle manifestazioni anti-governative.

Però, il mondo tace, e lo fa anche quando la giornalista Patricia Janiot, che lavora per la CNN in Venezuela, è costretta a lasciare il Paese a causa delle "minacce" di Maduro. Lo annuncia lei stessa con un twit e la CNN annulla l'invio a Caracas dei suoi reporter in lingua inglese. Troppo rischioso.

Pobre Venezuela. E' passato dalla dittatura soft di Hugo Chavez alla dittatura hard di Maduro. E cresce l'allarme per i generi di prima necessità: mancano pane, latte, carne e medicine. Il Venezuela che galleggia sopra un mare di petrolio non riesce più a sfamare i suoi figli. E il presidente Maduro dice che è solo colpa di Washington. Tutto da copione.  La domanda che resta sospesa nell'aria però è sempre la stessa: il mondo che fa? Per quanto ancora resterà in silenzio a guardare?

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Anna Mazzone