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(Ansa)
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Ben vengano voti e giudizi chiari che rendono la scuola più comprensibile

Il Ministro Valditara si è battuto per il disegno di legge che ripristina non solo la bocciatura con 5 in condotta ma riavvicina la scuola alle famiglie

E’ stato approvato il disegno di legge che riguarda la scuola e che rivede la valutazione in condotta, di cui si parla da tempo, i voti della scuola primaria e tante altre piccole questioni che riguardano il quotidiano, tra provvedimenti disciplinari, semplificazioni che rendono il linguaggio della scuola un po’ più chiaro e la solita immancabile polemica politica.

“Semplificazione” e “condotta” sono le parole chiave per entrare nel merito della questione scuola alla luce del disegno di legge approvato ieri in Senato.

Novità per la scuola, quindi: non si tratta di riforme e non si tratta di rinnovamento, perché per questo servirebbe ripartire dal foglio bianco e da veri e propri Stati Generali che coinvolgessero tutta la politica e la società civile, ma sono state approvate una serie di norme puntuali che riguardano la vita di tutti i giorni di studenti, genitori e docenti.

Il disegno di legge approvato ieri in Parlamento abolisce per la scuola primaria i giudizi cosiddetti descrittivi e reintroduce quelli sintetici: in breve, sono eliminate dalle valutazioni quelle definizioni incomprensibili “in via di prima acquisizione”, “base”, “intermedio” e “avanzato” per cui serviva una laurea in scienze della formazione primaria in tasca per decifrare le pagelle dei figli, e vengono ripristinati i termini “sufficiente”, “buono”, “ottimo” e così via. I giudizi descrittivi non erano stati introdotti per rendere la scuola indecifrabile, perché sono strumenti che valutano le competenze nel percorso e che si inseriscono in una riforma della didattica – metodi e strumenti – di cui stanno beneficiando i nuovi docenti grazie a corsi di laurea dedicati, ma si è trattato di termini tecnici che anche dopo più di cinque anni di utilizzo sono rimasti incompresi, spesso poco spiegati alle famiglie che, di conseguenza, hanno sempre faticato anche a discuterne con i figli, finendo per costruirsi tabelle di conversione casalinghe per convertire in “insufficiente” l’oscuro e morbido “in via di prima acquisizione”, con buona pace dei principi formativi – validi - contenuti nei termini.

Avanti con gli studi pedagogici e con sperimentazioni per migliorare gli apprendimenti, ma ben vengano i giudizi più comprensibili che, senza gridare alla restaurazione, salvaguardano la comprensione del linguaggio della scuola.

Poi c’è il tema riguardante la condotta e in questo campo le novità si faranno sentire: alle scuole medie la valutazione del comportamento farà media con gli altri voti, acquisendo peso specifico, mentre alle superiori – vero cardine del provvedimento - con il cinque ci sarà la non promozione, con il sei il debito a settembre, a fronte di una sospensione ci sarà un percorso di riflessione sul comportamento tenuto, in forma scritta o tramite attività solidali.

Sono provvedimenti di cui si discute da tempo e se ne riparla quando accade qualcosa di grave a scuola. Bullismo, danneggiamenti, prevaricazioni: la scuola italiana in questi anni è stata travolta da un’ondata di violenza che non ha risparmiato nessuno. La scuola, certo, ma generalmente la società è attraversata da contenuti sempre più violenti sugli schermi ad accesso libero e ad ogni ora, la volgarità è sdoganata in ogni ambiente, anche il più istituzionale, i litigi sfociano in stragi e tutto viene morbosamente raccontato nella cronaca di giornata, fino all’ammazzamento successivo. Il contesto sociale ed educativo è questo e la scuola, facendo parte della società, ne riflette gli aspetti che la caratterizzano riproducendoli plasticamente.

Ora, le novità introdotte ieri non risolvono la questione educativa e comportamentale, ed è chiaro nel momento in cui agiscono solamente sul sistema sanzionatorio. Per ricostruire la scuola e l’approccio nei confronti dell’istituzione più fondante di uno stato serve un patto sociale che coinvolga scuola, famiglia, società civile, esempi pubblici, istituzioni, tutti soggetti che devono sentirsi impegnati e resi consapevoli di dover agire per un linguaggio diverso in ogni contesto, per dissentire senza litigare, per proporre senza attaccare, unendo a queste norme di civiltà investimenti politici per figure di supporto scolastico – come lo psicologo in ogni plesso – che ancora mancano, insieme al superamento delle cosiddette classi pollaio, le sezioni composte da 28, 29, 32 studente per classe in cui è vano, o quasi, ogni sforzo di educazione e di azione didattica dell’individuo.

La scuola è però un sistema fatto anche di regole, e averle chiare, condividerle e stabilire a inizio percorso un patto formativo individuando un perimetro di azione – educativa, formativa, didattica, disciplinare – è un passo necessario per non procedere alla rinfusa. Non cogliere in questo provvedimento il buon senso che lo guida – tra regole chiare e l’appianamento di alcune inutili complessità – è un’occasione persa di dialogo e collaborazione per una scuola diversa e migliore. C’è così tanto da fare che inchiodarsi sulla polemica di giornata anziché fare ulteriori passi in avanti è davvero uno spreco.

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Marcello Bramati