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Tajani: "Stimo Salvini, ma non moriremo leghisti"

Il presidente del Parlamento europeo spiega perché i moderati torneranno determinanti. E annuncia che chiederà a Berlusconi di candidarsi a Bruxelles

Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo e candidato premier di Forza Italia alle  ultime elezioni, trent’anni fa si temeva di morire democristiani. Adesso, di morire populisti.
In questo momento c’è grande malcontento: crisi economica, immigrazione, terrorismo. Se la gente non ottiene risposte soddisfacenti, reagisce in maniera negativa e vota per i partiti populisti. E’ successo pure in Germania e Francia.

Carroccio e Cinque stelle continuano a corteggiarsi.
L’Italia ha bisogno di un governo credibile e autorevole, anche per dare al paese un ruolo internazionale. I cittadini c’hanno votato sulla base di un programma comune. Il governo dev’essere di centrodestra.

A trazione leghista.
Forza Italia fa parte di una coalizione con molte anime. E io non credo assolutamente nel partito unico. Come diceva Totò: «E’ la somma che fa il totale». E, nel nostro caso, il totale senza la somma è più basso.

Perché?
L’elettore di centrodestra è molto diversificato. C’è quello che vota Lega e non Forza Italia. E viceversa. Il dna non è affatto lo stesso. La Lega, anche se ha trovato nuovi accoliti nel Meridione tra i delusi dei vecchi partiti, resta caratterizzata al Nord.

Cosa vi unisce, allora?
Siamo una coalizione che si rivolge a un elettorato alternativo alla sinistra e al populismo statalista di Grillo. Il nostro elettore crede nella meritocrazia. Perchè un poliziotto che rischia la pelle deve guadagnare quanto uno che prende il reddito di cittadinanza?

Bisogna chiederlo ai grillini.
Questo è l’assistenzialismo medioevale dal signorotto. Al Sud non serve l’elemosina di stato.

Facile a dirsi.
Il fondo unico di 20 miliardi per gli investimenti per il Sud, che abbiamo presentato due mesi fa, creerebbe mezzo milione di posti di lavoro. I meridionali vogliono sviluppo, non soldi in regalo. Questi sono i nostri elettori. C’è un minimo comun denominatore tra loro. Poi ognuno lo declina diversamente. Silvio Berlusconi certo non è Matteo Salvini.

Ma chi è il leader del centrodestra?
Per me rimane Berlusconi: non è una questione di due punti in più o in meno. Senza di lui non c’è coalizione.

Vederlo costretto al silenzio accanto a Salvini che effetto le fa?
Avevamo preso un impegno ed è stato rispettato. Di Salvini ho stima. Ma io non sono né sarò mai della Lega.

Molti forzisti sarebbero pronti a ingrossare le file leghiste.
Il giorno dopo le elezioni si fanno grandi chiacchiere. Stando ai giornali, siamo moribondi dal ‘94. Invece la pelle è dura. E i risultati in Molise confermano che solo unito il centrodestra è vincente. La componente moderata al Centro Sud, guidata da Forza Italia, resta determinante. Bisogna continuare così. Fare buona politica: e allora non se ne va nessuno. Abbiamo già subito due scissioni e s’è visto che fine ha fatto chi ha tradito: è sempre scomparso. 

Messaggio ai naviganti tentati dalle sirene salviniane.
E’ un’analisi storica. Dc, Pci, Pdl: cambiare casacca non ha mai pagato.

Quello tra Salvini e Berlusconi è un matrimonio di convenienza
E’ un’alleanza politica, che esiste dal ‘94. Sono uno dei fondatori di Forza Italia. Ricordo bene il lavoro che fece Berlusconi per mettere insieme le forze alternative alla sinistra. All’epoca, far  parlare An con la Lega era quasi impossibile. Poi però abbiamo governato con i padri di Salvini e Meloni per tanti anni.

Ai tempi era Forza Italia a trainare il centrodestra.
Nel mezzo c’è stata la crisi economica, la condanna non condivisibile di Berlusconi e l’omicidio di Macerata che ha esacerbato gli animi...

Il Cavaliere ha guidato comunque il partito.
La leadership è ben differente dalla candidabilità. Per un movimento come il nostro, è stato un danno enorme. E comunque: le ragioni originarie dell’alleanza non vengono meno solo per un riequilibrio interno.

Quando la Lega vivacchiava, Berlusconi l’ha salvaguardata. Adesso voi apparite malsopportati.
Berlusconi è un grande leader: magnanimo, con la visione  dell’uomo di Stato. Non ha bisogno di affermarsi, ma di far vincere le proprie idee. E’ molto diverso da Salvini. Il capo della Lega ha avuto il merito di far crescere il Carroccio mentre l’immigrazione cresceva. Ma Forza Italia resta centrale. Io credo nell’indissolubilità del matrimonio del centrodestra. E in Berlusconi, considerato nel mondo l’unico in grado di garantire stabilità al paese.

Luigi Di Maio, al contrario, considera disdicevole sedere al suo tavolo.
Per arroganza, paura e inadeguatezza. Non sanno cosa dire e tirano fuori assurdità. Dimostrando un manifesto senso di inferiorità. Berlusconi è un uomo destinato a passare alla storia. Rimarrà sempre il De Gaulle del centrodestra italiano. E stato l’assoluto protagonista della politica negli ultimi 25 anni. E lo è anche oggi: passa da lui la formazione del governo.

Nessuna successione, dunque.
Come dimostrato in Molise, il nostro movimento non esiste senza Berlusconi. Lui ha già detto che punterà a una riorganizzazione. Bisogna mettere in campo una squadra che diffonda il suo pensiero sul territorio. Serve rinnovamento, valorizzazione degli amministratori locali e un dibattito interno sempre più forte.

Qualcuno denuncia poco merito.
I giovani e i capaci devono avere la possibilità di emergere. Ma questo in parte è già stato fatta: molti dei nuovi eletti in parlamento sono alla prima legislatura. Gente che viene dal mondo delle professioni, non in cerca di lavoro. Questo non significa rottamare ma eliminare dei tappi. E chi, come me, ha i capelli grigi può fare altro.

Si sta tirando indietro?
Resterò sempre a disposizione. Ho fatto una scelta di vita a 12 anni: credo in determinati valori e in un modello di società. Mi sono licenziato dalla Rai per andare al Giornale e fare un’informazione più libera. Ho lasciato il giornalismo per evitare i comunisti al governo. E adesso lotto contro chi vende illusioni, tanto facili quanto irrealiste. La gente non ha bisogno di chiacchiere, che elevano il malcontento all’ennesima potenza senza risolvere i problemi alla base.

Sarà, dunque, vicepresidente di Forza Italia.
Questo lo decide Berlusconi. Io sono pronto a fare qualsiasi cosa: anche il semplice militante.

Ha rinunciato a mezzo milione di buonuscita dell’Europarlamento, all’indennità di carica, va in treno, frequenta trattorie. Visto il momento storico, ha tutte le carte in regole: più grillino dei grillini.
Sono semplicemente rimasto l’uomo che ero. L’autorevolezza non dipende da me, ma dal ruolo che rivesto. Per questo, una persona deve rimanere sempre uguale: che sia soldato o generale.

Si ripresenterà alle Europee del 2019?
Perché no?

Forza Italia, tra un anno, si riscatterà?
Avrà più voti, sarà rilanciata organizzativamente e Berlusconi tornerà nel pieno delle sue capacità politiche.

Quindi il Cavaliere si candiderà a Bruxelles?
Certamente glielo chiederò. La sua presenza sarebbe determinante per noi. Mi auguro si possa candidare, anche nell’interesse dell’Europa.

E lei?
Darò una mano, come sempre.

Giusto: lei è un soldato.
Non soffro di invidia né di megalomania.

E se l’anno prossimo si rivotasse pure a Roma?
A fine mandato, sarebbe interessante partecipare a una legislatura in Italia.

Insomma: dopo il Cavaliere c’è Tajani.
Non credo ai delfini. I delfini devono sapere nuotare: e molti devono dimostrare di poter stare a galla.

Fuor di metafora?
Sinceramente: Berlusconi è unico.

E lei sembra l’unico di cui si fida fino in fondo.
Si fida di tante persone che gli vogliono bene. Ma io non sono un carrierista. Faccio solo le cose in cui credo.

Due mesi fa l’ha indicata premier per Forza Italia.
E io gliene sono grato. Un attestato di stima da parte di un fratello maggiore.

S’è immolato?
Mi è stato chiesto. E io sono figlio di militari. La patria viene  prima d’ogni cosa.

Poteva essere un primo ministro di garanzia.
E’ quello che già faccio a Bruxelles. Ma sto benissimo dove sono.

Si torna alle urne?
Perché buttare via decine di milioni di euro che si potrebbero usare per creare lavoro e infrastrutture?

Avete paura del voto.
Votare sarebbe il fallimento dei populisti. Hanno avuto ottime carte in mano e non le hanno sapute giocare. Si dimostrerebbero incapaci. Non credo che aumenterebbero i loro consensi.

Governissimo?
Meglio un esecutivo di centrodestra che cerchi i consensi, punto per punto.

Come vedono in Europa lo stallo italiano?
Ai tempi lunghi sono abituati. E’ importante piuttosto il tipo di governo: deve rassicurare i mercati e affrontare grandi sfide. Questo non vuol dire essere sottomessi a Francia o Germania. Anzi. Se non sei autorevole, non puoi certo incidere in Europa.

I moderati torneranno di moda?
I populisti sono bravi a fare da megafono alla protesta. Ma quando bisogna risolvere i problemi, lo sono meno. S’è visto a Roma: alle Regionali sono arrivati terzi.

L’antidoto dunque è farli governare?
Non si può far pagare agli altri il prezzo dell’incapacità dei populisti. Mai essere cinici.

Di Maio, comunque, pare abbia virato sull’andreottismo.
Più che Ernesto Che Guevara, sembra già un doroteo. 

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Antonio Rossitto