Strage di Bologna: in un libro un'altra verità
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Strage di Bologna: in un libro un'altra verità

Esce Bomba o non bomba, libro dedicato alla strage di 32 anni fa. Scritto da un parlamentare Fli che scagiona Fioravanti e Mambro

Polemiche assicurate, ma anche una lettura appassionante. Bomba o non bomba (Minerva edizioni, 264 pagine più un cd, 19 euro) racconta «l’altra storia» del 2 agosto 1980. Quel giorno una bomba esplode alla Stazione di Bologna, provocando una strage: 85 morti e 200 feriti. Enzo Raisi, allora giovane bolognese iscritto al Msi, è in partenza per le vacanze e arriva in stazione tre minuti dopo lo scoppio.
Venticinque anni dopo, nel 2005, Raisi è deputato di An, membro della commissione d’inchiesta sui misteri del caso Mitrokhin, e indaga sui documenti provenienti dagli archivi dei paesi dell’est europeo un tempo governati dai regimi comunisti. È così che scopre nuovi elementi che, sulla strage di Bologna, raccontano una versione completamente diversa da quella conosciuta fino a oggi.

La tesi di Raisi corre in una direzione opposta rispetto alla verità processuale emersa finora, che attraverso una sentenza definitiva attribuisce la strage all’eversione neofascista e in particolare a Francesca Mambro e a Giusva Fioravanti in quanto appartenenti al gruppo dei Nar.

Secondo la ricostruzione di Bomba o non bomba, dietro all’esplosione si nascondono invece il terrorismo palestinese e il «lodo Moro». Il lodo è il patto segreto, siglato fra il presidente del Consiglio demoicristiano e i palestinesi, che dalla prima metà degli anni '70 consentiva l’impunità a chi faceva passare armi ed esplosivi sul territorio italiano: un patto siglato per bloccare la sequenza di stragi, grazie alla mediazione del responsabile italiano dei servizi segreti in Medioriente, Stefano Giovannone.

Il lodo Moro, di cui non esiste traccia scritta ma la cui verità storica è stata riconosciuta a destra come a sinistra, resiste nel tempo fino a l 7 novembre 1979, quando a Ortona (Chieti) viene bloccata un'auto che a bordo ha tre esponenti di Autonomia operaia e due lanciamissili di fabbricazione sovietica. Dalle indagini che seguono si risale al Fronte di liberazione nazionale della palestina, organizzazione terroristica, e al suo leader, Abu Anzeh Saleh, residente a Bologna, che viene arrestato alla fine del mese.

Secondo Raisi, la bomba del 2 agosto 1980 è stata la ritorsione di quell’arresto. Ma perché Bologna? Secondo le rivelazioni del libro, in quel periodo proprio nel capoluogo emiliano erano molto attivi attivi alcuni terroristi filopalestinesi. Non per nulla, Saleh viveva a Bologna. E in città, nei giorni immediatamente precedenti la strage, erano presenti due membri della banda del terrorista rosso Carlos, impegnato a fianco dei palestinesi: Thomas Kram e Christa Frohlich. Il 1° agosto 1980, Thomas Kram, militante di spicco della Cellule rivoluzionarie e ai vertici del gruppo di Carlos prende alloggio poco dopo la mezzanotte all’albergo Centrale, per poi sparire dalla circolazione la mattina del 2, il giorno dell’attentato.

Raisi accenna anche a sconvolgenti depistaggi. La segnalazione della presenza di Kram a Bologna alla vigilia dell’attentato venne fatta dieci anni dopo, nel marzo 2001, dall’allora capo della polizia Gianni De Gennaro. La questura di Bologna indagò e riuscì a trovare anche il registro delle presenze dell’hotel Centrale con la registrazione del nome e dei dati anagrafici del terrorista tedesco. Ma l’autorità giudiziaria archiviò quella pista.

L’iniziativa del capo della polizia faceva seguito a una richiesta di collaborazione giudiziaria della magistratura tedesca che, nel dicembre 2000, aveva spiccato un mandato di cattura internazionale nei confronti di Thomas Kram, grande esperto di esplosivi. Secondo le autorità tedesche, il militante delle Cellule rivoluzionarie si nascondeva in Italia ed era in contatto con elementi di primo piano del terrorismo globale. Da informazioni della polizia tedesca, Kram era in stretto contatto soprattutto con Christa-Margot Fröhlich, l’altra esponente delle Cellule rivoluzionarie legata al gruppo Carlos.

Raisi aggiunge nel libro che un dipendente dell’Hotel Jolly di Bologna, anch’esso situato di fronte alla stazione, due anni dopo la strage riconobbe proprio la Fröhlich nelle fotografie della terrorista tedesca, arrestata il 18 giugno 1982 all’aeroporto di Fiumicino con una valigia carica di esplosivo, poi risultato compatibile con quello utilizzato per l’attentato alla stazione di Bologna. Il dipendente del Jolly testimoniò che la giovane donna nel pomeriggio del 1° agosto era all’Hotel Jolly e gli fece recapitare attraverso un fattorino una pesante valigia nera al deposito dei bagagli della stazione. Raisi ipotizza che ll’esplosivo non dovesse scoppiare a Bologna, ma a Roma. E che lo scoppio sia avvenuto per errore nella sala d’aspetto.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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