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(Osp. Niguarda)
Salute

La lotta contro il Covid a Niguarda diventa un libro

Medici ed infermieri dell'ospedale milanese raccontano il dramma della guerra contro la pandemia

Era il marzo del 2020. Sembra passato tanto tempo da quando la pandemia si affacciava in Italia. In prima linea medici e personale ospedaliero affrontava con impegno e coraggio un'ondata di sofferenza, dolore e resilienza. «Era come se cercassimo di organizzare il caos. Abbiamo ascoltato situazioni precipitare ma anche situazioni che sono riuscite a dar voce a risorse personali, immaginate silenti.» Questa è una voce dei tanti protagonisti di una battaglia non ancora finita, una delle tante voci che l'Ospedale Niguarda di Milano con il sostegno di Cancro Primo Aiuto ha appena dato alle stampe "Emergenza COVID-19: Niguarda Case-History".

Un libro di 500 pagine (edito da Erma di Brethsneider) con 28 contributi realizzati dalla dirigenza e dal personale sanitario con il coinvolgimento di tutti reparti, ma soprattutto un gesto di estrema trasparenza per raccontare con dati, tabelle, immagini e tanta emozione i primi mesi della pandemia. Mesi che hanno che hanno stravolto sistemi e convenzioni ma anche acceso una grande collaborazione.

Il Direttore del Pronto Soccorso e Medicina d'Urgenza, Andrea Bellone, racconta il lavoro dell'Unità di Crisi per fronteggiare l'emergenza che stava progredendo: «Ricordo il primo incontro. Non avevamo ancora iniziato a registrare casi a Milano. Per rendermi conto delle voci che arrivavano sono andato al Pronto Soccorso dell'Ospedale di Lodi, zona rossa della Lombardia. Al rientro a Niguarda, entrato nella sala riunioni dell'Unità di Crisi, è bastato uno sguardo. Senza parlare, tutti hanno letto sul mio volto la preoccupazione del pericolo imminente e abbiamo iniziato immediatamente a lavorare». Ciò che ne emerge, a medi di distanza, è un Ospedale che ha saputo misurarsi con qualcosa di nuovo e inaspettato, adattandosi ai continui scenari e alle sfide di una malattia imprevedibile.


niguarda


Nei primi 60 giorni i professionisti, sperimentando nuovi modi di lavorare, hanno ricoverato oltre 1.100 pazienti COVID-19 e accolto circa 10 mila persone in Pronto Soccorso. Sono stati più che triplicati i posti letto di terapia intensiva, è stato potenziato il laboratorio e acquisite nuove apparecchiature, sono continuate anche le cure, eseguite operazioni chirurgiche e trapianti. Il flusso dei pazienti è stato senza precedenti, così come senza precedenti sono state le forze messe in campo.

La Lombardia, prima dell'epidemia, contava 861 posti di terapia intensiva e, nel giorno in cui si è registrato il maggior numero di ricoveri in terapia intensiva, il 3 aprile, i pazienti erano 1.381, con un incremento del 60% rispetto alla disponibilità di partenza e un indice di mortalità intraospedaliera del 53,4%. L'Ospedale si è trovato, poi, a dover affrontare un male altrettanto silenzioso della depressione causato da molti fattori: la riduzione dei contatti interpersonali e la solitudine, il timore di un possibile contagio, la perdita del lavoro e le preoccupazioni economiche. Il lockdown ha causato una maggior incidenza nella popolazione generale di problematiche psichiatriche a carattere ansioso-depressivo, attacchi di panico, sintomi psicotici e incremento di suicidalità (ferite autoinflitte per tentativi di suicidio incrementato del 29,6% rispetto al 2019).

L'intero ospedale ha cambiato volto, tutto il personale sanitario è stato impegnato a contrastare un virus, ignoto, impalpabile ed invisibile senza il tempo per prepararsi ad affrontarlo, mentre il vissuto di impotenza del personale obbligava ad un confronto costante sul fine vita, con un impegno ed una frequenza mai vissuti prima. Imprevedibilità e fragilità hanno accomunato senza distinzione pazienti ed operatori, in ogni reparto.

"Non si tratta di una monografia autocelebrativa, - conclude Marco Bosio, Direttore Generale dell'Ospedale Niguarda - ma di un'esigenza di condividere quanto accaduto, perché sia uno stimolo per tutti per ripensare a ciò che è stato fatto, valutare le criticità e soprattutto capitalizzare le intuizioni, i progetti e le strategie che ci hanno permesso di reagire, mettere a sistema quanto appreso e crescere."

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Elena Fontanella