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ANSA/ ANGELO CARCONI - 10 maggio 2017
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Rifiuti, perché in Italia è sempre emergenza

Governo diviso sugli inceneritori e i rifiuti. Mentre all'estero il problema non sussiste; ecco perché

Riesplode ancora la “questione rifiuti”, che ciclicamente torna al centro del dibattito politico in Italia, già multata dall’Unione Europea con ben due sanzioni salatissime, per l’incapacità di adottare politiche di lungo respiro in materia. Ora il problema dello smaltimento (inceneritori sì, inceneritori no) finisce sul tavolo del Consiglio dei Ministri di lunedì a Napoli e Caserta, dopo che le parole di Matteo Salvini, in visita proprio nel capoluogo campano, hanno sollevato l’ennesimo polverone: il vicepremier e ministro dell’Interno parlando di “disastro ambientale”, ha auspicato la realizzazione di un incenerito per ogni provincia, aggiungendo: “Se trovano la localizzazione, bene. Altrimenti ci pensiamo noi”. Immediata la reazione del Movimento 5 Stelle, con il presidente della Camera, il pentastellato Fico, che ha chiarito: “In questa regione non si farà neanche un inceneritore in più, ma molti più impianti di compostaggio, raccolta differenziata e impianti di trattamento meccanico manuale”. Stessa linea per l’altro vicepremier, Di Maio, e per il ministro dell’Ambiente, Costa, secondo il quale non c’è alcuna emergenza.

Emergenza sì o no? Lo scontro politico

“Io non voglio inceneritori né termovalorizzatori perché al momento in cui abbiamo ottenuto un’economia circolare che non vede più il rifiuto da gettare ma da conferire, non abbiamo più bisogno di bruciare niente, non abbiamo necessità di queste cattedrali del fuoco” ha detto Sergio Costa, ministro dell’Ambiente, che ha respinto l’idea che sia in corso un’emergenza rifiuti in Campania. Stessa linea per la collega del Sud, Barbara Lezzi, che sbarra la strada a nuovi impianti: “#Inceneritori nella #terradeifuochi che ha il record di tumori e leucemie infantili? #NOGrazie!”.

Ma il responsabile del Viminale non ha dubbi: “Chi dice sempre e solo dei ‘No’ provoca roghi tossici e malattie”. Salvini ha ricordato come nel 2016 la Campania abbia esportato in Italia e in Europa 300mila tonnellate di rifiuti con una spesa di decine di milioni di euro.


Ma servono altri inceneritori? Quanti ce ne sono in Italia?

Inceneritori, quanti ce ne sono in Italia

Sono 41 gli impianti attivi lungo la Penisola, per lo più concentrati al nord (63%) e nella maggior parte dei casi in Lombardia, dove se ne trovano ben 13. E’ proprio questa la regione che smaltisce la maggior quantità di rifiuti nel Paese, provenienti anche da fuori regione e in particolare anche dalla Campania.

Secondo il Rapporto rifiuti urbani 2017 dell’Ispra, alle spalle della Lombardia si trova l’Emilia Romagna, con 8 impianti di incenerimento; le altre regioni in cui ci sono impianti sono il Veneto (2), seguito da Piemonte, Trentino Alto Adige e Fiuli Venezia Giulia, con uno per ciascuna regione. Altri 8 si trovano al centro (Toscana, Umbria, Marche e Lazio) mentre sono 7 al sud: solo in Sardegna sono due, mentre Sicilia e Abruzzo che ne sono completamente sprovviste.

Perché non si risolve il problema?

Le difficoltà sono di natura differente. La quantità di rifiuti prodotta ha visto una crescita costante, negli anni passati, per poi stabilizzarsi. Ma di fronte a questa tendenza non ci si è dotati di un adeguato numero di impianti di smaltimento. Questi sono costituiti per lo più da inceneritori o termovalorizzatori, e discariche. Sono invece inferiori le quote riciclate. Gli inceneritori, però, sono a loro volta troppo pochi e non in grado di smaltire i rifiuti prodotti, nonostante lo Sblocca Italia voluto dall'ex governo Renzi abbia innalzato il quantitativo consentito di rifiuti da bruciare per ogni struttura. Da qui la necessità di rivolgersi all’estero, in particolare all’est europeo e alla Cina.

Se la raccolta differenziata è mediamente aumentata, è anche vero che non tutto può essere riciclato e una quota di rifiuti (soprattutto di plastica) non può essere avviato a un percorso di seconda vita. Si tratta del cosiddetto plasmix, che fino a tempi recenti veniva per lo più esportato in Cina. Pechino, però, a luglio 2017 ha annunciato all’Organizzazione mondiale del commercio la decisione di chiudere le frontiere a oltre 20 tipi diversi di rifiuti: comunicazione che è diventata effettiva dal 1° gennaio 2018 e che si spiega con la necessità di dover fare i conti con una crescita esponenziale anche dei propri rifiuti.

Per questo i materiali in attesa di essere smaltiti vengono per lo più stoccati in capannoni, che però di recente sono stati oggetto di roghi, spesso dolosi. Secondo il report della Commissione bicamerale Ecomafie sugli incendi, tra il 2014 e il 2017 ci sono stati 261 roghi.

Come funziona all’estero

In Europa si producono in media 480 chili di rifiuti all’anno a testa. I’Italia è in linea con quasi mezza tonnellata (495 chili) per ciascun abitante. Il record negativo spetta, invece, alla Danimarca, con 770 chili pro capite, ma anche in Svizzera e Norvegia i quantitativi si aggirano intorno ai 700 chili, come indicato dal più recente rapporto Eurostat. Le cose cambiano, però, quando si analizza la quota riciclata: la Germania, ad esempio, produce in media 600 chili di rifiuti per abitante, ma ne ricicla due terzi. La quota rimanente va quasi interamente agli inceneritori, mentre in discarica finiscono appana 9 kg. E in Italia? La quantità di pattumiera che viene conferita in discarica è nettamente superiore e pari a 123 chili per abitante, in media.

Complessivamente in Europa si ricicla circa il 30% di carta, vetro e plastica, mentre il compostaggio della frazione umida è pari al 17%. Sono 125 milioni, però, le tonnellate che in Europa finiscono agli inceneritori e in discarica. Dal 1995 ad oggi i rifiuti finiti in discarica sono mediamente diminuiti, passando da 145 milioni di tonnellate a 59 milioni, pari a circa un quarto. Una quota di poco superiore è invece smaltita negli inceneritori, dove i quantitativi di rifiuti smaltiti sono raddoppiati negli ultimi 23 anni. Le differenze da Stato a Stato, però, riguardano proprio la strada presa dai rifiuti nei singoli paesi.

Quanti inceneritori in Europa

Nonostante il dibattito sui termovalorizzatori sia piuttosto acceso tra i sostenitori della necessità di impianti che smaltiscano i rifiuti (producendo energia, come avviene nelle strutture più moderne) e coloro che invece li ritengono fonte di inquinamento, la via dell’incenerimento rimane la più battuta in Europa.

Nel Vecchio Continente sono in funzione oltre 350 impianti di termovalorizzazione o incenerimento, che si trovano complessivamente in 18 Paesi. E’ sempre l’Ispra (dati 2015) a indicare come il 27,5% dei rifiuti europei sia smaltito tramite incenerimento, con quantitativi maggiori nel nord Europa: in Danimarca si “bruciano” 415 kg/abitante per anno. A seguire si trovano i Paesi Bassi (245 kg), la Finlandia (239 kg), la Svezia (229 kg), il Lussemburgo (213 kg), l’Austria (212 kg) e la Germania (196 kg).

L’Italia è fanalino di coda, con 99 chili pro capite all’anno, indietro rispetto a Paesi come l’Estonia (185 kg), il Belgio (181 kg), la Francia (174 kg) e il Regno Unito (152 kg).

L’Italia e i rifiuti “in viaggio” da sud a nord

Nel nostro Paese ogni anno si bruciano 5,4 milioni di tonnellate di rifiuti (dati 2016), dei quali quasi il 70% al Nord, il 12% al Centro e il 19% al Sud, con un conseguente traffico di rifiuti verso le regioni settentrionali e la Lombardia in particolare, dove si incenerisce il 34% dell’intero quantitativo nazionale e dove, secondo Ispra, giungono 190mila tonnellate di rifiuti da Lazio, Capagna, Puglia e Abruzzo. A seguire, per quantità incenerite, ci sono l’Emilia Romagna (18%), Campania (13%) e il Piemonte (85).

Con lo Sblocca Italia si prevedeva la costruzione di 8 nuovi inceneritori, ma la loro realizzazione attende il via libera della Corte di giustizia europea, dopo un pronunciamento negativo del Tar del Lazio, che ha congelato il piano. L’Italia, tra l’altro, paga già ben due sanzioni europee per inadempienze sul fronte rifiuti. A ciò si aggiungano le proteste delle popolazioni nei comuni nei quali è prevista la realizzazione di nuovi impianti: a Modugno, in provincia di Bari, lo scorso giugno c’è stata una mobilitazione organizzata dal “Comitato NO inceneritore”: si oppone al progetto che prevede la nascita del più grande inceneritore d’Europa, nonostante i parerei favorevoli della Regione Puglia e del Comune di Bari.

Sanzioni UE, quanto paga l’Italia

L’Italia paga già due “multe” decise da Bruxelles, relative entrambe alle discariche abusive e all’emergenza rifiuti in Campania, per un conto complessivo di 248 milioni di euro. Cifra che potrebbe lievitare ulteriormente: una quota della sanzione, infatti, è forfettaria, mentre un’altra prevede una cifra giornaliera che l’Italia continuerà a pagare fino a che non avrà attuato le procedure comunitarie, sanando la propria posizione e quindi chiudendo la procedura di infrazione in atto. L’Italia ha già pagato finora 162,4 milioni di euro per la sanzione sulle discariche abusive, ma la penale ammonta a 42 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nell’adeguamento alle norme europee.

Le due “contravvenzioni” si riferiscono all’esistenza, riscontrata nel 2014 dalla Corte di giustizia europea, di almeno 200 discariche in Italia che non rispettavano la normativa europea, delle quali 14 con rifiuti pericolosi. Ad oggi la metà di quei siti non è ancora a norma e la maggior parte di trova in Campania, Calabria, Abruzzo e Sicilia.

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Eleonora Lorusso