Di Battista Di Maio M5S
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
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Politica, non è l'ora dei dilettanti

La situazione volge al brutto e chi ci governa non è all'altezza. La soluzione? Drastica

Qualche giorno fa Corrado Formigli, il comandante di Piazzapulita, ottima trasmissione de La7 di Urbano Cairo, mi ha invitato a parlare di quanto accade in Italia, a cominciare dal governo gialloverde. Guardo la tivù di continuo poiché la considero una buona fonte di notizie e tutto sommato imparziale, ma evito di fare l’ospite dei talk show come succedeva un tempo. Per fortuna con mia moglie Adele Grisendi abitiamo in un paese lontano da Roma e se qualche canale continua a cercarmi rispondo sempre di no. Non mi va di diventare uno dei soliti personaggi che affollano i dibattiti televisivi. Quasi sempre sono colleghi giornalisti che non si rendono conto di essere diventati delle maschere destinate ad annoiare i telespettatori. Volete un nome per tutti: lo Scanzi del Fatto quotidiano, un noioso al cubo grazie alla simpatia che ha per lui una donna speciale: Lilli Gruber. Sento già Adele sgridarmi: «Lascia stare Lilli, una grande donna e una grande professionista. Altrimenti rischi che non parli più dei tuoi libri...».

Sono un signore di 83 anni e lavoro nei giornali dal 1960, quando il direttore della Stampa di allora, il tiranno Giulio De Benedetti, mi assunse perché voleva iniziare lo svecchiamento della redazione. Da quel momento ho cambiato molte testate, passando anche per due colossi come il Corriere della sera di Piero Ottone e la Repubblica di Eugenio Scalfari, il più grande dei direttori della nostra epoca che mi volle accanto a sé per la bellezza di quattordici anni. Con questo passato alle spalle, che cosa volete che mi importi se una tivù parla o no di un mio libro? I libri si vendono per altri motivi: la stima del pubblico nei confronti di un autore e il significato della sua fatica in un determinato contesto storico.

Comunque sia, quella sera Formigli mi mandò una squadra di ottimi tecnici de La7 e all’inizio della trasmissione mi chiese come la pensassi sul governo in carica. Me ne stavo tranquillo nel mio studio e tra i miei libri, sentendomi molto rilassato. E parlai fuori dai denti: «La mia opinione è che quello guidato da Conte e in mano a Di Maio dei Cinque stelle e a Salvini, il capitano della Lega, sia un governo di terroristi. Non è un banale esecutivo di centrodestra, nato dall’alternanza delle formule politiche e delle maggioranze. No, quello attuale vuole fare piazza pulita dell’Italia, della nostra democrazia, della nostra possibilità di avere un futuro normale. Guidato da una squadra di politicanti che non hanno rispetto per nessuno!».

Mi sono reso subito conto degli effetti di quanto avevo detto. Il giorno successivo cominciai a ricevere applausi e fischi a non finire. Gli applausi erano più numerosi di fischi, come sempre accade. Ma entrambi mi fecero riflettere su una parola che avevo trascurato di dire: mortifero. Sì, il governo giallo-verde cela un virus nascosto che, prima o poi, lo farà morire con lui tutti noi. L’ho compreso quando si è cominciato a parlare di una patrimoniale in arrivo e di un aumento feroce dell’Iva. Per farla corta, dentro e attorno a Palazzo Chigi c’è un sentore di cadavere che ci ammorba l’esistenza. E rende l’Italia la nazione più infelice in Europa.

Esiste una via d’uscita? Il Bestiario ne vede una sola: un governo di tecnici supportato e difeso dai militari. Di tecnici in grado di dar vita a un esecutivo di rinascita nazionale ne abbiamo tanti, a cominciare da Mario Draghi e non soltanto da lui. Quanto ai militari, di certo non sono tutti golpisti. Del resto l’emergenza che rischia di soffocarci sta diventando una malattia cronica che non si guarisce con un colpo di Stato.

Non vedo un’altra strada diversa da questa. Ce lo confermano anche le figure e i comportamenti dei signori che oggi ci comandano. I Cinque stelle di Di Maio sono dei dilettanti allo sbaraglio. Per di più il loro numero uno, un signorino super loquace che non ha mai svolto un lavoro in grado di fargli capire come gira il mondo, oggi si accompagna a un personaggio come Alessandro Di Battista, il grottesco Dibba, che passa da una gaffe all’altra. E a sentire Fabrizio Roncone del Corriere della sera sogna di diventare il ministro degli Esteri. E se a Dimartedì il pubblico non lo applaude, si incupisce e diventa nervoso.

Confesso che Dibba mi sta sul gozzo. Nel 2016 e 2017 la Rizzoli, il mio editore librario, pubblicò ben due volumi di questo signore: A testa in su. Investire in felicità per non essere sudditi e Meglio liberi. Lettera a mio figlio sul coraggio di cambiare. Il capo della saggistica rizzoliana di quel tempo aveva ben valutato l’inconsistenza del personaggio. Ma alle obiezioni mie e di altri replicava: «Però va forte sui social!». Quante copie abbiano venduto i due titoli nessuno l’ha mai saputo.

Per il momento, non risulta che abbia mai scritto un libro l’altro padrone del governo: Matteo Salvini, il capitano della Lega. Ma vedrete che, prima o poi, lo farà. Oggi ha troppi guai da affrontare. Vuole stravincere, sul fronte italiano, le elezioni europee. Vuole diventare il capo del primo partito in casa nostra, a spese dell’alleato grillino. Vuole risolvere senza danni il dilemma della Tav o non Tav. Vuole accrescere la collezione di divise che ama indossare, da travestito provinciale. Vuole comprendere se ha ancora un posto nel cuore della bella Elisa Isoardi, reginetta televisiva della Prova del cuoco.

Ecco un altro personaggetto mortifero che, prima o poi, sparirà dai nostri radar. Se andrà in questo modo, che cosa resterà nell’armadio del Bestiario? Un’idea ce l’ho: il lento suicidio della sinistra italica. © riproduzione riservata

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Giampaolo Pansa